Un giorno uno di noi
- Autore: Giancarlo Pastore
- Genere: Letteratura di viaggio
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Marsilio
- Anno di pubblicazione: 2020
Il viaggio, il fascino dell’avventura e della scoperta, dell’ignoto e degli spazi sconfinati rappresenta senza dubbio uno degli elementi peculiari di una trama avvincente. E quando il viaggio in questione avviene in auto negli Stati Uniti, spesso si tratta del noto “coast-to-coast”, che molti sognano e pochi realizzano e che la letteratura “on the road” – dai grandi classici di Kerouac o Steinbeck a saggi e reportage meno conosciuti – ha contribuito a rendere famoso.
L’attraversamento degli USA da una costa all’altra costituisce anche l’impianto narrativo su cui si innesta la vicenda umana dei due protagonisti del nuovo romanzo dello scrittore torinese Giancarlo Pastore, Un giorno uno di noi (Marsilio, 2020).
Graziano è cresciuto in un paese che dista poco più di una trentina di chilometri da Torino – case isolate, ville disegnate da pessimi geometri, vecchie cascine, orti, campi e qualche nuovo complesso residenziale buttato lì a caso –, e che ha il triste primato della più alta concentrazione di suicidi tra persone anziane. Appena ha potuto, ha lasciato la famiglia disfunzionale nella quale ha vissuto, riducendo i rapporti allo stretto necessario.
Ha studiato lingue e letterature straniere a Torino: ha finito la triennale e non sa ancora se continuare gli studi. L’appartamento dove vive con Alex, amico e compagno di università, puzza di muffa, di cibi speziati e aria stantia sui pianerottoli, mucchi di polvere e sporcizia in un angolo. Il suo cane Lucky, l’unico essere che abbia mai amato – ricambiato –, è appena morto, ma tornerà spesso ad agitare il suo sonno.
Durante la stagione estiva lavora come cameriere e Edoardo, un uomo distinto e gentile che frequenta spesso il locale, in modo del tutto inaspettato, gli fa una proposta difficile da rifiutare. Gli chiede se è disposto ad accompagnarlo negli Stati Uniti:
“È un viaggio piuttosto lungo, sono circa diecimila chilometri, dipende dal percorso che si sceglie. Troppi per andarci da solo. Ho bisogno di qualcuno che si alterni con me alla guida. Anzi, a dire la verità, che guidi la maggior parte del tempo, che mi aiuti a non perdermi, qualcuno che parli bene inglese. […] Avrai uno stipendio da assistente, ti posso dare più o meno il doppio di quanto prenderesti qui. E non dovresti preoccuparti di vitto e alloggio, e nemmeno delle spese di viaggio”.
Edo – così lo chiamano tutti – è una persona precisa e previdente; convinto di essere nato dalla parte sbagliata dell’oceano e che l’America sia la sua vera casa, l’unico posto al mondo in cui poter essere felice, sogna ù di fare questa esperienza da quando è ragazzino, ma...
“Sarà un viaggio tranquillo, non sono il tipo che rincorre l’avventura. Non cerco posti originali o angoli di mondo in cui nessuno è mai stato prima: seguiremo le guide come turisti qualsiasi, cercando di non metterci nei guai. Non ho nessun problema a essere banale, a fare le cose più ovvie”.
Graziano, invece, a differenza di Edoardo, non è mai andato al mare con i suoi, tanto meno con i nonni. Non è mai stato da nessuna parte, figuriamoci in un altro continente. Non sa che cosa aspettarsi da questa situazione, ma quando atterrano a Boston, si rende conto che:
“Stava vivendo il giorno più lungo della sua vita, il viaggio in aereo era stato una parentesi trascorsa in una bolla vuota nella quale si era liberato del tempo. Provò a riformulare il proposito di fermarsi in America, di non tornare mai più; voleva provarci lì, con i piedi posati a terra: era perfetto nella sua semplicità, al punto che si spaventò, come avesse sentito uno sparo”.
Senza anticipare se questo proposito si concretizzerà o meno, rappresentando l’opportunità di un nuovo inizio, anche questo, come in fondo tutti i viaggi, produrrà cambiamenti interiori importanti.
Che poi rappresentano il vero oggetto del narrare: non solo gli spostamenti fisici veri e propri, incontri casuali e stati d’animo, ma soprattutto la possibilità di conoscere se stessi e l’altro, il cammino verso una presa di coscienza dei sentimenti più profondi e il raggiungimento di una nuova consapevolezza. Come lo stesso Graziano – una sorta di antieroe smarrito, confuso, insicuro e introverso, più incline alla riflessione che all’azione – spiega a Edoardo con una metafora molto efficace:
“Quando ho iniziato questo viaggio pensavo che sarebbe stato un viaggio orizzontale, non so come altro spiegarlo: su un percorso di terra, da un oceano all’altro in linea retta. Invece, a partire dal volo aereo, è stato un susseguirsi di altezze, precipizi, burroni, cascate, vette, grattacieli, terrazze, canyon senza fine per arrivare qui”.
Mentre una parte del romanzo – la descrizione delle tappe da Boston a Los Angeles, con i luoghi da visitare, dove fermarsi a mangiare e camere d’hotel, a volte separate, a volte condivise – segue lo schema tradizionale dell’ordine cronologico, la rievocazione del passato di Graziano, entrando sempre più in profondità nel contesto familiare, subisce dei salti temporali in funzione del ritmo delle emozioni del protagonista e della sua memoria. Alternandosi a sogni e incubi ricorrenti, fornisce una chiave di lettura del subconscio del ragazzo e del suo bisogno di libertà.
Ma Graziano – che tiene con sé un quaderno in cui copia versi di poesie che ogni tanto, quasi per gioco, riapre a caso convinto che la prima parola su cui posa gli occhi abbia a che fare con lui – propone anche un percorso letterario, fatto di rimandi, a volte appena accennati, che il lettore potrà approfondire: Walt Whitman, Emily Dickinson, Edgar Allan Poe, Ernest Hemingway, Henry David Thoreau...
“Thoreau diceva che si va verso ovest come verso il futuro. Quando camminava per i suoi boschi raccontava di avere una specie di bussola interna che, appena assestata, gli consentiva di dirigersi sempre in quella direzione, dove la terra era più ricca, dove poteva trovare ancora il sole al tramonto alla fine delle foreste. Diceva che l’Atlantico era il fiume Lete, e che attraversarlo significava dimenticare il vecchio mondo e le rovine del passato. Si va leggeri verso il Pacifico, come incontro a una promessa, perché a ovest c’è la libertà. Stavo pensando che noi tra poco faremo il tragitto contrario, e che tutte le miglia percorse verso il nostro ovest saranno azzerate in poche ore una volta saliti sull’aereo”.
Se è vero che il viaggio ha una valenza simbolica, perché rappresenta, nelle sue fasi, la ciclicità della vita, il ritorno a casa, per Edoardo e Graziano non è solo – come prospettato da quest’ultimo – una ricongiunzione circolare al punto di partenza, al vecchio mondo, in cui l’esperienza vissuta si annulla. Piuttosto, proprio come gli iniziati che, secondo la mitologia antica, erano giunti nell’aldilà e si apprestavano a entrare in una nuova vita, i due hanno davanti a sé la prospettiva di una vera e propria rinascita.
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