Verrà cantando il sangue
- Autore: Vittorio Del Tufo
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2012
Non vi racconterò questo libro come hanno fatto tutti gli altri. Partirò, invece, dall’evocazione che il titolo suggerisce, portando la vostra mente ad immaginare e a sentire le voci di centinaia e centinaia di persone che cantano in nome di un unico sangue. Il sangue di San Gennaro.
Verrà cantando il sangue. Quale titolo è più evocativo e sinistramente premonitore, e più adatto a suggerire in poche parole la trama di questo romanzo, scritto da Vittorio Del Tufo, giornalista e scrittore, ambientato tra Napoli e Milano, in due epoche completamente diverse. Le vicende si muovono tra la fine del ‘300 e quella degli anni ‘80 dei giorni nostri, testimoniando ancora una volta che i fatti del presente hanno sempre radici molto profonde, che affondano in momenti passati, che troppo facilmente vengono nascosti e tenuti segreti per essere dimenticati. E’ così che sullo sfondo di una Napoli medioevale, sporca e distrutta dalla peste e avvelenata nel cuore e nell’anima dallo scisma d’Occidente, si snodano le vicende realmente accadute di Re Ladislao di Durazzo, di Tommaso Sanseverino e del papa Clemente VII e di altri numerosi personaggi che seppur inventati, non intendono perdere il loro scettro di protagonisti fin troppo verosimili e ben incastrati in una storia che è senza dubbio una storia di sangue.
Il sangue forse più discusso, ammirato, idolatrato di tutti i tempi. Un sangue miracolato che non ammette laicità, di nessun genere. Ecco perché Vittorio Del Tufo non fa altro che raccontarci a parole sue, dirette, povere di abbellimenti e metafore, tipiche del giornalismo, la cronaca nera degli accadimenti che hanno condotto alla prima manifestazione del miracolo del Santo Patrono di Napoli. Fu soltanto il 17 agosto del 1389 che il sangue del santo si liquefece per la prima volta, mentre la folla gremita, urlava e cantava al miracolo. Che sia un prodigio o una mera manipolazione chimica a noi poco importa. Non credo che lo scopo dello scrittore sia quello di raccontare una presunta verità che non esiste e non esisterà mai finché la Chiesa non farà esaminare quella reliquia. La sua volontà è invece, a mio parere, quella di raccontare uno dei più grandi misteri e di farlo mentre lo avvolge di un fascino inquietante e terribile, costruendo personaggi che si muovono tra il passato e il presente alla ricerca di una risposta che appartiene al passato e al passato deve restare.
Nonostante la trama sia perfettamente costruita a vantaggio di una evidente validità storica, supportata da un desiderio di non tralasciare nessun dettaglio, molti sono i fattori che si mescolano in questa storia che riesce ad unire inchiesta, fatti storici e la presenza di una velata fantasia, rendendo questo libro quasi una manifestazione d’amore, di sangue e di morte. Le tre indissolubili essenze della nostra esistenza. Essenze eterne che vivono, battono e pulsano ancora tra le vene di una città che per sempre vivrà cantando il sangue del suo Patrono, che non è altro che il suo stesso sangue.
Nec morsus timebo. Non temo la morte. Sono le ultime parole di uno dei personaggi custodi del segreto, che è pronto a morire per una verità che ormai è diventata un mito e nel mito si proteggono vite umane, fedi e sogni. Nella sacralità di un miracolo non importa più ormai chiederci cosa sia reale e cosa no. Importa invece ricordare che nella magia di quel sangue si cela il legame indissolubile, la credenza e la forza di una città, di un popolo, di un mondo intero che ha ancora qualcosa in cui credere.
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