Vuoi trasgredire? Non farti!
- Autore: Giorgia Benusiglio, Renzo Agasso
- Genere: Storie vere
- Casa editrice: San Paolo
- Anno di pubblicazione: 2010
Giorgia Benusiglio è una ragazza nata a Milano nel 1982, diplomata in lingue e prossima alla laurea in Scienze della Formazione Primaria all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
Esattamente 14 anni fa, il 16 ottobre 1999, all’età di 17 anni, durante una serata in discoteca, Giorgia prende mezza pasticca di ecstasy. Che sarà mai, pensa, e invece no. Quella pasticca le è quasi fatale. Sarebbe morta a causa di un’epatite fulminante se non avesse trovato un donatore di fegato e, miracolosamente, quel donatore arriva: è Alessandra (a cui è dedicato il libro), una ragazza di Ancona, di due anni più grande, che muore in un sabato sera come tanti in un incidente stradale.
"Vuoi trasgredire? Non farti!" è una storia vera, la vicenda di un percorso terribile, che ha reso Giorgia una ragazza più forte con tanta voglia di raccontare la sua storia per evitare che giovani come lei commettano lo stesso sbaglio e si rovinino la vita.
Il libro racconta la storia sotto diversi punti di vista:
- di Giorgia,
- della mamma Gio,
- del papà Mario,
- del Prof. Luciano De Carlis
- del Dott. Andrea De Gasperi.
Che dire, si tratta di pagine molto forti. I ricordi di quella che all’epoca era più che una ragazzina sono dolorosi ed esprimono tutta la sofferenza di una situazione protrattasi per mesi, con importanti ripercussioni sotto il profilo psicologico.
"Sono arrivata a pensare di non volere più vivere. Dalla finestra della mia stanza vedevo la punta degli alberi. Ero attaccata alle macchine. Se mi muovevo o facevo gesti strani o inconsulti suonava una specie di allarme e arrivavano i medici a risistemarmi. Naturalmente non riuscivo a rialzarmi. Quindi il mio unico pensiero era: voglio morire ma non ci riesco. Guardavo quella finestra e volevo buttarmi giù. Poi è arrivata la mamma, ha cercato di tranquillizzarmi. Mi ha dato un minuscolo cioccolatino. Sembra una stupidaggine, ma mi è servito moltissimo. Dopo tanto dolore non sapevo più cosa fosse il piacere. Ne avevo perso la nozione. Quel piccolo dolce me lo ha fatto riassaporare. Nel momento in cui ho provato di nuovo qualcosa di buono, ho capito che nella vita valeva la pena di lottare, di andare avanti. Ho ripreso fiducia in me stessa, nelle mie capacità e nella mia forza di volontà. E non ho più pensato al suicidio. Anzi, a volercela fare in tutto e per tutto".
Lo stesso momento è raccontato dalla sua mamma:
"Piangeva e mi diceva molto seriamente che non ce la faceva più. E che voleva morire. Non so perché, ho preso un Kinder e gliel’ho dato. L’ha assaporato, e per fortuna è passato tutto. Forse quel piccolo piacere l’ha riconciliata con la vita. Salvata da un Kinder Ferrero".
Forse no. Salvata semplicemente dall’intuizione di una madre, lacerata nel vedere la propria figlia inchiodata per mesi ad un letto ed impotente.
Questo è un estratto forte, ma è il pezzo più toccante, perché è la dimostrazione che un piccolo gesto, un qualcosa di apparentemente insignificante può salvarci. E’ per questo che una storia così carica di dolore diventa un inno alla vita: Giorgia rappresenta un "bruco divenuto farfalla" in uno dei più violenti dei modi, ma che l’ha resa oggi una ragazza consapevole, forte, amante di quella vita, che stava per sfuggirle...
Giorgia e il papà Mario oggi si recano nelle scuole elementari e medie per raccontare questa storia e sensibilizzare i giovani su tematiche spesso taciute o affrontate in modo superficiale con la speranza che le persone non considerino Giorgia una "sfigata" che "solo" per mezza pasticca si è rovinata la vita.
D’altra parte come spiega il Dott. Andrea De Gasperi, primario del secondo servizio di anestesia dell’Ospedale di Niguarda di Milano:
"Basta una piccola dose per creare un disastro. E non è sfiga. Ma una reazione che l’organismo può avere. Fortunatamente non necessariamente, perché altrimenti avremmo disastri, catastrofi, un’ecatombe. Però può essere. E il può non lo decidiamo noi (...). Può arrivare al cervello, al cuore, ai muscoli, al fegato eccetera (...) si può morirne, come è capitato ai due ragazzi la notte che Giorgia è stata trapiantata".
Giorgia oggi prende quotidianamente dei farmaci, che dovrà assumere per tutta la vita e che ogni anno danno dei problemi, dalle cose più banali, a quelle più serie, come un tumore all’utero, con cui Giorgia ha dovuto fare i conti. Insomma, dopo 14 anni questa storia non è più solo un ricordo, ma qualcosa con cui condividere ogni giorno: la cicatrice, il senso di colpa rispetto ai propri genitori, per "avergli fatto perdere 10 anni di vita" e, soprattutto, rispetto al fatto di trarre felicità dalla morte di qualcun altro. In un’intervista alle Iene Giorgia ha dichiarato:
"Io vivo ’grazie’ alla morte di un’altra persona ed è una cosa che non riesco a superare. So che Alessandra sarebbe morta ugualmente e io c’entro ben poco però il senso di colpa rimane e rimarrà per sempre".
E allora... Vuoi trasgredire? Non farti! Non ne vale proprio la pena.
Per conoscere Giorgia, guarda questa intervista.
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