Uccidi i tuoi amici
- Autore: John Niven
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Einaudi
- Anno di pubblicazione: 2019
Un noto critico musicale di cui preferisco non rivelare il nome (abbastanza conosciuto e apprezzato, senza dubbio competente nel suo ambito) sostiene che la musica possa essere suddivisa in due macro-gruppi: la musica, e la musica di merda. Per quanto la soggettività in tema di recensioni sia matrice dominante di qualsiasi discorso articolato, la medesima distinzione sarebbe applicabile anche nell’ambito della letteratura. In quale dei due gruppi si collocano i libri di John Niven? Letteratura con la “L” maiuscola, o letteratura di serie B?
In sintesi, Uccidi i tuoi amici (Einaudi, 2023, traduzione di Marco Rossari) narra l’ascesa di un giovane manager operante nella discografia musicale inglese nella seconda metà degli anni ’90, immergendo il lettore in un micro-universo popolato di personaggi cinici e arrivisti in varia misura, dove l’apice di tali spregevoli sentimenti è toccato dal protagonista, tale Steven Stelfox, il quale, raccontando la sua quotidianità, e soprattutto la sua vita notturna, in prima persona, non conosce limiti riguardo a quante droghe assumere, quali perversioni sessuali soddisfare, e nemmeno a quanta violenza (fisica e psicologica) infliggere a chiunque provi a intralciare il suo cammino.
Stilisticamente Uccidi i tuoi amici riesce a catturare l’attenzione del lettore, mantenendosi costantemente e coerentemente su un registro colloquiale, realistico, ammiccante, andando a stimolare la curiosità del lettore e permettendogli di spiare il “dietro le quinte” dell’industria discografica inglese al culmine della sua gloria e della sua influenza a livello internazionale. Scorrendo le pagine e aumentando la cattiveria, la ferocia e la brama di potere del protagonista, il lettore ha costantemente la sensazione di non poter mai sostenere e giustificare le sue scelte (Steven Stelfox si spinge fino all’omicidio per perseguire i propri scopi); eppure è innegabile che un certo grado di empatia si instauri tra il lettore e il narratore, forse proprio per il fatto che questi non nasconde le proprie debolezze, non cerca compromessi, non si vergogna di oltrepassare qualsiasi limite della decenza e del buon senso comuni.
Eludendo la drasticità della classificazione sopra proposta, Uccidi i tuoi amici di John Niven, edito nel 2008 e tradotto per la prima volta in Italia nel 2019 (posteriormente agli altri suoi romanzi) da Einaudi, ribadisce un concetto fondamentale della critica: il successo di un’opera d’arte (e qui si parla di un libro da cui è pure stato tratto un film) non indica necessariamente che l’opera d’arte abbia valore assoluto.
Pur avendo molti aspetti positivi, il romanzo Uccidi i tuoi amici appare più come un elogio o un’apologia del motto “mors tua vita mea” (citato, tra l’altro, nella quarta di copertina) che non una critica allo stile di vita, ai lussi, ai vizi, agli abusi delle classi dominanti - qui incarnate dai discografici - ovvero da quelli che decidono (per fortuna non completamente, e per fortuna trent’anni dopo le cose sono, almeno un po’, o almeno in apparenza, cambiate) quale musica dare in ascolto alle masse.
Uccidi i tuoi amici è intrattenimento al cento per cento, e nessuna quota è riservata a qualsivoglia impegno socio-politico-intellettuale, all’insegna di una leggerezza che sfocia, immancabilmente, nella frivolezza fine a se stessa.
Il romanzo di Niven può essere considerato come un’ulteriore conferma di come la letteratura, intesa anche come specchio della società, stia vivendo una fase involutiva e degradante mai subita prima d’ora.
Ma la più infelice delle considerazioni finali è: oggi la letteratura ha bisogno di libri come questo per riavvicinare le persone alla lettura.
Uccidi i tuoi amici
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