Ustica 40 anni dopo. Riflessioni su un caso aperto
- Autore: Claudio E.A. Pizzi
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2020
Sono passati 40 anni da quel 27 giugno 1980, quando il DC-9 I-TIGI della compagnia aerea Itavia scompare dai radar nel braccio di mare compreso tra le isole di Ponza e Ustica. Quarant’anni dopo le vere cause del disastro sono tuttora oggetto di discussione tra esperti del settore, giornalisti, politici, gente comune. Il risultato è
“una mole di materiale cartaceo, mediatico e artistico così imponente da far pensare che il caso Ustica sia un labirinto senza via d’uscita o un gioco infinito di scatole cinesi”.
Un pessimismo che Claudio Pizzi, già ordinario di Logica e di Filosofia presso l’Università di Siena, scrittore e autore di circa cento pubblicazioni di carattere scientifico, ritiene fuori luogo e affida al libro Ustica 40 anni dopo. Riflessioni su un caso aperto (LoGisma editore, 2020) il compito di sostenere la sua ipotesi a riguardo. Si tratta di un’opera che riunisce al suo interno annotazioni e articoli in un primo tempo pubblicati sul blog “Riflessioni su Ustica”, per ampliare alcuni temi presenti in una sua precedente opera sull’argomento, ma che, con il passare del tempo, sono cresciuti fino a suggerire la loro pubblicazione in un nuovo libro.
Insomma, secondo Pizzi “gli elementi in grado di consentire una ricostruzione corretta dell’incidente, anche se limitati, sono stati sostanzialmente acquisiti” e li illustra nel libro Ustica 40 anni dopo. A patto, però, di
“rimuovere la pesante coltre di falsità, di invenzioni e di semplificazioni che si è sedimentata per decenni sul caso Ustica”.
Si tratta ovviamente di abbandonare la teoria del missile, sostenuta in modo fideistico, ma smentita della sentenza della Corte di Assise di Roma, III sezione, con la sentenza di I° Grado (Proc. Pen. N°1/99 R.G., pag. 135), che ha dimostrato “l’infondatezza dell’ipotesi del Giudice Istruttore, un giudizio confermato in Appello e convalidato in Cassazione”, e iniziare a ragionare a tutto campo, smontando i tanti luoghi comuni oramai accettati come autentici e reali.
A cominciare dalla discutibile attendibilità di Wikipedia, la cui versione italiana è a favore della tesi della battaglia aerea, mentre quella inglese è a favore dell’esplosione interna, ma in entrambi i casi le due voci sono classificate come sbilanciate, non imparziali. A seguire, una scarsa attenzione dalla parte dei media e della magistratura sull’identità dei passeggeri saliti a bordo del DC-9 nei precedenti voli. Non si conosce il nome delle persone e non si ha assoluta certezza se i protocolli di sicurezza siano stati completamente rispettati, un aspetto non da poco per quanti sostengono la teoria della bomba. Il lungo elenco delle morti “sospette” dei numerosi testimoni del disastro, alcuni dei quali in realtà non avevano niente a che fare con Ustica, di “sospetto” avevano l’aver alimentato l’ipotesi che questi fossero stati coinvolti in partite più grandi e complesse della vicenda di Ustica.
Un capitolo è dedicato al “Caso Sandlin” ovvero alle dichiarazioni rilasciate al giornalista Andrea Purgatori da un ex-marinaio della Saratoga, secondo il quale nella notte di Ustica dalla portaerei sarebbero decollati dei caccia armati, ritornati poi senza missili, alimentando il dubbio che avessero preso parte a un duello aereo. Sandlin, nel corso di un interrogatorio avvenuto nel 2019 ed effettuato in videoconferenza da parte dei magistrati Erminio Amelio e Maria Monteleone, si è rifiutato di confermare le affermazioni registrate a suo tempo dal giornalista. In un analogo silenzio si sono chiuse due persone, Gheddafi e Jalloud, che erano direttamente coinvolte nella vicenda. Il primo come potenziale obiettivo (alcuni sostengono che il missile fosse destinato al suo velivolo) e il secondo come braccio destro del dittatore libico, preposto ai “lavori sporchi” come l’eliminazione fisica degli oppositori del regime. Gheddafi non ha mai rilasciato dichiarazioni a riguardo, mentre Jalloud si è rifiutato di rispondere ai magistrati.
Infine, raccolti nell’ultimo capitolo, alcuni commenti espressi dal popolo del web: un’impietosa antologia di commenti in lingua inglese che evidenziano la totale indifferenza per un grave lutto sofferto dal popolo italiano, alla quale fa da contralto una
“grande partecipazione emotiva e un diffuso interesse per un caso che evidentemente continua a essere percepito come una ferita aperta”.
Una partecipazione, purtroppo, non adeguatamente sostenuta da un adeguato livello di conoscenza dei fatti: un limite dovuto, anche, alla scarsa cultura tecnico-scientifica della popolazione, conseguenza di una istruzione ancora oggi di stampo prevalentemente umanistico.
Ustica 40 anni dopo non offre alcuna verità definitiva, ma vari spunti per una rinnovata riflessione, con la speranza che ciò serva ad avviare
“un processo lento e difficile di recupero della verità i cui frutti, se ci saranno, saranno raccolti dagli storici delle prossime generazioni”.
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