Una storia nera
- Autore: Antonella Lattanzi
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Mondadori
- Anno di pubblicazione: 2017
Antonella Lattanzi, dopo aver pubblicato “Prima che tu mi tradisca” e “Devozione”, torna in libreria con “Una storia nera”, edito da Mondadori. Un libro bellissimo, di grande e delicato fascino, che presto avrà anche una sua versione cinematografica.
Il romanzo racconta la storia della famiglia Semeraro. Nella notte tra il 6 e il 7 agosto 2012, scompare un uomo: Vito Semeraro, un bancario con una separazione in atto, che ha a suo carico numerose denunce per violenza familiare a danno della moglie Carla, che di lui dice:
“Ti senti in colpa perché se è vero che è stato il marito peggiore che potessi immaginare, pure ai tuoi figli gli ha voluto tanto bene, e anche a te, ti ha amato da morire, è solo che il suo amore era un campo di battaglia”.
Da Carla, infatti, ha avuto tre figli: Nicola, Rosa e la piccola Mara di soli tre anni. Legata a Vito, però, da circa quindici anni, nonostante la violenza e la gelosia nei confronti della legittima consorte, c’è una seconda famiglia, composta da Milena e da sua figlia Paola, di cui è “padre di fatto”. Prima della sua scomparsa è stato visto alla festa di compleanno della piccola Mara. Ora più nulla e su tutto c’è l’afa agostana di una Roma in vacanza, apparentemente popolata solo dalle urla e dalla violenza predatrice di centinaia di gabbiani. Sono sempre i gabbiani a portare alla luce il corpo in decomposizione di Vito, in una discarica di Saliceto: l’uomo è stato assassinato. È accusata Carla che afferma:
“Sono stata io”.
Poi si era stretta le mani così forte una contro l’altra che piccole ferite a mezzaluna si erano aperte, una a una, nelle sue mani, come se da mesi, da secoli, da sempre quel sangue non aspettasse altro che venire al mondo.
“Ma io l’ho sempre amato”.
Tanti interrogativi si aprono, ad esempio:
“E le relazioni danneggiate? E gli amori danneggiati? Possono guarire, vero? Non è possibile che non guariranno mai”.
Oppure:
“Lo aspetto, è una vita che lo aspetto”.
Tutti i personaggi sono vittime di un imprinting di violenza. I figli lottano per essere altro dai genitori ma alla fine si arrendono a ruoli già stabiliti. Al termine della storia sono tutte vittime e tutti carnefici. Lo stesso Vito, l’orco, ha aspetti luminosi mentre Carla, la vittima, è connotata da tratti netti di buio e da pesanti ombre.
Il narrato frenetico, i dialoghi fitti, l’enumerazione spasmodica di dettagli, stati d’animo, immagini come lampi, fa via via crescere un senso di angoscia, di particolare sconcerto. È un noir anticonvenzionale. Nel finale si legge:
“E poi pensò che non c’era più un noi”.
Ed è il suo definitivo e feroce approdo.
Cosa si è perso, perdendo quel noi? Che cosa è finito sotto le macerie? La dignità, l’equilibrio, l’amore di sé. O è proprio per riscattare tutto questo, che diventa necessario liberarsi di quel noi e distruggerlo?
Buona lettura.
Una storia nera
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