In appendice alla raccolta di Pier Paolo Pasolini La religione del mio tempo, la lirica Una luce, datata 1959, rappresenta una lode alla madre fanciulla, espressa con intenso pathos.
Questa affettuosa testimonianza lirica è rivolta a Susanna Colussi ed è formata da ventinove terzine di endecasillabi irregolari a rima incatenata, nonché da un conclusivo verso isolato.
Si tratta della prima, ma non dell’unica poesia di Pasolini dedicata alla madre, sarebbe stata seguita nel 1962 dalla nota Supplica a mia madre.
Scopriamone testo, analisi e commento.
“Una luce” di Pier Paolo Pasolini: testo e analisi della poesia
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Siamo nel cuore di uno dei temi portanti della poetica di Pasolini: le sue esperienze autobiografiche che, intrise di nostalgia e malinconico lirismo misurati, manifestano l’amore filiale.
Di questa sua luminosa passione il poeta è consapevole fin dai primi versi della poesia Una luce:
Pur sopravvivendo, in una lunga appendice
di inesausta, inesauribile passione
— che quasi in un altro tempo ha la radice —
so che una luce, nel caos, di religione,
una luce di bene, mi redime
il troppo amore nella disperazione…
La spia linguistica, unitamente al fascino della natura nella rinascita primaverile, per eccellenza è la luce dell’imperitura bellezza interiore, ed essa va accolta perché avvenga la redenzione dall’eccessivo affetto, vissuto in modo angosciante.
Vi si potrebbe ritrovare una sorta di visionarietà che pone il lettore dinanzi a un immaginario il più possibile vicino al sogno per raggiungere aspetti e rapporti di realtà.
L’uso del tempo presente dà incisività all’intento che muove da una vivacità di immagini, mentre la descrizione nettamente evidenzia, fra il preciso e il suggestivo, l’archetipo femminile, connotato da una appartenenza contadina tenace e umile, da raffinata riservatezza, da totale, faticosa e disinteressata dedizione.
Il filo della scrittura ha una forma leggera e pura, ed è la bellezza della parola a rendere volatili i versi tra l’illuminazione della visione e la presenza mitica della figura femminile:
È una povera donna, mite, fine,
che non ha quasi coraggio di essere,
e se ne sta nell’ombra, come una bambina,
coi suoi radi capelli, le sue vesti dimesse,
ormai, e quasi povere, su quei sopravvissuti
segreti che sanno, ancora, di violette;
con la sua forza, adoperata nei muti
affanni di chi teme di non essere pari
al dovere, e non si lamenta dei mai avuti
compensi: una povera donna che sa amare
soltanto, eroicamente, ed essere madre
è stato per lei tutto ciò che si può dare.
C’è come una pena profonda per la solitudine della donna senza più il sostegno del marito che le è morto. Il poeta infatti sa bene che all’interno del microcosmo familiare è lei ormai a sostenere il peso delle fatiche, il carico di sofferenze e di comunione: situazione grave che lo preoccupa al punto di voler rinunziare alla vita.
La ricchezza spirituale e la profondità del sentire si consegnano al tormento della poeticità:
La casa è piena delle sue magre
membra di bambina, della sua fatica:
anche a notte, nel sonno, asciutte lacrime
coprono ogni cosa: e una pietà così antica,
così tremenda mi stringe il cuore,
rincasando, che urlerei, mi toglierei la vita.
La memoria domestico-familiare, che è personalissima cifra intimistica, si fa evocativa del rapporto col fratello Guido.
Il luogo dell’anima, ricerca inesausta delle proprie radici, è ora la sua tomba, dove sofferta è la presenza della madre:
vi arriva, ogni pomeriggio, depone
i suoi fiori, in ordine, mentre tutto tace
intorno, e si sente solo il suo affanno,
pulisce la pietra, dove, ansioso, lui giace,
poi si allontana, e nel silenzio che hanno
subito ritrovato intorno muri e solchi,
si sentono i tonfi della pompa che tremando
lei spinge con le sue poche forze,
volenterosa, decisa a fare ciò che è bene;
e torna, attraversando le aiuole folte
di nuova erbetta, con quei suoi vasi pieni
d’acqua per quei fiori..
L’elogio alla madre di Pasolini
La memoria, facendo riaffiorare volti e paesaggi, restituisce così l’esperienza del ritorno che è il senso stesso della parola poetica: è colloquio con sé e perciò si rivolge alle reliquie di cose e di persone.
Nel rimembrare, l’errante ritorno evoca spazi, gesti, parole. E in tale ritorno consiste la pietosa ricerca della comunità familiare in cui spicca l’elogio per la madre:
Se qualcosa di puro, e sempre giovane,
vi resterà, sarà il tuo mondo mite,
la tua fiducia, il tuo eroismo:
nella dolcezza del gelso e della vite
o del sambuco, in ogni alto o misero
segno di vita, in ogni primavera, sarai
tu; in ogni luogo dove un giorno risero,
e di nuovo ridono, impuri, i vivi, tu darai
la purezza, l’unico giudizio che ci avanza,
ed è tremendo, e dolce: che non c’è mai.
disperazione senza un po’ di speranza.
Quale chiusa più degna per un così alto poema d’amore?
Sono versi sinceri e veri con vari innesti emozionali, i più umani nell’opacità e fugacità della vita in cui è racchiuso il mistero della morte e della rinascita.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Una luce”: la poesia di Pasolini dedicata alla madre Susanna
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Ringrazio l’autore Guastalla per la qualità e profondità delle sue riflessioni ed elaborazioni delle "parole" di Pier Paolo Pasolini, una grande mancanza per tutti noi.