La casa di June
- Autore: Miranda Beverly-Whittemore
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Marsilio
- Anno di pubblicazione: 2018
Ancora poco conosciuta da noi, l’autrice americana Miranda Beverly-Whittemore ha pubblicato nel 2016 questo lungo romanzo che ora Marsilio ha portato in libreria con il titolo "La casa di June”, grazie ai traduttori Matteo Curtoni e Maura Parolini che hanno fatto davvero un bel lavoro. La ricostruzione puntuale di due momenti della vita in una città americana vicina a Columbus, Ohio, il 1955, quando si svolge metà del romanzo, e il 2015, scenario vicino a noi, hanno potuto infatti essere palcoscenici davvero realistici di una lunga storia di memorie, segreti, tradimenti, riconoscimenti, lutti, ritrovamenti che hanno caratterizzato la vita di quel che restava di una famiglia composta da due donne, la nonna June e la nipote Cassie, e una amica cara, Lindie. L’intreccio del libro, l’architettura della storia, la comparsa di tanti personaggi costruiti sulla falsariga di persone realmente esistite, i rapporti familiari complessi e intricati, l’amore per persone prematuramente scomparse, la riscoperta di un passato torbido, mai rivelato appieno, colpi di scena che si susseguono rendono questo libro una sorpresa continua, costringendo il lettore a non abbandonarlo fino alle ultimissime pagine, dove si rivela l’impensabile.
La casa ottocentesca, quasi in rovina, malgrado fosse stata costruita con grande dispendio di denaro e di decorazioni, Two Oaks, è ora arrivata nelle mani della bella Cassie, Cassandra Danvers, una fotografa rimasta orfana prestissimo in un incidente in cui i suoi genitori erano rimasti uccisi: era cresciuta con sua nonna June, severa, algida dopo la morte del suo unico adorato figlio. La nonna era morta pochi mesi prima e June si trovava sola nella casa fatiscente, con il tetto sfondato, le bollette e la posta lasciate fuori della porta da un postino che non era mai riuscito ad incontrarla. La solitudine e l’apatia di Cassie vengono bruscamente interrotte da una sorta di ciclone che piomba a Two Oakes: Tate Montgomery, la diva celebrata in tutta l’America, figlia di Jack, un divo del cinema americano degli anni cinquanta, ha saputo che Cassie è l’erede di Jack Montgomery in quanto sua nipote. Da qui il romanzo si sdoppia in due storie diacroniche. Nel 1955, le due giovani amiche June e Lindie, quest’ultima nera e inconsapevolmente lesbica, si trovano a far parte del grande sogno, un film hollywoodiano che verrà girato proprio a Saint Jude, lo sperduto paese dell’Ohio, e avrà per interpreti le due stelle del momento Jack e Diane De Soto, la donna che dopo la fine delle riprese del film diventerà sua moglie.
Non racconto nulla della complicatissima storia d’amore, che lega in modo diverso i vari protagonisti, ma rivelo l’abilità della scrittrice nel tenere saldi in mano i fili del racconto, che si intrecciano senza sbavature fino allo scioglimento finale di tutti i vari rivoli della storia. June, Lindie e Cassie sono personaggi femminili di diverse generazioni, di diversa estrazione, straordinariamente descritti nelle loro caratteristiche, nei loro modi di mangiare, vestire, atteggiarsi, di amare. L’omosessualità femminile negli anni ’50 nella provincia americana più retriva, i rapporti sessuali fuori del matrimonio, la discriminazione dei neri, la corruzione negli affari, la speculazione edilizia, la violenza cieca di chi vuole comunque ottenere i propri scopi sono i temi principali intorno a cui Miranda Beverly-Whittemore ha costruito il suo romanzo. Due pagine di fonti, a cui la scrittrice si è ispirata, ci parlano del mitico cinema americano della metà dei ’50, il sogno di tanti spettatori occidentali che hanno sognato intorno a quei leggendari eroi dello schermo che nella vita privata si rivelavano, invece, mediocri, opportunisti, disonesti, viziati dal successo ma per lo più falliti umanamente.
La casa di June
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