L’ultimo boia. Storia di un Pubblico Giustiziere pentito
- Autore: Cinzia Tani
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2021
Di recente i giornali hanno rilanciato la notizia che in Oklahoma è scampato in extremis alla pena di morte, cosa rara che accada nel Sud degli Stati Uniti, un ragazzo afroamericano, Julius Jones. C’erano molti dubbi sulla sua colpevolezza e per cui si erano mobilitati in tanti, sia esponenti della politica, anche repubblicani, sia della società civile e dello spettacolo.
Quello della pena capitale è un argomento di cui si parla ormai solo in queste occasioni, ma è in uso in molte parti del mondo, anche se qualcosa si sta scardinando visto quanto accaduto in quello Stato degli Usa dove invece le frange favorevoli a tale strumento sono ancora attive.
Cinzia Tani, popolare volto della Tv italiana e giornalista, ha scritto un romanzo, uscito da poco nelle librerie, dove mette al centro un personaggio realmente esistito e il suo lavoro del tutto particolare. L’ultimo boia. Storia di un Pubblico Giustiziere pentito, edito da Vallecchi-Firenze (2021). Dal titolo si intuisce il tema. Dove l’aggettivo “pentito” è fondamentale e funge da filo rosso della narrazione.
Per quanto riguarda invece il chi, si tratta di Albert Pierrepoint, morto nel 1992, di professione boia, in Gran Bretagna e non solo, nei primi anni Cinquanta del Novecento.
“In ventitré anni ho impiccato circa cinquecento persone seguendo una tradizione di famiglia. Di questi condannati diciassette erano donne, sei erano soldati americani e duecento criminali nazisti. Ho cercato di alleviare al massimo le loro ultime sofferenze: dal momento in cui il prigioniero lasciava la sua cella a quando moriva passavano sette secondi e mezzo”.
L’autrice racconta in forma di romanzo una vicenda accaduta nella realtà, dando voce allo stesso protagonista che parla in prima persona, voce narrante, svelandosi a poco a poco.
Il percorso narrativo si snoda su percorso netto e preciso. Albert Pierrepoint parla e racconta la propria vita, come in un’autobiografia, ma si inseriscono le vite di tutti quelli che incontra, in maniera diretta e indiretta, per lavoro.
Egli infatti è “figlio e nipote d’arte”. Soltanto che questo lo avrebbe scoperto più tardi. Il vero mestiere del padre e di uno zio gli era stato infatti tenuto segreto. Si sente un predestinato, pur avendolo saputo dopo. Del padre inoltre godeva un’ammirazione sconfinata e un assoluto rispetto.
Sarà ascoltando le conversazioni in famiglia, soprattutto i discorsi fra i suoi capostipiti, che scopre la loro vera attività, ma conosce anche altri aspetti non meno rilevanti, come ad esempio che non rimanevano delusi quando veniva concessa la grazia ai condannati e quindi non dovevano accompagnarli al patibolo, oppure che il padre soffriva quando doveva giustiziare delle donne. Da quel momento in poi, e aveva solo undici anni, capisce quale sarebbe stato il suo futuro. Così il piccolo Albert inizia ad ascoltare con interesse i racconti in famiglia. Racconti che mettono in evidenza il fascino tragico di quegli spettacoli. Perché lo erano davvero. Macabri ma pur sempre spettacoli. Una fascinazione che veniva esaltata quotidianamente dalla stampa. Di cui parlò, al contrario con parole non lusinghiere, anche Charles Dickens all’epoca cronista giudiziario.
Così Albert Pierrepoint presenta domanda per diventare pubblico giustiziere pure lui, divenendo ben presto famoso per la sua “tecnica”. Veniva chiamato anche all’estero, come in Germania dove giustiziò alcuni aguzzini dei campi di concentramento nazisti. Il momento esatto in cui si rompe qualcosa dentro di sé avviene nel 1955, quando deve giustiziare Ruth Ellis (l’ultima donna condannata alla pena di morte in Inghilterra), accusata di aver ucciso l’amante David Blakely, con cui aveva da tempo una relazione burrascosa. Da questa storia è stato tratto anche un film: Ballando con uno sconosciuto con Rupert Everett e Miranda Jane Richardson. Ruth venne a priori condannata dai giornali, che ne esaltavano le prorompenti caratteristiche fisiche. Il processo si concluse con un verdetto formato in soli quattordici minuti di camera di consiglio.
Ed è con questa vicenda che si inserisce l’aggettivo “pentito” di cui si diceva all’inizio. Pierrepoint infatti inizia a riflettere, cambia idea, non crede più in quello che fa e si pente abbandonando per sempre il suo lavoro. All’età di cinquantuno anni.
“Ho avuto un’ambizione e l’ho perseguita, una forza mi ha convinto di essere stato mandato sulla terra per svolgere questo lavoro come una missione e la stessa forza mi ha indicato quando dovevo smettere. Avevo un’ambizione, non l’ho più. Il desiderio è volato via. Io credo che nessuna delle centinaia di esecuzioni da me effettuate abbia mai agito da deterrente per un crimine. La pena capitale, a mio parere, non risolve nulla, soddisfa soltanto un desiderio primitivo di vendetta”.
Cinzia Tani con L’ultimo boia. Storia di un Pubblico Giustiziere pentito trova il modo, con un ampio escamotage che attraversa un intero secolo con le contraddizioni umane che esso si è portato dietro, di riportare al centro del discorso la crudeltà e l’inutilità della pena capitale mettendo in scena ella stessa un spettacolo “tragico” dove si muovono una nutrita serie di personaggi. Una lettura che incide per il linguaggio forte e appassionato che grida non vendetta ma vera giustizia.
L'ultimo boia. Storia di un pubblico giustiziere pentito
Amazon.it: 15,19 €
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: L’ultimo boia. Storia di un Pubblico Giustiziere pentito
Lascia il tuo commento