Poeta e sceneggiatore, oggi ricordato come il “cantore dell’amore assoluto”, è senza dubbio uno dei letterati più apprezzati della letteratura francese. Jacques Prévert si spegneva l’11 aprile del 1977 nel paesino di Omonville-la-Petite, in Normandia, sconfitto da un tumore ai polmoni. I suoi versi tuttavia permangono immortali sotto forma di poesie, filastrocche, canzoni e persino nei dialoghi dei film da lui sceneggiati che oggi ci restituiscono una peculiare forma d’arte.
La poetica di Jacques Prévert
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Si definiva un artigiano delle parole, rifiutando categoricamente il ruolo altisonante di “poeta”. La poesia di Prévert tuttavia non fu mai fine a se stessa: le parole del grande autore francese divennero un potente strumento di critica sociale, promotrici di pacifismo e di ideali libertari. Un artista a tutto tondo che si schierò sempre a favore degli ultimi, degli esclusi e degli emarginati.
Spesso Prévert viene associato esclusivamente alla poesia d’amore, dimenticando l’alto valore sociale della sua poetica. Per l’occasione vogliamo quindi ricordare un suo componimento, forse meno noto, Barbara che è lo struggente racconto di una storia d’amore e, al contempo, uno strenuo atto d’accusa contro la guerra e la distruzione fisica, morale, umana che essa comporta.
La lirica Barbara è contenuta all’interno della raccolta più celebre di Prévert, Paroles, pubblicata proprio nel 1946, nel primo dopoguerra. La prima edizione del volume comprendeva un totale di novantuno poesie ed ebbe un successo di pubblico clamoroso: vendette cinquemila copie in una sola settimana. Nella silloge Prévert affronta svariati temi, vi si può leggere in sottotraccia la denuncia della violenza, della guerra e della politica borghese.
Barbara è uno dei componimenti più toccanti della raccolta. Narra il bombardamento della città bretone di Brest, avvenuto nel 1944, filtrandolo attraverso il ricordo di una ragazza.
Scopriamo testo, analisi e commento della poesia.
“Barbara” di Jacques Prévert: testo
Ricordati Barbara,
Pioveva senza tregua quel giorno su Brest
E tu camminavi sorridente
Raggiante rapita grondante, sotto la pioggia
Ricordati Barbara,
Pioveva senza tregua su Brest
E t’ho incontrata in rue de Siam
E tu sorridevi, e sorridevo anche io
Ricordati Barbara,
Tu che io non conoscevo
Tu che non mi conoscevi
Ricordati, ricordati comunque di quel giorno
Non dimenticare
Un uomo si riparava sotto un portico
E ha gridato il tuo nome
Barbara
E tu sei corsa incontro a lui sotto la pioggia
Grondante rapita raggiante
Gettandoti tra le sue braccia
Ricordati di questo Barbara
E non volermene se ti do del tu
Io do del tu a tutti quelli che amo
Anche se non li ho visti che una sola volta
Io do del tu a tutti quelli che si amano
Anche se non li conosco
Ricordati Barbara, non dimenticare
Questa pioggia buona e felice
Sul tuo viso felice
Su questa città felice
Questa pioggia sul mare, sull’arsenale
Sul battello d’Ouessant
Oh Barbara, che coglionata la guerra
E cosa sei diventata adesso
Sotto questa pioggia di ferro
Di fuoco acciaio e sangue
E lui che ti stringeva fra le braccia
Amorosamente
È forse morto disperso o ancora vivo
Oh Barbara,
Piove senza sosta su Brest
Come pioveva allora
Ma non è più la stessa cosa e tutto è crollato
È una pioggia di lutti terribili e desolata
Non c’è nemmeno più la tempesta
Di ferro d’acciaio e di sangue
Soltanto di nuvole
Che crepano come cani
Come i cani che spariscono
Sul filo dell’acqua a Brest
E vanno a imputridire lontano
Lontano molto lontano da Brest
Dove non vi è più nulla.
Barbara di Jacques Prévert: analisi
La lirica è intrisa del tipo linguaggio orale utilizzato da Prévert: si basa su una struttura di versi variabili, spesso tanto lunghi da rasentare la forma della prosa, scanditi da una dolcissima musicalità.
La scrittura del poeta francese era capace di evocare atmosfere uniche, dai tratti quasi fiabeschi e surreali. Lo dimostrano i primi versi della poesia nei quali Prevért è magistrale nell’evocare, in pochi tratti, quel ponte a Brest battuto dalla pioggia sul quale cammina una donna innamorata, incurante dell’acquazzone che nell’imperversare della bufera sembra soltanto alimentare la sua forsennata felicità.
In una sola strofa il poeta delinea il contrasto tra la cupezza dello scenario, il ponte travolto dal nubifragio, e il volto raggiante della ragazza, che sin dal principio chiama per nome: Barbara.
Prévert utilizza un linguaggio apparentemente semplice, ma mai casuale. La pioggia viene descritta come “buona e felice” e il viso di Barbara è “grondante, rapito, raggiante”. Nei primi versi la pioggia sembra essere la rappresentazione stessa dell’amore che travolge il cuore in un tumulto di tempesta. Nell’originale francese il lessico poi è intessuto di assonanze, allitterazioni, richiami che permettono alle parole di evocare non solo visioni ma persino il battito della pioggia che sembra scandito da quel “Rapelle toi”, ricordati.
L’anafora insistita “Ricordati Barbara” permette al poeta di rivolgersi direttamente con un’esortazione alla ragazza che aveva incontrato a Brest, quel giorno di pioggia, in un tempo felice quando la guerra non era che uno spettro lontano.
Questa pioggia buona e felice.
A partire dal verso 35 la poesia subisce un brusco stravolgimento. Viene fatto riferimento all’“arsenale”, un deposito d’armi. Da questo momento in poi il linguaggio della poesia cambia, diventando a tratti gergale. In francese la guerra viene definita una “connerie”, traducibile in italiano come “coglionata” o “cazzata”. Si apre così la seconda parte della poesia, speculare alla prima, nella quale tuttavia i verbi sono coniugati al presente. La felicità è declinata al passato, al tempo imperfetto. Il presente è quello della guerra e della distruzione, dove la pioggia tuttavia continua a cadere come una costante. Ora però la pioggia viene definita “terribile e desolata”, non è più felice.
Tramite un’audace metafora “pioggia di ferro” Prévert fa riferimento ai bombardamenti e all’artiglieria: la pioggia diventa acciaio e sangue, non cade più dal cielo come una benedizione.
Sotto questa pioggia di ferro/di fuoco acciaio e sangue.
Il poeta quindi introduce il dubbio: chissà se l’uomo che Barbara amava è ancora vivo. Questa frase riflette tutto il senso di impotenza dato dalla guerra alla quale neppure l’amore, il sentimento più bello e nobile, può sopravvivere.
Negli ultimi versi il paesaggio si fa desolato, da quello scenario fiabesco dei primi versi si trasforma in un incubo. La ragazza che correva sotto la pioggia, sul ponte, aspettando il suo amore potrebbe essere una delle tante vittime anonime dei bombardamenti su Brest.
La chiusa della poesia fa riferimento a un altro tempo. La guerra è finita, non restano che rovine. Con termini nitidi e significativi Prévert fa riferimento allo scenario apocalittico che segue i bombardamenti. La parola che chiude la lirica è “nulla”, più forte ancora, più incisiva rispetto a “morte”. Tutto è perduto, sembra dire Jacques Prévert, ma non lo dice: si limita a far riferimento a quel “nulla” che è la conseguenza peggiore della guerra.
Il poeta tuttavia invita Barbara a ricordare il tempo felice, il tempo buono della vita e dell’amore. Nell’ultimo verso si ha la sensazione che stia parlando a un fantasma e che persino Barbara sia svanita in quel nulla, e che il poeta stia cercando di resuscitarla attraverso l’esortazione ripetuta: “Rappelle-toi”. ricordati, che a ben vedere è così diversa da “N’oublie pas”, non dimenticare:
Barbara di Jacques Prévert: commento
Le parole di Jacques Prévert sembrano suscitare una serie di fotogrammi, tra tenebre e luce, che hanno una valenza quasi cinematografica. La storia di Barbara scorre sotto gli occhi del lettore con una velocità disarmante. La vediamo felice, nell’attimo immortale del suo amore, e poi di colpo svanire sotto quella stessa pioggia tramutasi nell’inferno dei bombardamenti.
“Che coglionata la guerra”, si limita a dire Prévert: ma tutta la poesia non è che un atto d’accusa e un ribadire, verso dopo verso, l’atroce inutilità dell’orrore.
“Io do del tutto a tutti quelli che amo”, afferma il poeta a un certo punto del componimento: Barbara sembra essere per lui una sconosciuta, incontrata una volta sola, di sfuggita. In quel verso c’è anche la volontà di Prévert di schierarsi dalla parte delle vittime, degli ultimi, dei dimenticati. Loro sono quelli che Prévert ama: e tra loro c’è anche Barbara, e “tutti coloro che amano” verso che sembra sottendere l’umanità intera.
Barbara è forse soltanto una delle tante vittime della Seconda guerra mondiale, una ragazza come tante, una donna giovane e bella cui è stato rubato il futuro; ma Jacques Prévert in questi versi l’ha resa immortale ritraendola dell’inscalfibile splendore del suo primo amore.
E lei, Barbara, è diventata l’emblema dell’innocenza che è soccombe alla ferocia della guerra. Forse Barbara non è morta, è ancora viva e ha perduto il suo amore, ma quella pioggia “d’acciaio e sangue” l’ha indubbiamente cambiata per sempre.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Barbara”: la poesia contro la guerra di Jacques Prévert
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