Uno stupido angelo
- Autore: Christopher Moore
- Casa editrice: Elliot
- Anno di pubblicazione: 2012
Storia commovente di un Natale di terrore
Christopher Moore ha scritto numerosi romanzi, tutti pubblicati da Elliot, tutti ambientati in California. Il suo recente “Demoni. Istruzioni per l’uso” raccontava le fantastiche avventure di un demone a Pine Cove, una cittadina sulla costa californiana ed alcuni di quegli strampalati personaggi ricompaiono in questo romanzo, che per certi versi ne appare una sorta di sequel.
Siamo nelle giornate che precedono il Natale, quando la cittadina, “con più gallerie d’arte che distributori di benzina, più enoteche che ferramenta”, aspetta con entusiasmo l’arrivo di turisti da Los Angeles e San Francisco per rimpinguare le casse dei negozi e degli alberghi dopo la fine della stagione estiva. Ci faranno compagnia durante tutta la narrazione numerosi personaggi tutti stravaganti, improbabili, al limite tra la macchietta e la farsa. Fra questi il più improbabile di tutti è un angelo dai lunghi capelli biondi, vestito con un soprabito nero (che gli copre le ali), il quale, giunto in missione dal cielo, deve compiere un miracolo per Natale, rendere felice un bambino, il piccolo Josh, che ha visto uccidere Babbo Natale ed è disperato perché teme che non riceverà i regali desiderati. In realtà Babbo Natale è un pessimo individuo, Dale, che in continua feroce lite con la ex moglie Lena Marquez, la trova sul suo terreno a spiantare un albero natalizio, la colpisce e viene a sua volta colpito accidentalmente con una vanga e muore, sotto gli occhi terrorizzati di Josh: l’angelo, Raziel, dovrà annullare questa morte e restituire la felicità al bambino.
Insieme a questa storia Moore ne fa vorticare molte altre, tutte bizzarre, che hanno altrettanto bizzarri protagonisti: c’è lo sbirro Theo Crowe, ex addict di erba, un po’ hippie, che ogni tanto ricade nel suo vizio; c’è sua moglie Molly, ex attrice di B movies dove interpretava Kendra, l’amazzone guerriera della landa desolata, armata di spadone d’acciaio affilato che continua ad usare anche ora che la sua carriera è finita; e ancora una barista un po’ ninfomane, Mavis; uno strano scienziato, Gabe; un pilota di elicotteri transfuga dall’air force, che si porta sulle spalle un pipistrello fornito di occhiali Ray ban di nome Roberto.
Poi ci sono i morti del cimitero, che in una specie di Spoon River rivisitata ironicamente parlano tra loro dei vivi con ironia, cattiveria, invidia fino a che, in un sabba di zombie, riescono nella parte finale ad uscire dalle loro tombe e ad aggredire i vivi, volendone succhiare il cervello...
Diciamo che la grande ironia di Moore salva dal ridicolo alcune scene del tutto inverosimili che però, condite con grande abilità di scrittura, mutuata dalla lettura di grandi autori come Kurt Vonnegut, rendono alla fine tragicomiche le pagine del fantasioso romanzo, molto vicino ad una sceneggiatura cinematografica per la brevità dei capitoli, i continui cambi di scena e di ambientazione, il movimento dei numerosissimi personaggi che sembrano già pronti per un set hollywoodiano.
La cattiveria con cui sono ritratte situazione stereotipate (la psicoanalista in tailleur Armani, l’attrice decaduta con la spada d’acciaio, il poliziotto drogato, l’angelo che si ingozza di cioccolato) fanno pensare ad un critico caustico dello stile di vita della California, un posto atipico e peculiare per gli stessi Usa, dove qualunque cosa sembra possibile, dove il cinema troppe volte si confonde con la vita, dove la religione si confonde con il fanatismo, la vita e la morte sono troppo vicine e quasi si confondono, dove i miracoli sembrano davvero possibili: magari a Natale!
Uno stupido angelo. Storia commovente di un Natale di terrore
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