Via XX Settembre
- Autore: Simonetta Agnello Hornby
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Feltrinelli
- Anno di pubblicazione: 2013
“Avevamo preso in affitto un appartamento in via XX Settembre, al secondo piano di un palazzetto rosso in stile Liberty con fregi ocra e le persiane verdi, di proprietà della famiglia di zia Giuseppina, moglie di uno zio di papà”.
Alla fine di agosto del 1958, la tredicenne Simonetta si trasferiva insieme alla sua famiglia da Agrigento a Palermo, città nella quale era nata.
“Tutto ciò che sapeva di Palermo e veniva da Palermo, era superiore o unico, e Palermo era bella, bellissima”.
Nel capoluogo siciliano l’autrice avrebbe frequentato il liceo statale Garibaldi, perché lì c’erano le scuole migliori e l’università, migliori opportunità per Simonetta e per sua sorella minore Chiara, la quale come il loro padre non amava studiare.
“Per me andare a Palermo significava essere vicina agli adorati cugini, e questo era tutto quello che volevo”.
Lasciare Agrigento e Palazzo Giudice, dove finora la ragazzina aveva vissuto, aveva voluto dire lasciare i parenti materni, abbandonare l’infanzia il cui simbolo era il tendone double – face di seta, alto quattro metri e mezzo e largo otto “elemento essenziale dei nostri giochi” che si trovava nel salone dell’appartamento agrigentino. La notte di Natale con tutta la famiglia e gli amici riuniti, il tendone perfettamente accostato e i suoi due colori “il beige della sala da pranzo e il marrone del salotto, rappresentavano i due aspetti della vita, il contrasto tra la luce e buio, tra vero e verosimile, tra certezza e incognito”. Il tendone per il trasloco era stato staccato e arrotolato con la canfora pronto per affrontare una nuova vita. Ecco dunque Palermo “ero curiosa di tutto”, partendo dalla casa di via XX Settembre, una parallela di via Libertà che si trovava nel quartiere Politeama – Croci. Di questa città nella quale “mangiare era una faccenda molto seria”, perché “ogni festa, ogni Santo, un dolce diverso”, Simonetta adorava il monte Pellegrino “il mio protettore”, benigno e rassicurante. Sicuramente dall’appartamento palermitano l’adolescente avrebbe goduto della vista di questo monte alto, sereno, armonioso invece...
“la mia montagna non c’era: la sua vista era impedita dalle sopraelevazioni dei palazzoni a schiera di fronte. La mia montagna non la vedevo, però ero a Palermo!”.
Con questo libro di memorie familiari l’autrice scrive il suo romanzo più intimo, attingendo al proprio passato ricco di atmosfere affascinanti, di personaggi originali, indimenticabili sui quali si riflette la società palermitana dell’epoca, dove gli uomini (“’gnuri palermitani”) parlavano di politica e le donne ricamavano.
“Nessuno dei parenti aveva impiego o professione: vivevano del reddito delle terre”.
Villa Deliella era l’emblema della classe alla quale apparteneva l’autrice:
“un gigante con i piedi saldamente ancorati a terra ma senza spazio per muoversi, su un’isola attorniata da un mare di basole in tempesta”.
Un mirabile e suggestivo affresco di Casa Agnello, nobile famiglia fermamente borbonica, il cui discendente, il padre di Simonetta e Chiara, rifuggiva la vita di società e si rifugiava volentieri in campagna a Mosè. “Gli Agnello erano poco socievoli, se non addirittura scontrosi”.
La madre della scrittrice (appartenente al lato borghese e intellettuale della famiglia) stava a Palermo coadiuvata dal clan familiare e dai fedeli domestici quali Paolo “quarant’anni come autista in Casa Agnello” o Giuliana, bambinaia/cameriera/amica e confidente di tutta una vita, per portare avanti le incombenze quotidiane. “Mamma era sempre disponibile per noi, qualsiasi cosa stesse facendo”. La vita dell’adolescente Simonetta, come quella delle sue coetanee, era scandita da tappe e regole ben precise, però magico era il momento del ritorno a casa da scuola accolta dai caldi aromi che si sprigionavano dalla cucina “ed ero completamente felice”. Ma la vera protagonista del volume è Palermo, magnifica
“incastonata come una spilla di smalto tra il verde dei giardini di aranci e il blu del mare”.
Tutte da gustare le prelibatezze culinarie palermitane come il ricordo proustiano dei pupi di zucchero che non si dovevano rompere a morsi ma solo leccare, dapprima da dietro per non rovinarli e poi da dove si voleva.
“Credevo che sarebbe stato difficile mettere mano a questo libro dopo la morte di mia madre”.
Via XX Settembre
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