Ultima notte ad Alessandria
- Autore: André Aciman
- Genere: Storie vere
- Casa editrice: Guanda
- Anno di pubblicazione: 2009
Lessi qualche anno fa su un settimanale, del quale non ricordo il nome, dell’imminente uscita del capolavoro di André Aciman vale a dire Notti bianche.
La recensione paragonava il testo “per la potenza evocativa” e bla bla, alla scrittura di Dostoevskji, al quale sono eternamente grata per aver scritto, tra gli altri, L’Idiota. Incuriosita decisi di fare la conoscenza di questo scrittore e acquistai Ultima notte ad Alessandria, edito da Guanda nel 2009 con la traduzione di Valeria Bastia.
A me pare che questa moda di costruire un’opinione a priori sia un lieve ma persistente insulto a noi lettori accomunati dal piacere della lettura, da parte di coloro che professionalmente leggono per le case editrici.
Il senso di non appartenenza a nessun luogo se non a quello che si è stati costretti a lasciare e in cui non vi si può tornare, la struggente nostalgia di un tempo passato innanzi tutto, sono i sentimenti che connotano “L’ultimo Seder” capitolo finale del secondo romanzo di André Aciman, un memoir che narra delle vicissitudini della famiglia di origine espulsa da Alessandria nel 1965 dal presidente Nasser.
Qui il tema della fuga dall’Egitto degli Ebrei ritorna in chiave familiare ma non per questo meno triste e dolorosa della nota fuga biblica, ed è questo l’unico capitolo, dei sei in cui è suddiviso il libro, che sono riuscita a leggere senza interruzioni e con un certo interesse.
Tutta la narrazione che conduce al finale è secondo me un affastellamento di ricordi e volti piuttosto confuso, alla fine invece e per fortuna lo sguardo di un giovane Aciman commosso ricorda la sua ultima notte in quella che rimarrà per sempre la sua città.
Il luogo da cui ha ricevuto l’imprinting. La città di Alessandria colta cosmopolita piena di sole densa di profumi. Qui l’autore dischiude al lettore quella piccola stanza dell’anima in cui custodisce il ricordo della sua città, dove risiede la sua anima più profonda, che solo nel finale si lascia andare alla narrazione con semplicità. Bello.
Il limite della scrittura di Aciman è la cerebralità, l’incapacità di trovare nella parola la suggestione, freddezza narrativa in commistione a un arido snobismo; per dirla con le sue stesse parole:
“dipendeva semplicemente dalla convinzione di essere nato migliore. Aveva il tipico fare maestoso dei ricchi…” pag.12.
Un formidabile scrittore che produce millemila pagine, attraverso un uso tecnicistico della scrittura capace principalmente di sedare ogni desiderio di leggere.
Per questo le tante figure che affollano la storia non diventano personaggi ma rimangono ritratti perfettamente deteriorati da uno stile stantio; nella galleria il primo che si ammira è il profilo di Vili, prozio dell’autore che con lui decide di dare l’incipit alla narrazione, la quale non si dispiega mai chiaramente.
Lo slogan secondo cui se impari le regole puoi diventare uno scrittore di successo in questo libro si concretizza pesantemente.
Ultima notte ad Alessandria
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