Un maestro particolare (Io e il signor Oz #2) di Stefano Orlando Puracchio

Una lettura fresca, disimpegnata, capace di destreggiarsi oltre gli stereotipi dei generi narrativi: Un maestro particolare (Demian Edizioni, 2020) di Stefano Orlando Puracchio offre un intrattenimento vivace e ha la capacità, sempre più rara in questi tempi, di procedere con leggerezza fino all’ultima pagina.

Un terzetto di personaggi disegnati a tinte forti (lo sceriffo Joe Brown, sua moglie Jana e il latifondista Baxter Seymour) si muove da una pagina all’altra rincorrendo avventure piacevoli come ricordi estivi, lontane da ogni intento epico che potrebbe renderle meno avvincenti.
Nel primo libro delle loro avventure (Io e il signor Oz, Demian Edizioni) i medesimi personaggi avevano avuto modo di ritrovarsi nel mondo della Città di Smeraldo, sugli echi narrativi di Frank Baum, e di far conoscenza con lo stesso mago ciarlatano che era stato motore e direttore occulto della vicenda di Dorothy Gale: in questo seguito è il tocco surreale del mondo incantato a seguirli invece nella loro quotidianità, fondendosi nella vita di una sonnolenta cittadina del vecchio West.

La frontiera raccontata da Puracchio è un luogo di rara spensieratezza, dove i dissapori si risolvono più spesso con una battuta brillante che ricorrendo al piombo, amministrato da sindaci e proprietari terrieri più goffi che autoritari e dove il male, proprio come il bene, sono evidenti e separati quanto l’olio che galleggia sull’acqua.
A far da bussola alla vicenda c’è il singolare Szennyes Koszos, enigmatico catalizzatore di energie occulte, imperscrutabile maestro di vita e innesco di una serie di episodi e cruciali mutamenti nelle vite di tutti gli uomini e le donne che lo incontreranno.
Nelle centosessanta pagine del romanzo c’è spazio per sorridere sull’eco di citazioni da vecchi film, audaci sfondamenti della quarta parete e continui sguardi a un orizzonte chiaro e sereno, come la linea irraggiungibile della Frontiera sognata da un ragazzo.