Veronica Tomassini, classe 1971 è siciliana, ma di origine umbre. Giornalista, ama le ambientazioni suburbane, gli outsider, gli immigrati, gli sfrattati ad oltranza dal sentire borghese. Scrive sul quotidiano La Sicilia dal 1996. Ha pubblicato piccole storie ne ‘La città racconta. Storie di ordinaria sopravvivenza’ (Romeo, 2008) e racconti nella raccolta ‘Outsider’ (A&B, 2006). Il suo primo romanzo è ‘Sangue di cane’ pubblicato da Laurana nel 2010. Si definisce: magra, non brutta, non ancora e non del tutto. Dovutamente gentile. Circocentrica nelle idee.
Veronica, ti do il benvenuto a quella che non sarà la solita intervista
chilometrica, ma solo 4 chiacchiere contate.
Ciao Matteo.
- Prima chiacchiera: Con ‘Outsider’ prima e con ‘Sangue di cane’ poi hai
dimostrato di avere a cuore una letteratura lente d’ingrandimento su un
campo rom, un sobborgo di periferia, un centro d’accoglienza, un parco dove
si consumano atti di violenza, stupefacenti e vodka, sul mondo dei non-visti.
Coloro i quali vivono a pochi metri dalla gente perbene, dalle strade luminose
dei negozi, ma la cui esistenza è senza speranza. Da cosa scaturisce l’esigenza di raccontare l’altra faccia della città?
Io lo chiamerei destino. La mia propensione alla marginalità risale all’ infanzia, ai miei nove anni, età in cui lessi “Christiane F.”. Da allora la mia vita è cambiata,
non credo sia stato un caso l’incontro con quel libro. Poi la vita ha fatto il resto.
Ho attraversato un universo clandestino, animato da uomini fantasma, irregolari, immigrati, barboni, mi sono trovata lì. E non è un caso nemmeno questo. Avevo urgenza di incontrare uomini dalle vite periferiche, apparentemente inutili, ambizione nutrita in parte dalle mie letture (il realismo russo in special modo) e da qualcos’altro
ancora. Un viaggio che in seguito ho riletto in altro modo, una verità scritturale,
biblica mi si spalancava davanti.
- Seconda chiacchiera: ‘Sangue di cane’ è la storia di un grande amore fra
due abissi: una ragazza comune di Siracusa e un semaforista polacco. Del
tentativo disperato di lei di salvarlo, di costruire con lui una famiglia. Qual è la
consolazione per la tua protagonista al dolore dell’abbandono, alla solitudine a
cui Slawek la condanna senza tener conto dell’incredibile mole di sacrifici che lei ha fatto per lui? A cosa appigliarsi?
La consolazione è depositaria di quella verità di cui dicevo, è nei versetti di Isaia, libro 54: “Poiché l’Eterno ti ha chiamata come una donna abbandonata e afflitta nel suo spirito, come la sposa della giovinezza che è stata ripudiata, dice il tuo Dio”.
- Terza chiacchiera: Durante la lettura del romanzo continuavo a chiedermi se il loro sentimento fosse ricambiato. Ho l’impressione che l’amore per Slawek fosse tanto profondo da moltiplicarlo e vederlo pure negli occhi suoi. È una battaglia giusta quella che la porta ad annientarsi, deludere la sua famiglia, rendere definitiva la sua vita, con un bambino in grembo, tutto per un uomo che non dimostra di amarla mai?
Lui la ama, o forse no. Ma è importante? Lei, la voce narrante, nutre in seno per
la prima volta un amore straordinario, che non chiede, che non vuole, che non ha paura. E non si domanda la giustezza, se così si può dire; la donna sa di esser parte di un mistero, un avvenimento superiore, che impedisce ogni ragione, incontrando l’esperienza dell’altro, l’esperienza della pietas.
- Quarta chiacchiera: Il tuo romanzo è stato fortemente voluto da Giulio Mozzi
che ti ha scoperta e spinta a raccontare questa storia. Come vi siete conosciuti?
Quanto conta per un’autrice emergente l’appoggio di un personaggio così
esperto e rispettato nel panorama editoriale italiano? Qual è il tuo rapporto con
i lettori? E con le critiche? Recentemente s’è alzato un bel polverone sul forum
letterario Sul Romanzo per un articolo di forte critica a ‘Sangue di cane’. Tu hai preso posizione rispondendo commento su commento. Hai fatto pace con l’autore dell’articolo incriminato?
Giulio Mozzi è stato fondamentale, grazie a lui ho scritto “la storia che mi
ostinavo a tacere”. È venuto apposta a Catania, per incontrarmi, aveva letto alcune mie cose. Senza di lui, sarebbe stato tutto molto più difficile. Io sono stata fortunata, ho incontrato Giulio Mozzi e anche Marco Travaglio, che hanno creduto nel mio talento. Il polverone: ma sai che io l’autore di quell’articolo non lo conosco? No, non ho fatto pace, perché tutto sommato non ho litigato. C’è chi si è preso cura di difendermi. Che bella cosa, a pensarci.
Questa era l’ultima chiacchiera: non mi resta che salutarti e ringraziarti per
aver accettato il mio invito, facendoti molti in bocca al lupo per il tuo futuro. Se
vuoi lasciare un messaggio al mondo intero, qui puoi farlo.
Vorrei ringraziare i lettori, le persone speciali che ho incontrato in questo anno
decisivo, vorrei ringraziare Matteo.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Veronica Tomassini
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