Una vita come le altre di Alan Bennett

Mi è piaciuto questa rievocazione della famiglia di Alan Bennett, commediografo e scrittore inglese.
Affronta, a volte con amara ironia, la storia delle fragilità mentali che hanno afflitto sua madre, sua zia, il nonno che non ha mai conosciuto e le difficoltà che hanno dovuto affrontare per non farle trapelare all’esterno, quasi fossero una vergogna: e lo erano, a quel tempo. Tanto che Bennet ha saputo che il nonno si era suicidato solo quando ha raggiunto la mezza età e, insieme al padre, doveva rispondere ad un questionario di un assistente sociale per far ricoverare la madre. Prima, la notizia che circolava in famiglia (e fuori) attorno alla morte del nonno, aveva sempre parlato di un infarto fulminante.
Ma l’autore è molto sincero nel descrivere il se stesso di allora, non mima falsi altruismi, dice quello che ha fatto senza indorare il proprio comportamento. Se perciò perdeva la pazienza davanti alla madre che insisteva che erano osservati, lo ammette. Se non andava a trovarla in ospedale con un’assidua frequenza, lo ammette.

Se qualcuno dei conoscenti del villaggio chiede di mamma, rispondo sempre: "E’ a Bristol da mio fratello". Ammettere che sta in una casa di riposo significherebbe ammettere la nostra incapacità, e il fatto che Weston-super-Mare sia a casa del diavolo ne è prova ulteriore: vuol dire che abbiamo esaurito la pazienza, ce ne siamo lavati le mani e, lontano per lontano, l’abbiamo piazzata lì, come potevamo piazzarla a Reykjavík o Vladivostok.

Trapelano dunque il dubbio e il rimorso che si sarebbe potuto comportare in altro modo, e nelle ultime pagine, accanto alla madre ormai priva di ogni ricordo, la tristezza prende il sopravvento.
Restano però bene in vista le difficoltà del tempo: la paura di essere "ordinari", la vergogna della propria timidezza, dovuta, forse, al basso grado di istruzione, la voglia di sentirsi, allo stesso tempo, diversi dagli altri e come gli altri, di adeguarsi alla visione dorata della famiglia che emergeva dalle riviste femminili di allora.
Una testimonianza profondamente umana.