C’è un legame tra Trieste e Dublino. È uno di quei collegamenti che la realtà vorrebbe improbabili, ma che la vita e la letteratura a volte combinano. Il tramite di questa relazione è il traduttore, giornalista e scrittore James Joyce che a Trieste visse per una decina d’anni, eleggendola a seconda patria, da quando scese da un treno assieme alla moglie Nora, attratto dalla casualità di un annuncio di lavoro per un insegnante di inglese. Nel 2022 la città gli dedica una lunga serie di appuntamenti in occasione dei 100 anni del suo Ulisse che iniziò a scrivere proprio qui, sulla sponda ventosa dell’Adriatico. E dire che le cose non erano iniziate proprio nel verso giusto, stando alle testimonianze. Scaricati i bagagli dal treno, Joyce lasciò infatti la moglie su una panchina della stazione e partì alla ricerca di una sistemazione per la notte. In un bar del centro finì coinvolto in una rissa tra marinai inglesi ubriachi e fu arrestato con loro. Ci volle l’intervento del console per farlo scarcerare e parecchie ore perché potesse tornare alla panchina.
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Joyce: la mia anima è a Trieste
Tra sfratti per inadempienza e nuove amicizie destinate ad accompagnarlo per tutta la vita, a Trieste, nonostante gli inizi, soggiornò quasi ininterrottamente dal 1904 al 1920, fatta eccezione per l’interruzione della prima Guerra mondiale durante la quale si rifugiò a Zurigo. Ma portò la città giuliana nel cuore e nei ricordi. “La mia anima è a Trieste” scriverà nel 1909 a Nora, la compagna di sempre.
E poi a Italo Svevo:
La nostra bella Trieste. L’ho spesso detto con rabbia ma stasera sento che è vero. Vorrei vedere le luci che luccicano lungo la riva. Colpa del vento e del mare.
Trieste non è Venezia. Mischia popoli, genti e lingue. Crocevia di culture e religioni, è il luogo ideale per un’anima inquieta come James Joyce, che qui tutti chiamano Giacomo Joyce, da cui il titolo di un’opera in versi postuma (ed. da Guanda, 1983). Ma nella città finisce di scrivere:
- Gente di Dublino (ed. da Einaudi, 2015),
- Ritratto dell’artista da giovane (ed. da Garzanti, 2021, tradotto da Cesare Pavese),
- i primi tre capitoli dell’Ulisse (ed. da Mondadori, 2018, trad. da Giulio De Angelis).
22 tappe per una visita a Trieste sulle orme di Joyce
Nel 2022 cade il centenario dalla pubblicazione del suo capolavoro Ulisse e Trieste ne rivendica la paternità con fierezza con una serie di eventi a tema.
Di più: inventa un itinerario in 22 tappe sulle orme dello scrittore, dedicato ai turisti affamati di letteratura. E, in fondo, non si riesce a immaginare un modo migliore per conoscere strade e quartieri che in compagnia di questo cittadino di adozione. Joyce fu insegnante, conferenziere, giornalista, impiegato, traduttore, studente di canto. Parlava correntemente diverse lingue e il dialetto triestino. Di certo sapeva come godersi la vita. Sarebbe stato una guida turistica entusiasta e di indubbio fascino.
Avrebbe condotto i visitatori a casa sua. In realtà sono diversi gli appartamenti (almeno nove) in cui abitò: il più famoso è quello al secondo piano di via Bramante 4, dove campeggia una lapide con il suo annuncio sui progressi dell’Ulisse.
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In via Oriani, un’altra delle sue case, oggi c’è un albergo, l’Hotel Victoria con la suite, la 404, a lui dedicata.
Abitò anche in via San Nicolò: nella stessa strada c’è la chiesa Greco-Ortodossa che frequentava e, al civico 32, la Berlitz School dove insegnò.
Non può mancare un salto in piazza Barbacan, nella trattoria Il Trionfo dove veniva a cercare il vino bianco, l’Opollo di Lissa, che mozzava le gambe senza salire al cervello.
E una visita alla spiaggia di Fontana, oggi bagno Pedocin, dove portava il figlio Giorgio. Poi la sede de Il Piccolo in piazza Goldoni, la pasticceria Pirona e il Caffè Stella Polare.
Infine il Museo Joyce con lettere, documenti, testimonianze della presenza viva dell’uomo più che della leggenda della letteratura, tanto che nell’itinerario ufficiale è citata anche una casa di tolleranza frequentata da Joyce nella città vecchia vicina all’area conosciuta come Cavana, oggi rinomata per la vita notturna e con i neon del progetto “Doublin” che rievocano passi dell’Ulisse.
Umberto Saba e la scontrosa grazia
Tutto è concentrato in un pugno di vicoli qui. In via San Nicolò, a pochi passi da una delle case di Joyce, c’è la libreria antiquaria (oggi a rischio chiusura ed oggetto di appelli per la sua tutela) gestita da Umberto Saba, un altro cantore immaginifico della città:
Trieste ha una scontrosa grazia. Se piace, è come un ragazzaccio aspro e vorace con gli occhi azzurri e mani troppo grandi per regalare un fiore; come un amore con gelosia… La mia città che in ogni parte è viva, ha il cantuccio a me fatto, alla mia vita pensosa e schiva (Dal Canzoniere, Trieste).
L’amicizia di Joyce con Italo Svevo
Ma Trieste è anche il luogo di una grande amicizia. Qui James Joyce incontra Ettore Schmitz, Italo Svevo per il mondo: borghese, commerciante alla ricerca di un insegnante di lingue, deve imparare l’inglese per gestire la ditta di vernici per cui lavora. Nonostante le differenze apparentemente inconciliabili, tra i due è subito intesa, un sodalizio intellettuale mai sopito e generoso. Joyce, di ritorno a Parigi dopo la parentesi triestina, è ormai un affermato scrittore e non esita a raccomandare l’amico, del quale ha letto le opere Senilità e Una vita (entrambe edite da Mondadori, nel 2019): è merito suo la pubblicazione de La coscienza di Zeno (Mondadori, 2016) che non esita a promuovere presso gli editori di Parigi. Svevo ricambia con una conferenza dedicata all’amico al circolo milanese Il Convegno. Ispira inoltre la figura di Leopold Bloom nell’Ulisse. Lo scambio di lettere tra i due è costante. Parlano di letteratura, scrittura e, naturalmente, di Trieste che Svevo descrive con passione in Senilità:
Si baciavano lungamente, la città ai loro piedi, muta, morta, come il mare, di lassù niente altro che una grande estensione di colore misterioso, indistinto: e nell’immobilità e nel silenzio, città, mare e colli apparivano di un solo pezzo, la stessa materia foggiata e colorita da qualche artista bizzarro, divisa, tagliata da linee segnate da punti gialli, i fanali delle vie.
La città dove si incontrano gli scrittori per strada
Trieste ha ispirato molti intellettuali. Una guida completa dovrebbe comprendere, tra gli altri, anche le dichiarazioni di Claudio Magris, Sigmund Freud, Gillo Dorfles, Rainer Maria Rilke. Ma è anche il luogo dove gli scrittori si incontrano per strada. Sentinelle vigili della cultura contemporanea, quattro sono le statue loro dedicate e collocate in vari punti della città, a testimonianza di un’ineguagliata concentrazione di talenti: Italo Svevo, Umberto Saba, Gabriele D’Annunzio e, naturalmente, James Joyce che, ritratto da Nino Spagnoli, sta a Ponte Rosso, sul Canal Grande. Impossibile resistere alla tentazione del selfie con lo scrittore: lui che ammirava le debolezze umane e le descrisse nelle sue opere con impietosa precisione ne avrebbe sorriso.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Visitare Trieste sulle tracce dell’Ulisse di James Joyce, a 100 anni dalla sua pubblicazione
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