Una perfetta felicità di James Salter

“Solchiamo il fiume nero, la superficie levigata come pietra. Non una nave, né una barca a remi, non una lacrima di bianco. L’acqua si increspa spazzata dal vento. Questo grande estuario è ampio, sconfinato”.

Nell’autunno del 1958, in una grande dimora vittoriana sulle rive del fiume Hudson “i mattoni intonacati di bianco, gli alberi che la sovrastano”, la ventottenne Nedra “alta e dalla bocca grande e dai lunghi capelli” si trovava nella sua cucina a preparare la cena per gli ospiti attesi in serata. La luminosa dimora bella e accogliente sulla Hudson River Valley, nelle stanze “in cui si raccoglieva la vita” i pavimenti erano ricoperti da tappeti orientali, molti libri, cuscini dai colori di Matisse, era abitata dal marito architetto di Nedra Viri “dai tratti intelligenti e dai capelli crespi e basso di statura”, dalle loro vivaci figlie, Franca di nove anni e Diane di sette. Inoltre da poco si era aggiunto un affettuoso cucciolo fulvo e bianco sul petto di nome Hadji. La vita di Viri e Nedra Berland era principalmente fatta di cene con amici interessanti e originali e di giorni quasi perfetti trascorsi a pattinare sul fiume ghiacciato in inverno.

“Il ghiaccio era spesso per più di mezzo miglio”.

Durante il periodo estivo i Berland andavano ad Amagansett a trascorrere giornate a prendere il sole sulla spiaggia. Nedra stravagante e sicura di sé, amava andare in città e spendere impulsivamente. Al ritorno dal lavoro Viri leggeva libri alle sue bambine, l’uomo con la sua voce pacata raccontava “dei miti dell’Europa e della Russia”.

Questa esistenza rassicurante che appariva costruita nei minimi particolari “vista da lontano sembra unitaria ma da vicino si frantuma in luci e ombre” era una vita felice soltanto in apparenza. Infatti, come rivelava Viri “l’esistenza che la gente crede che tu stia vivendo, e c’è l’altra”. L’altra vita era fatta di desideri inconfessabili che conducevano a relazioni extraconiugali. Aneliti che nascevano spesso dal timore del tempo che passava e dall’età che inesorabilmente avanzava. Sia Viri sia Nedra avevano scoperto che erano meno speciali di come avevano immaginato, disilludendo in questo modo le speranze giovanili e la decadenza fatiscente della loro dimora si rifletteva nel loro rapporto.

James Salter, scrittore americano nato a New York nel 1925, con una prosa essenziale e raffinata, senza giudicare tratteggia la storia affettiva ventennale di una coppia imperfetta attraverso contentezza, disillusione, insoddisfazione e lutti. Nonostante ciò, come recita il titolo originale del volume Light Years (pubblicato in USA nel 1975), sono stati quelli anni luminosi, da ricordare perché per Salter nella vita i ricordi sono molto importanti forse più dei desideri.

Protagonista del romanzo è il tempo, il suo passaggio e le tracce che lascia. L’autore, ex pilota dell’Air Force, dove ha prestato servizio per dodici anni, si racconta in una recente intervista dalla sua casa di Bridgehampton, villaggio di Long Island a nord di New York:

“In questo libro c’è la mia vita, tutta. Ma non è la storia del mio matrimonio. I personaggi del mio libro son completamente indipendenti”.

L’affascinante autore dagli straordinari occhi blu ama scrivere rigorosamente “a penna, su carta” nel suo piccolo ma arioso studio seduto a una scrivania in legno di pino. Lo scrittore meticolosamente controlla e ricontrolla ogni parola e frase fino a quando la prosa luccica e brilla come lui desidera. Questo continua ricerca della parola adatta Salter la definisce “un processo mimetico in cui vado alla ricerca di me stesso”. John Irving ha detto di Salter che “ogni sua frase è intima e discreta: l’effetto finale è di esattezza elegante”.
“La scrittura serve a mettere in salvo la vita dal tempo” ha scritto Salter in Burning the days, suo libro di memorie edito negli Stati Uniti nel 1997.