Uno di meno
- Autore: Lorenzo Beccati
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2022
Il doge è due volte contento della giornata di svago che si è concesso. È nata come una battuta sulle alture ad accoppare cinghiali ed è diventata ina caccia all’uomo, ancora più eccitante. La carica pubblica esercitata dal reggente Gerolamo Chiavari non tragga in inganno: anche nella Repubblica Marinara di Genova era chiamato “doge” il primo cittadino eletto a governare e rappresentare la comunità mercantile dell’Alto Tirreno. Genovese, del resto, è Lorenzo Beccati, autore del romanzo Uno di meno (Oligo Editore, Mantova, 2022), thriller storico pubblicato nella primavera 2022 dalla casa editrice veneta marchio delle mantovane “Il Rio Edizioni srl”, un giallo d’azione, cappa e spada ambientato alla fine del XV secolo, durante i dogati a elezione biennale da parte del Maggior Consiglio della nobiltà genovese.
Ma torniamo a quel giorno di maggio del 1584. Un contadino interrompe la corsa del doge sui rilievi sopra Genova. Lamenta che la sua povera casa è stata resa ancora più misera da un ladro. Ha rubato quel poco che avevano ed è fuggito in alto, dove si vedono soltanto radi alberi e prati. Consegna un cappellaccio perso dal malfattore. I quattro molossi al seguito del Chiavari annusano l’oggetto e corrono verso i primi arbusti.
Il latrare di dolore di uno dei cani, caduto sventrato, fa pensare alla reazione di un grosso cinghiale. Anche un secondo animale ha il ventre squarciato, ma un terzo viene ritrovato impiccato a un albero e questo convince il doge e la scorta ch’è opera di un uomo. Del ladro, evidentemente. La certezza si fa strada in un enorme cinghiale abbattuto, dal cui interno luccica la lama di un coltello, impugnato da un ragazzino, nascosto nella carcassa. Potrà avere una quindicina d’anni. Dopo essere sgusciato lentamente fuori, nel pulire il volto dagli umori della bestia morta mostra sulla fronte una cicatrice che somiglia a una corona di spine (erano in tanti, hanno voluto marchiarlo come ladro, dopo averlo sorpreso a rubare un maialino).
Non è da tutti avere la meglio su cani feroci e cinghiali selvatici. Ammette di averli dovuti eliminare, per avere da mangiare e salvare la vita. Non ha mai avuto nessuno, vive nei boschi da solo ed ha imparato a difendersi. “Nessuno può dire di avermi vinto”. Confessa d’avere rubato in casa del contadino, ma solo il minimo per sopravvivere, il più l’ha lasciato perché alla famiglia restasse di che sfamarsi.
Il doge prova interesse per il ragazzo, Grifo, nome scelto anni prima, quando da bambino aveva compreso di non avere un padre o una madre che potessero dargliene uno. Aveva visto l’immagine di quell’essere mitologico dipinta sul carro di saltimbanchi e che rappresenta l’insieme di tanti animali: il leone, l’aquila, il serpente, il cavallo. È certo di possedere le abilità di tutte quelle bestie.
Chiavari comprende il talento del ragazzo, pensa che quelle capacità potranno rappresentare una grande risorsa per la Repubblica. Gli propone di diventare un tipo di soldato che non si è mai visto prima. In cambio, chiede obbedienza assoluta. Grifo sarà allevato come il suo sicario nascosto nell’ombra. Accetta, pur non capendo bene in cosa si stia cacciando. Quello che sa, è che non vorrà restare un semplice servo.
Un guerriero algerino venticinquenne, Hakim, prigioniero della Repubblica ma tanto abile da averne guadagnato la fiducia, lo addestra alle arti indispensabili per un combattente: lotta, uso delle armi, inganni, strategie ed altro. Gli fa scegliere quello che diventerà il suo “migliore amico” per sempre, un coltello alla genovese, idoneo a trafiggere più che a tagliare. Crocefissi che nascondono lame appuntite possono essere oggetti mortali dissimulati in strumenti di fede, ingannano gli avversari, quanto un uomo che reca in mano un libro o un giovane sorridente con le ciliege sulle orecchie, considerati innocui.
Dopo l’apprendistato, Grifo avvia la sua carriera letale.
Ventinove anni dopo è festa nell’abbazia di San Fruttuoso.
L’autore è Lorenzo Beccati, nato nel quartiere di Cornigliano nel 1955, è genovese che più non si potrebbe, come il “Gabibbo”. Lorenzo d’altra parte presta anche la propria voce al personaggio della trasmissione satirica Striscia la Notizia, del compaesano Antonio Ricci, di cui è uno dei più stretti collaboratori. S’è per questo, doppia anche i filmati divertenti di un altro storico programma Mediaset, Paperissima Sprint, che gli deve l’indimenticabile tormentone “dobbiamo stare vicini vicini”.
Oltre che scrittore, da autore televisivo professa il lavoro-fortissimamente lavoro. Si dice contrario a una televisione troppo spontaneista e affidata all’improvvisazione. Sostiene che i personaggi vanno studiati e preparati a puntino. Ai tempi di Drive In, Beccati si impegnava anche 22 ore di seguito per garantire l’efficacia delle battute. Provava e riprovava quelle che avrebbero dovuto fare presa sul pubblico, “funzionare” al cento per cento. Da autore Lorenzo Beccati ha firmato anche Lupo solitario, L’araba fenice, Odiens, accanto a tutte le edizioni di Paperissima e Striscia la notizia. E quasi trentanni fa con l’esordio La notte dei commercialisti viventi (Baldini e Castoldi, 1994), ha avviato una lunga carriera da narratore che vanta una quindicina di libri, tra saggi e soprattutto romanzi.
Uno di meno
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