Un luogo a cui tornare
- Autore: Fioly Bocca
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Giunti
- Anno di pubblicazione: 2017
Com’è che si torna in un luogo quando dentro ci si sente spezzati? Come si affollano le stelle in un perimetro difficile da raggiungere tra lembi sfilacciati di nuvole? E se si chiudono gli occhi sulla nave della vita, dove si giunge?
Questa e altre domande investono, sin dalle prime pagine, chi si accinge alla lettura dell’ultimo romanzo che Fioly Bocca, laureata in lettere e specializzata in redazione editorale, ha pubblicato con Giunti, “Un luogo a cui tornare”.
Argea, la protagonista, investe accidentalmente un rifugiato bosniaco, Zeligo e da quel momento la sua vita viene stravolta perché quando il cuore si mette in ascolto percepisce bisogni che bucano il cielo scuro sfumandolo.
Gualtiero, l’uomo di cui era follemente innamorata, comincia a stare in penombra mentre il profilo delle colline torinesi cede a spazi sempre più grandi, facendo rimbalzare i vuoti, la tenerezza, l’ansia, la necessità di smorzare lo sguardo accigliato per indossarne uno più lieve.
Scrivere la propria storia è come strizzarsi lo stomaco per cavarne parole bianche, luminose, disposte a calciare i sassi e a sfoderare coraggio. Argea si guarda dentro a bruciapelo e si accorge che si resta impigliati nell’attimo della paura a lungo se non si è disposti a voltarsi dalla parte opposta e a ricominciare.
Il neon al centro della stanza appiattisce le cose, riduce le dimensioni, effonde brandelli di luce residua nel forte rincalzo dei dubbi.
Cosa è peggio della paura di aver fatto male? Cosa si rischia quando anche il silenzio si guasta?
L’intima scrittura di Fioly Bocca induce il lettore a misurarsi con se stesso: le parole non sfuggono ma scivolano con un alto impatto emotivo, come un monito prezioso a vivere lasciandosi consumare dall’amore.
Quando pare di essere su un precipizio, Fioly Bocca con la sua poesia addolcisce la curva del sorriso e fa volare ad occhi sgranati nella storia che si dipana: niente è ispido, neppure la sferza struggente della consapevolezza che zittirsi è divenire fiume di dolore e salvezza.
Zeligo lentamente si rivela un interlocutore acuto, dolce, con un carico di indicibili sofferenze ma il suo motto è che non ci si accartoccia neppure quando ci si stropiccia: dopo il capogiro dell’amore sopraggiunge quello dell’attesa e anche dell’assenza.
L’orizzonte irriconoscibile dopo la tempesta dura un battito di ciglia. È la complicità di fotografare nuvole che impasta, poi, la felicità scegliendo di riprovare.
Ogni occasione trova la strada, a suo modo, per tornare mentre il tempo scrolla via la patina brulla e cinerina.
Ad Argea basta un libro di fiabe per ripensare a quel cuoricino che non batteva nel suo ventre, per Zeligo ogni fiocco di nuvola ha il sorriso della donna tanto amata, Wanda, e sente che c’è una notte limpida che può congiungerlo a Gioele, il loro bambino.
Fioly Bocca lo ricorda spesso in “Un luogo a cui tornare”. Sono importanti i sogni con gli occhi chiusi e con gli occhi aperti e, forse, è proprio sulla strada che si impara ad aggrapparsi e resistere, anche se quella stessa strada, e le prove che impone, a volte strappano via l’anima senza paracadute.
La tentazione di cadere in pezzi è notevole ma il cuore non si risparmia e all’isteria di un freddo pungente preferisce tornare, superare lo strappo delle nuvole.
Tutto finisce e ricomincia e concentrarsi sull’equilibrio è mettersi addosso un’armonia che è un sussurro.
Onda e riposo e Wanda torna.
Onda e riposo e accade di essere stretti al nocciolo delle cose, passeggiando abbracciati nella poesia dell’incontro.
Ciò che ognuno fa di sé è un luogo accogliente che si chiama casa: l’importante è restarci e potersi riconoscere!
Un luogo a cui tornare
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