Una specie di solitudine
- Autore: John Cheever
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Feltrinelli
- Anno di pubblicazione: 2012
Una specie di solitudine è il diario di John Cheever, scritto dalla fine degli anni Quaranta ai primi anni Ottanta, fino alla morte nel 1982.
Cheever si racconta per quasi quaranta anni con estrema sincerità, senza nascondere niente di sé, neanche gli aspetti più personali e meno edificanti.
Racconta senza pudori la sua paura della solitudine, la depressione, la sua omosessualità, l’alcolismo e la frequentazione degli Alcolisti Anonimi, i tradimenti con donne e uomini.
Ne esce il quadro di una persona estremamente sensibile, bisognosa d’amore e di costanti conferme anche attraverso il sesso, l’incarnazione di quella dualità della natura umana che troviamo nei suoi romanzi, la differenza tra aspetto esteriore e degrado interiore.
Cheever riflette molto su se stesso, su come è e perchè, parla della paura della solitudine e del senso di disperazione che a volte lo pervade, dei libri che scrive e della sua ansia di non riuscire ad avere successo. Scopriamo anche le sue conoscenze di scrittori famosi, da Hemingway a Saul Bellow fino a Philip Roth e John Updike, il suo amore per i figli e il rapporto con la moglie.
Si coglie anche una certa pacata soddisfazione di se stesso come quando scrive “non sono migliore di nessuno ma sono migliore di quello che ero”.
Una continua alternanza tra amore per la moglie e tradimenti, tentativi di liberarsi dalla dipendenza dall’alcool e continue ricadute, tutto descritto con una scrittura elegante, in certi momenti molto esplicita, senza nascondere verità scomode.
Fino alla malinconica parte finale dove parla della vecchiaia e dei problemi che comporta, la perdita della memoria, la malattia e la consapevolezza di non avere più molto da vivere, fino alle ultime commoventi pagine dove descrive la sua estrema stanchezza e l’incapacità di scrivere.
Cheever racconta tutto se stesso non solo per se stesso, lo fa sapendo, o forse sperando, che i suoi scritti vengano letti e magari pubblicati dopo la sua morte, quasi a voler far capire chi egli era veramente.
Dopo aver letto quaranta anni di vita quotidiana di una persona ci si affeziona e separarsi così è quasi doloroso.
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