L’ascesa di Dante verso Dio, nella Divina Commedia, è anticipata da una preghiera. Si tratta di “Vergine Madre, figlia del tuo figlio”, l’invocazione alla Madonna pronunciata da San Bernardo nel canto XXXIII del Paradiso. Serve l’intercessione finale di Maria, poiché Dante, che si è smarrito nella selva oscura che“ ogni diritta via era smarrita”, possa affrontare l’ultima fase del viaggio e accedere alla luce abbagliante della visione divina: “l’alta luce che da sé è vera”, come recita il verso che riprende il Vangelo di Giovanni.
La preghiera di San Bernardo alla Vergine svolge la funzione di una sorta di captatio benevolentiae, è un’esplicita richiesta di mediazione: Bernardo loda la Vergine e poi le chiede di intercedere presso suo figlio perché Dante, che ora ha attraversato tutti e tre i regni, possa fissare i suoi occhi in quelli di Dio. In questo canto la figura di Maria si configura come quella del “grande intercessore”, è lei l’indispensabile mediatrice di Amore tra Dio e le sue creature, quindi tra il divino e l’umano.
Maria rappresenta l’umanità al cospetto della perfezione inconoscibile del Divino, in quanto lei per prima ha assistito al Mistero e, in seguito, l’ha incarnato portando il figlio di Dio nel suo ventre. Gli uomini si rivolgono a lei come a una Madre Santa, certi di trovare in lei una figura caritatevole e pronta a soccorrerli: lo sguardo pietoso di Maria giunge oltre il giudizio fermo e incrollabile di Dio. Si apre così uno dei momenti più intensi e spiritualmente elevati della Divina Commedia: non è Bernardo il solo a pregare, ma tutti i Beati, tra i quali figura anche Beatrice, con le mani giunte, compiono il gesto rituale della preghiera. Si leva nell’aria la preghiera come coro della carità ed è un momento epifanico, rivelatorio, un vero e proprio quadro di devozione.
Interessante notare come la Commedia si apra con lo smarrimento di un uomo solo, Dante nella selva oscura, e si concluda con una grandiosa scena corale: il Sommo Poeta viene incluso nella premura collettiva delle anime beate che hanno a cuore la sorte degli uomini. Nel finale sarà sempre lui a penetrare con i suoi occhi la visione di Dio, scorgendone il Mistero della creazione dell’universo; ma la comprensione “eroica” della mente di Dante non sarebbe possibile senza l’intercessione della Madonna e il sostegno, la dimensione partecipativa offerta dai Beati e dai Santi.
Della Madonna non si indovinano le forme, ma si vedono solo gli occhi: tutta l’attenzione, di Dante e della schiera di Beati, è concentrata sugli occhi di Maria “diletti e venerati” e, nel finale, si rivolgono verso l’eterna luce di Dio in cenno d’assenso. La visione - la semantica del visivo - riveste un ruolo fondamentale in questa parte della Divina Commedia: tutta l’azione è concentrata nello sguardo, nel quale è racchiusa anche l’essenza della luminosità divina e, in conclusione, della rivelazione suprema dell’essere.
Vediamo ora più nel dettaglio il testo, la parafrasi e l’analisi della preghiera di San Bernardo a Maria.
“Vergine Madre, figlia del tuo figlio”: testo e parafrasi
Vergine Madre, figlia del tuo figlio,
umile e alta più che creatura,
termine fisso d’etterno consiglio,
Vergine Madre, figlia del tuo figlio, più umile e nobile di ogni altra creatura,
meta prefissata del provvedimento divino.
tu se’ colei che l’umana natura
nobilitasti sì, che ’l suo fattore
non disdegnò di farsi sua fattura.
Tu sei colei che nobilitasti la natura umana,
tanto che il suo Creatore non disdegnò di farsi sua Creatura.
Nel ventre tuo si raccese l’amore,
per lo cui caldo ne l’etterna pace
così è germinato questo fiore.
Nel tuo grembo si riaccese l’amore tra Dio e l’uomo,
grazie al calore nel quale nella pace eterna del Paradiso
è germogliato questo tuo fiore, la Rosa dei Beati.
Qui se’ a noi meridïana face
di caritate, e giuso, intra ’ mortali,
se’ di speranza fontana vivace.
Nell’Empireo tu sei qui per noi una fiaccola ardente di carità,
e sulla terra, tra gli esseri mortali, sei fonte inesauribile di speranza.
Donna, se’ tanto grande e tanto vali,
che qual vuol grazia e a te non ricorre,
sua disïanza vuol volar sanz’ ali.
Oh, Donna, tu sei tanto grande e hai tanto potere presso Dio,
che chiunque vuole una grazia e non ricorre a te
è come se il suo desiderio pretendesse di volare senza avere le ali.
La tua benignità non pur soccorre
a chi domanda, ma molte fïate
liberamente al dimandar precorre.
La tua bontà non solo porta aiuto a chi lo domanda,
ma molte volte è in grado, spontaneamente, di anticipare la richiesta.
In te misericordia, in te pietate,
in te magnificenza, in te s’aduna
quantunque in creatura è di bontate.
In te si raccoglie misericordia, in te è pietà,
in te generosità, in te si raccoglie tutto ciò che di bene c’è nelle creature.
Or questi, che da l’infima lacuna
de l’universo infin qui ha vedute
le vite spiritali ad una ad una,
Ora costui (Dante), che dal luogo più basso dell’universo (Inferno) fin qui
ha visto una ad una le condizioni spirituali delle anime
supplica a te, per grazia, di virtute
tanto, che possa con li occhi levarsi
più alto verso l’ultima salute.
Ti supplica, per grazia divina, che gli sia concessa tanta virtù
da poter innalzarsi con gli occhi verso l’alto e contemplare la beatitudine
e la salvezza suprema di Dio.
E io, che mai per mio veder non arsi
più ch’i’ fo per lo suo, tutti miei prieghi
ti porgo, e priego che non sieno scarsi,
E io che in vita non arsi mai per il desiderio di contemplare Dio
più di quanto ora arda perché lui possa contemplarlo coi suoi occhi,
ora ti porgo tutte le mie preghiere perché esse siano sufficienti
perché tu ogne nube li disleghi
di sua mortalità co’ prieghi tuoi,
sì che ’l sommo piacer li si dispieghi.
Affinché tu lo liberi da ogni dubbio dovuto alla sua condizione mortale,
attraverso le tue preghiere, così che gli si manifesti, attraverso la visione di Dio, la somma Felicità.
Ancor ti priego, regina, che puoi
ciò che tu vuoli, che conservi sani,
dopo tanto veder, li affetti suoi.
Ancora ti prego, regina dei cieli, tu che ha il potere di attuare ciò che vuoi,
che tu mantenga sani e puri i suoi sentimenti pur dopo una visione così elevata.
Vinca tua guardia i movimenti umani:
vedi Beatrice con quanti beati
per li miei prieghi ti chiudon le mani!
Che la tua protezione vinca gli impulsi delle passioni umane;
guarda ora come Beatrice, e tutti gli altri Beati, ti pregano giungendo le mani,
poiché tu esaudisca la mia preghiera!
“Vergine Madre, figlia del tuo figlio”: analisi e commento
Dante affida la preghiera per Maria alla voce di San Bernardo, ovvero Bernardo di Chiaravalle, il monaco benedettino che nel 1115 fondò il monastero di Clairveaux di cui divenne abate, riformando la regola originaria dell’ordine. Si tratta di un personaggio storico realmente esistito, un teologo e mistico che combatté contro le eresie e predicò la seconda crociata.
La prima parte della preghiera di San Bernardo è volta a definire e delineare la figura di Maria: in primo luogo è “Vergine”, per indicare il fatto che è stato lo Spirito Santo a concepire il figlio di Dio, solo in secondo luogo è Madre. Nel secondo verso, per spiegare l’assenza di Maria dalla Trinità, si aggiunge che la Madonna stessa è “figlia di suo figlio”, in quanto l’ha concepito senza intervento umano, avvalendosi dell’intervento della terza figura della Trinità.
Sempre nella prima strofa si mette in risalto il ruolo di Maria: è lei lo scopo predestinato dal volere di Dio, lei risponde al suo decreto, è agente indiretta della salvezza del genere umano e anche colei che eleva l’umano alla volontà divina. Viene specificato infine che “Nel ventre tuo si raccese l’amore”, ovvero che nel grembo di Maria si è riacceso e saldato il patto tra Dio e l’Uomo e anche la purificazione dei peccati: qui è evidente il richiamo alla preghiera cristiana dell’Ave Maria:
Benedetto è il frutto del grembo Gesù
Che in latino suona come Benedictus fructus ventris tui. Alla Madonna vengono associate le supreme virtù: bontà, misericordia, pietà, e magnificenza intesa come “generosità nel donare”, la stessa virtù che Dante attribuisce all’adorata Beatrice.
Dopo aver presentato ed elogiato la Madonna, San Bernardo introduce la figura di Dante che qui viene chiamato in causa come colui che ha attraversato i tre regni a partire dall’infima lacuna, ovvero l’abisso dell’Inferno. Si inizia a porre l’accento sulla “visione”: Dante è colui che ha veduto le anime una ad una, ma l’azione del vedere qui è concentrata essenzialmente sull’intelletto: è una visione della mente quella a cui si fa riferimento, che in un certo senso anticipa la visione di Dio. La virtù passa dagli occhi, proprio come in Tanto gentile e tanto onesta pare quando Dante scrive:
che dà per li occhi una dolcezza al core,
che ’ntender no la può chi no la prova;
La descrizione di Beatrice nel celebre sonetto in un certo senso anticipa la descrizione della Madonna: entrambe sono figure disincarnate, non ci vengono presentate attraverso una forma fisica, ma ne viene sottolineato l’aspetto spirituale, attraverso lo sguardo, che si fa veicolo di redenzione. La donna-angelo di matrice Stilnovista, in questo caso sublimata da Maria, si fa tramite dell’Amore dell’uomo verso Dio.
Dopo aver esplicitato i presupposti - l’elogio alla Madonna e la presentazione di Dante - la preghiera di San Bernardo giunge alla sua richiesta e si fa più intensa e accorata: l’abate chiede alla Madonna che Dante possa contemplare Dio con la stessa intensità con la quale lui, da vivo, aveva avuto la possibilità di contemplarlo. Sta chiedendo alla Madonna l’intercessione somma, l’estrema salvezza concessa a un essere mortale.
Si fa dolcissima e accorata la preghiera di Bernardo quando aggiunge che:
che conservi sani,
dopo tanto veder, li affetti suoi.
Non vuole che Dante impazzisca dopo ciò che ha veduto né che ricada nella sua imperfezione mortale, quindi smarrito e peccatore - lui stesso confessa di aver peccato di superbia - come nel momento in cui era partito per il suo lungo viaggio. Infine San Bernardo chiede a Maria - nella parte più elevata della sua supplica - che conservi nell’animo di Dante la perseveranza nel Bene. L’ultima invocazione è alla protezione della Vergine e a questa richiesta si uniscono a mani giunte, nel momento più alto e commovente della Commedia, tutti i Beati, Beatrice compresa. Il cielo intero prega per Dante e quella devozione celestiale colpisce che Maria che dimostra gratitudine. Maria risponde alla preghiera di San Bernardo soltanto con lo sguardo e, infine, rivolge quegli stessi occhi all’eterna luce di Dio per formulare una richiesta che non ha bisogno di parole. La preghiera rimane invocazione umana, qualcosa di necessario alle capacità intellettive dei mortali: Dio e la Madonna non dialogano con parole umane, ma attraverso gli occhi che si fanno veicolo della mente e del fulgore divino.
Da questo momento infatti le parole non servono più, tutto smarrisce i contorni nella contemplazione e nella visione e sarà lo stesso Dante - autore di un’opera monumentale che ha fatto delle parole la sua ragion d’essere - a dire che “la sua favella si farà più corta”In e inadeguata, incapace di esprimere l’intensità di quella visione celestiale. Dante da questo momento non è più in grado di parlare, di dire, si trova a balbettare come un bambino in fasce e la prima cosa che domanderà a Dio sarà di poter raccontare ciò che ha veduto, poter tramandare anche solo una piccola parte di quella visione d’Infinito:
E fa la lingua mia tanto possente,
ch’una favilla sol della tua gloria
possa lasciare alla futura gente.
Nel momento in cui la parola dovrebbe farsi più urgente - la visione di Dio - ecco che la parola si perde e si smarrisce nel fulgore abbacinante della contemplazione. Dopo la preghiera alla Vergine di San Bernardo le parole, nella Divina Commedia, smarriscono il loro significato, la loro capacità descrittiva e significativa: le facoltà intellettuali si perdono nella divina luce. Non tutto può essere detto; la mente, nella conclusione, si eleva a tal punto che smarrisce la capacità di dire. Significativo, a questo proposito, che le ultime parole umane inserite da Dante nella Commedia siano una preghiera, nello specifico indirizzata a un essere non di origine divina, ma umana e mortale: un’invocazione alla Vergine, che è “figlia del suo figlio” e madre di tutti gli uomini di buona volontà.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Vergine Madre, figlia del tuo figlio”: il canto XXXIII di Dante dedicato a Maria
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