State cercando libri in cui la storia è ambientata durante i giorni di Natale? Sappiate allora che tra la vigilia di Natale e Santo Stefano si consuma lo spettacolo teatrale in tre atti di Henrik Ibsen dal titolo “Casa di bambola”. Tradotto da Luigi Capuana, fu interpretato dalla divina Eleonora Duse alla prima milanese del 1891.
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Pochi sanno che la vita del drammaturgo si intreccia con il nostro Paese. Henrik Ibsen (1828-1906), infatti, trasferitosi a Roma nel 1864, tornerà in Norvegia dopo ventisette anni. I motivi sono le difficoltà economiche che lo accompagneranno per tutta la vita e il reiterato rifiuto da parte del governo norvegese di un vitalizio. Lo otterrà con i primi successi dovuti alla lungimiranza di un editore danese. Proprio in Italia, prima a Roma e poi ad Amalfi, Ibsen nel 1879 scrive Casa di bambola che gli regala una fama internazionale. Questo dramma naturalista venne rappresentato a Milano nel 1891, traduzione di Luigi Capuana e interpretazione di Eleonora Duse. Vediamone argomento e temi principali.
Il testo mette in luce le contraddizioni della società borghese di fine Ottocento. Quanto all’emancipazione femminile, la questione rimane aperta.
Casa di bambola: trama e riassunto
Atto I
Il pubblico è accolto in un interno borghese alla vigilia di Natale dove incontra Nora, la padrona di casa. Reduce dallo shopping per le feste, gorgheggia civettuola col marito Torvald. Il discorso verte sul denaro. Il marito rimprovera amabilmente alla moglie la sua prodigalità. Questa si sente legittimata a darsi alla pazza gioia, perché il consorte è stato da poco nominato direttore della Banca di Credito. La coppia sembra piuttosto affiatata. Lui la vezzeggia con appellativi affettuosi: lodola, scoiattolo, “lucherino delizioso e sventato” a sottolineare un atteggiamento paternalistico, indulgente, da finto burbero. Per inciso, il lucherino è una specie di fringuello allegro e canterino simile all’allodola. Torvald si comporta da marito padrone e protettivo: a Nora sta bene così.
Poco dopo l’equilibrio viene incrinato dalla visita inaspettata di Kristine, ricomparsa a distanza di otto anni. Conversando senza ipocrisie salottiere, Nora si offre di aiutarla per farle ottenere il posto da contabile in banca, dacché è rimasta vedova e sola. E, temendo che l’amica d’infanzia continui a considerarla una privilegiata avulsa dalla realtà, si fa bella confessando il segreto che la rende orgogliosa e felice. Il costoso soggiorno in Italia di un anno insieme al marito, dettato da problemi di salute di lui, è stato pagato con una truffa, perché ha falsificato la firma del padre in una cambiale. A seguire l’arrivo dell’impiegato di banca Krogstad aumenta la tensione fino a un serrato faccia a faccia. L’uomo, in un crescendo di aggressività, passa alle minacce. Nora non deve impiegare la sua influenza presso il marito per sistemare Kristine, ma lui, a un passo dal licenziamento per trascorsi poco puliti (il posto di contabile è uno solo). Nora si trova sotto scopa, perché è stato proprio l’impiegato a concederle il prestito, per scoprire dopo la falsificazione della firma, con le aggravanti che:
- il debito, di cui il marito è all’oscuro, non è stato appianato;
- nel frattempo Torvald Helmer è diventato il superiore di Krogstad;
- tra i due non corre buon sangue.
Alla fine del primo atto Nora, confusa, non riesce comunque a contemplare l’idea di avere commesso un illecito. Ha salvato la vita del marito. Anche all’amica, poco prima, si è presentata come salvatrice. Quale tribunale potrà mai accusarla?
Atto II
Nel giorno di Natale, in un ambiente allegramente disordinato, Nora teme un’altra visita di Kronstad, ma riceve quella della vecchia amica. Si perdono in chiacchiere, il giorno dopo l’aspetta un ballo in maschera dove si presenterà vestita da pescatrice napoletana e, a sorpresa, si esibirà in una tarantella. Però, non dimentica di perorare con civetteria la causa di Kronstad di fronte al marito sempre più disorientato che ha già inviato la lettera di licenziamento. Ma c’è un’altra lettera funesta: quella informativa di Kronstad che giace nella cassetta delle lettere di cui solo il marito possiede la chiave. Per evitare lo scandalo, Nora cerca una sponda nel dottor Rank, amico di famiglia, segretamente innamorato di lei. Spera di ottenere un prestito per coprire l’obbligazione. Sfacciata, finta ingenua ed egoista padroneggia l’arma della seduzione, ma il cinismo per andare fino in fondo non ce l’ha. Sul più bello piomba Kronstad a esigere un impiego di prima livello: la tiene in pugno, può alzare la posta.
Alla fine del secondo atto, Nora in uno stato di eccitazione nervosa, che il marito attribuisce all’ansia per l’evento mondano, riesce a impedire al marito di leggere la missiva che la porterebbe alla rovina.
Atto III
È il 26 dicembre. In apertura scopriamo che in passato Kristine e Krostad hanno avuto una relazione andata in fumo. Lui non era un buon partito. Ancora una volta, come in Verga, la logica affettiva stride con quella economica perché il matrimonio è un ‘affare’. Ma ora si riavvicinano come due naufraghi alla deriva. Ognuno ha bisogno dell’altro (o di un altro?). A ridosso del ballo in maschera, Torvald si bea del successo della moglie esibita come un trofeo. La desidera, ma poiché lei si nega, si tappa nello studio a evadere la corrispondenza. Va da sé che il marito si infuria per la leggerezza della moglie, madre snaturata, capace di compromettere la sua rispettabilità sociale.
Siete curiosi di conoscere la fine della storia? In casi come questi le soluzioni variano: riappacificazione o accordo da separati in casa; ripudio e divieto di provvedere all’educazione dei figli; una pausa di riflessione; gesti estremi
quali suicidio o delitto d’onore. Niente di tutto questo. Nora, senza costrizioni, abbandona marito e figli. Avete letto bene. Con una sicurezza nuova comunica al marito – disposto a tutto per trattenerla - di non amarlo più. Ha capito che il coniuge integerrimo e protettivo non è disposto a sacrificare il suo onore per lei accollandosi l’onere del debito contratto. Così il pubblico vede uscire dalla casa che sente estranea una moglie e soprattutto una madre. Uno shock. Pronta per cominciare il viaggio alla scoperta del rispetto di sé e del mondo. Parola di George Bernard Shaw.
Gli elementi della Casa di bambola
- Il denaro è l’asse portante. A Nora non basta mai. Per Kristine è una necessità. Per Kronstad è un’arma di ricatto. Per Torvald una fonte di stabilità emotiva e sociale.
- Il denaro rende visibili le personalità come un mezzo di contrasto. Per esempio Nora non sembra interessata alle sorti di Kristine, quanto piuttosto a sbandierare, cattivella, sicurezza economica e audacia truffaldina, mi sento di aggiungere. La preoccupazione per la salute del marito l’ha spinta a delinquere? Si è trattato della sventatezza di una mente leggera che fa l’eroina? O di un alibi interiore?
Chi è il cattivo nella Casa di bambola?
Il cattivo è il marito, non l’impiegato. Infatti questi, smussato dalla ritrovata serenità con l’amante di un tempo, sembrerebbe intenzionato a recedere dai propositi rivendicati nella lettera a Torvald.
Casa di bambola è un’opera femminista ante litteram?
Nora afferma se stessa o resta una bambina delusa? Secondo alcuni il finale anticiperebbe istanze femministe: Nora lascia marito e figli perché non vuole più essere una moglie - bambina.
Per altri l’allontanamento sarebbe frutto di una delusione: il marito, rifiutandosi di appoggiarla una volta scoperta la verità, abdicherebbe al suo ruolo di marito e padre, in una versione borghese del cavaliere che non corre in soccorso della sua bella. A me quest’ipotesi convince.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Natale nella casa di bambola di Henrik Ibsen: riassunto e analisi
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