Viaggio nella terra dei morti
- Autore: Marco Scardigli
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: UTET
- Anno di pubblicazione: 2014
“Si sta come d’inverno sugli alberi le foglie”. Qualcuna regge, chissà come, tante cadono, spinte dal vento. Hanno quasi cento anni i brevissimi versi con cui il poeta Giuseppe Ungaretti ha decritto in maniera inarrivabile l’esperienza di milioni dei nostri soldati, durante quella tremenda prova ch’è stata la prima guerra mondiale. Le linee del fronte erano cimiteri a cielo aperto, raccontarlo è fare un “Viaggio nella terra dei morti. La vita dei soldati nelle trincee della Grande Guerra” titolo di un volume a firma di Marco Scardigli, pubblicato dalle edizioni UTET nel 2014 (pp. 416, euro 18,00), un saggio ampio e puntuale, tra i più interessanti da leggere nel centenario tuttora attuale del conflitto.
Quello che lo scrittore, saggista e docente nell’Università di Pavia tiene a descrivere è come si vivesse in quelle linee contrapposte, un mondo capovolto hanno detto giustamente: i morti fuori, i vivi sotto. Il suo obiettivo è cercare di rendere il più concretamente possibile quale fosse la condizione quotidiana di chi vi era rintanato, cosa sia stata quella guerra per chi l’ha combattuta tra buche, crateri, filo spinato e piombo assassino. Pagina su pagina, ha realizzato una sorta di documentario a stampa.
Poco importa se la ricostruzione di giornate e situazioni non rispetta una sequenza cronologica e anticipa certi episodi che avvennero solo dopo altri. Dopotutto, omette completamente taluni eventi pure di rilievo nel corso del conflitto. Non è l’unità dello spazio e del tempo che conta secondo la particolare prospettiva di Marco Scardigli e nemmeno intende definire una cornice storica quanto più esatta possibile. Si ritroverà pertanto quasi capovolto l’andamento delle battaglie sull’Isonzo, le undici “spallate di Cadorna” e accadimenti del 1918 possono precedere quelli antecedenti, dai quali quelle situazioni sono state provocate (la resistenza sulla linea veneta del Piave, nell’ultimo anno di guerra è considerata prima della disastrosa ritirata dal Friuli per la rottura del fronte a Caporetto, a fine ottobre 1917).
Per l’autore, rileva “cosa fu” la Grande Guerra per chi la dovette affrontare, soprattutto sulle durissime pietraie del Carso e sulle alture che caratterizzano il corso del Medio Isonzo.
E dire che i nostri si attendevano una campagna militare breve, quasi fulminea, avviandola al suono delle fanfare nel maggio 1915, ben dieci mesi dopo che sul fronte francese si era già rivelato il volto nuovo e tremendo della guerra di posizione e di logoramento.
Quando gli italiani si cacciarono in quel conflitto, erano tutti convinti che sarebbe finito in poche settimane, due o tre mesi al massimo, prima di Natale sicuramente, sostiene Marco Scardigli. Invece tutto andò storto. Quella che doveva essere poco più che una passeggiata si rivelò un conflitto lunghissimo e pesantissimo, che durò tre anni e mezzo per l’Italia e segnò l’Europa in maniera devastante. Per definirlo si usò un solo e semplice aggettivo: grande. Tanto da esserlo in maniera inimmaginabile prima che accadesse. Grande per dimensioni, i
“soldati si contarono a milioni, i costi a miliardi. Enormi tutte le cifre: armamenti, munizioni, cibi consumati, scarpe ed elmetti prodotti, chilometri di filo telefonico stesi, miliardi di lettere smistate”.
Grande per chi vi sopravvisse, abbacinato da tanta grandezza, scrive l’autore. Attraverso lettere, memorie e diari, ci fa entrare in trincea, affianco agli uomini che la popolano. Usciremo all’assalto o di pattuglia nella terra di nessuno tra le linee opposte. Sentiremo la terra tremare sotto i bombardamenti dell’artiglieria: anche obici mostruosi da quasi mezzo metro di calibro cercheranno di schiacciarci. Verificheremo l’atteggiamento degli alti ufficiali, l’impegno degli ufficiali di complemento, il comportamento degli “ufficiali contro i comandi” e degli “ufficiali contro i soldati”, trattati in due specifici paragrafi. Patiremo le durezze della giustizia militare.
Chi riempiva le trincee era la massa della fanteria, che residuava dalla scrematura dei borghesi istruiti (avviati ai corsi di complemento), dei proletari alfabetizzati (destinati ai servizi logistici, ai trasporti e all’artiglieria) e degli operai specializzati (impegnati nelle fabbriche). Per la grande maggioranza i soldati al fronte erano fanti: piccoli uomini (in media 163 cm), i più incolti e ignoranti, vestiti di una giubba grigioverde di panno pesante a colletto alto, pantaloni infilati nelle fasce mollettiere, scarponi di materiale scadente, cintura in vita, giberna doppia e un tascapane a tracolla. In poco tempo, tutto finiva a brandelli, esposti com’erano a tutti gli elementi. Ci si arrangiava con pezzi di uniformi prese anche al nemico. E solo nel 1916 vennero distribuiti gli elmetti a coprire la testa, almeno da schegge e pietre.
Tutto costava sacrifici al fronte. Sacrifici che non servirono a nulla, diciamo oggi.
Una dei maggiori motivi d’interesse del saggio è nelle parti che giustificano il titolo, dove Marco Scardigli si sofferma sui particolari macabri della convivenza costante con la morte, con i cadaveri, con animali e parassiti. Pagine dure, ma quanto mai vere.
Viaggio nella terra dei morti. La vita dei soldati nelle trincee della grande guerra
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L’autore ringrazia per la recensione bella e molto centrata.