Una storia dilettevole della musica
- Autore: Guido Zaccagnini
- Genere: Musica
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Marsilio
- Anno di pubblicazione: 2022
Forse il problema nasce a scuola – con tutto il rispetto per maestre (generiche) e insegnanti di musica (alle scuole medie): nasce lì l’idea dell’artista come anima perduta, sensibilissima e perciò stesso infinitamente buona?
Fatto sta che proprio dalla rottura di questa errata premessa che parte il divertente libro Una storia dilettevole della musica. Insulti, ingiurie, contumelie e altri divertimenti (Marsilio editore, 2022) di Guido Zaccagnini: una scorribanda sulle tracce di antipatie, idiosincrasie, maldicenze e qualche volta sapidi vis à vis a rischio di cazzotti in faccia. Fra chi? Fra musicisti appunto, le sensibilissime anime di cui sopra ma competitive come centometristi di atletica, bizzose, colleriche o invidiose. O semplicemente artisti con una più che legittima visione del proprio mestiere, o della musica tout court, banalmente diversa e inconciliabile con altre.
La serie è lunga, ricavata da testimonianze altrui, lettere, biografie delle quali Zaccagnini, musicologo noto agli ascoltatori di Rai Radio3, ha a sua volta le competenze per certificarne l’attendibilità.
Il libro parte con Häendel – giustamente (se è lecito per chi scrive dire la propria) massacrato da più parti, non meno di quanto peraltro facesse lui con i suoi avversari. Per quanto aggressivo fosse in vita (ne fece le spese per esempio Corelli) non avrebbe mai saputo in che modo lo avrebbe liquidato Stravinskij:
La fama di Häendel per me rappresenta un enigma.
Né che una volta tanto il musicista che per definizione (Adorno docet) rappresenta l’opposto del russo, ossia Arnold Schönberg, nutrisse una tale diffidenza - ma nessuno sarebbe stato liquidatorio quanto Wagner:
Häendel non è un musicista.
Quanto a Bach, la cui grandezza è difficilmente opinabile, prima che con i suoi detrattori dovette vedersela con il suo datore di lavoro, il duca di Sassonia; poco considerato, Bach più volte provò ad andarsene e per questo fu persino arrestato (nessuno poteva fare un affronto del genere a Sua Altezza Serenissima). Liquidando come mere boutades i paragoni che l’adorabile Satie si consentiva col maestro, lasciano più sospettosi i sopracciò di Verdi, quelli di Debussy (polemista agguerrito con chiunque, persino sferzante con Beethoven), Čajkovskij (ma le frizioni dei russi con i musicisti dell’Europa occidentale sono costanti) il quale si avventurò in un giudizio ridicolo sul divino Amadé:
Mozart è una bagatella.
Non meno azzardate le spallucce che a quest’ultimo riservò Rimskij-Korsakov, musico assai minore dei soliti Debussy o Wagner, irriverenti verso i concerti per pianoforte che, ricorda Zaccagnini, alcuni critici considerano il vertice dell’opera mozartiana. È peraltro lo stesso autore di questo libro che su alcuni artisti, Mozart per esempio, si (e ci) diverte con frammenti di vita intima: il caso celeberrimo del Requiem (pervenuto a una notorietà mondiale dopo il film di Milos Forman, Amadeus, del 1984), terminato da Süssmayr, assistente non tanto fedele, implicato anche in una storia di corna con l’inquieta Costanze Weber, la moglie del genio troppo spesso lasciata da sola.
Schumann, dal canto suo, commuove sempre: con tutti i suoi drammi psichici seppe anche scrivere di musica come pochi e intuire il genio di Chopin o di Brahms, accettare la primazia della moglie Clara Wieck, troppo più brava di lui nella tecnica pianistica; ma sembrò cattivissimo con gli italiani Clementi, Cimarosa, Donizetti.
Poco più tardi, se Verdi si espresse in malo modo e in più occasioni su Wagner, il grande rivale coevo del teatro musicale, l’autore della Tetralogia nibelungica per lo più fece finta di ignorarlo, laddove non si peritava di prendere a mazzate chiunque altro – poi con lui lo avrebbe fatto Nietzsche (per un capitolo, qui assente, di storia della musica come filosofia che chiunque dovrebbe conoscere).
Si diceva dell’acredine dei russi, in realtà non si risparmiavano nemmeno fra loro, Čajkovskij diceva di Musorgskij:
Ha una mentalità ristretta.
E sull’autore del Boris-Godunov lanciarono i suoi strali anche compagni di viaggio come Borodin, per non parlare del giudizio dei francesi – uno a caso, Camille Saint-Saëns, figura non priva di eccentricità ma mai quanto quella del citato Erik Satie, l’uomo con la passione degli ombrelli che non si dovevano usare “per non bagnarli”, o dei sette vestiti tutti uguali e di ogni bizzarria immaginabile fra i divertiti agitatori delle avanguardie in versione dada, poco amati dal serissimo Schoenberg o da Stravinskij.
A questo ricco florilegio di attacchi reciproci e maldicenze (ne abbiamo dato solo un assaggio) Zaccagnini affianca schede tecniche sui procedimenti più classici della storia della musica – la fuga, il lied, il contrappunto - ma anche divagazioni e riflessioni sul genio, sulla cosiddetta musica immorale, sul teatro dei burattini etc.
Sono inserti for dummies ma non solo, che inquadrano le singole vicende in una sfera più seria del mero pettegolezzo, non tanto per conferirgli quel quarto di nobiltà di cui non avrebbero bisogno ma per legare, com’è giusto, le regioni apparentemente distanti del dato psicologico, individuale, caratteriale di ognuno con le cruciali vicende delle svolte nella storia dell’estetica – e non dovrebbe esserci bisogno di ricordare che le variazioni del gusto costituiscono un modo per leggere la storia dell’Occidente.
L’unica pecca di questo libro accattivante è l’essersi fermato al primo ‘900 – solo per rimanere alla musica colta basterebbe immaginare cosa rappresentò la scuola di Darmstadt di metà secolo per immaginarne di tutti colori.
Una storia dilettevole della musica. Insulti, ingiurie, contumelie e altri divertimenti
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