Una vita per strada di Joseph Mitchell

Questo minuscolo libro di Joseph Mitchell è come uno scrigno di promesse, un piccolo "bugiardino" che apre a una prospettiva immensamente più ampia!

Joseph Mitchell è stato uno dei maggiori giornalisti americani, iniziò a ridosso della crisi del ’29 e scrisse un po’ di tutto, ma divenne rinomato per le descrizioni accurate, a livello quasi maniacale, delle architetture e dei meandri più nascosti della città di New York.

Pur sentendosi spesso diviso e combattuto tra il North Carolina, da cui proveniva e la Grande Mela, da cui per un certo periodo si sentì respinto, non è difficile cogliere in "Una vita per strada" (Adelphi, 2014), il suo profondo amore per questa città in cui spesso, senza ragioni apparenti, amava perdersi, per scoprire, nei dettagli, edifici pubblici o chiese o cimiteri, che come impartito dalle abitudini delle vecchie zie, divennero il suo "pallino".

Questo estratto di questo suo romanzo urbano fa da "apripista" alla letteratura New Journalism, che rese noti Truman Capote, Salinger o altri, e a cui Mitchell lavorò per trent’anni ma senza mai concluderlo!

Diventa parte integrante di questo "assaggio", la nota, dal descrittivo titolo "Trent’anni diecimila parole", a cura di Matteo Codignola, che disegna un ritratto piuttosto interessante dell’autore: di lui si scopre che fu totalmente immerso nella ricerca dell’opera omnia di Joe Gould, (su cui scrisse un altro libro incompiuto dal titolo "Il segreto di Joe Gould"), un barbone, da lui soprannominato Professor Gabbiano (diceva di aver imparato il linguaggio dei volatili con cui si intratteneva in lunghe conversazioni), che pareva aver scritto un’opera monumentale, la Storia Orale, su 20.000 chiacchiere rubate in locali, sugli autobus e sui marciapiedi, da gente comune.

Scoperto però, che era un millantatore e i suoi quaderni non erano altro che correzioni sempre della stessa bozza, quasi immedesimandosi in costui, lo stesso Mitchell non scrisse più, pur continuando a recarsi quotidianamente alla redazione del giornale (sembra abbia lasciato una serie di reperti e cose, raccolte nelle sue passeggiate e conservate in barattoli di marmellata etichettati con sue didascalie).

Forse è proprio questa sua storia singolare e personale, più che il suo stile ripetuto e ripetitivo, che rendono questo tascabile un’autentica "chicca"!