Il 31 marzo 1914 nasceva a Città del Messico Octavio Paz, uno dei maggiori poeti latinoamericani del Novecento, fine saggista e scrittore prolifico.
Fu il primo autore messicano a ricevere il premio Nobel per la Letteratura nel 1990 con la seguente motivazione:
Per una scrittura appassionata, dai larghi orizzonti, caratterizzata da intelligenza sensuale e da integrità umanistica.
Quella di Paz era una poesia esperienziale, fortemente condizionata dalle correnti dell’esistenzialismo e del surrealismo: attraverso le parole l’autore intesseva una riflessione sul destino dell’uomo. La poesia per lo scrittore messicano divenne un mezzo per affinare la conoscenza di sé e, per diretta conseguenza, del mondo intero.
La parola Octavio Paz seppe utilizzarla anche come arma rivoluzionaria, come critica a una società che vedeva sempre più corrotta e smarrita e, infine, come strumento di riflessione politica.
Scopriamo la biografia, la poetica e le opere di questo grande autore.
Octavio Paz: la vita
Octavio Paz nacque a Città del Messico nel 1914, in un mondo in piena rivoluzione che si avviava precipitosamente verso la Grande Guerra.
Nipote dello scrittore Ireneo Paz, Octavio manifestò ben presto un precoce talento letterario. Completò gli studi in filosofia e arti presso l’Università nazionale e si dedicò con passione alla scrittura.
Giovanissimo già pubblicava i suoi primi lavori su prestigiose riviste letterarie. Le sue prime poesie apparvero sulle pagine della rivista Ringhiera
Nella vita di Paz la passione letteraria si rivelò indissociabile da quella politica. Nel 1937 partecipò al Secondo Congresso internazionale degli scrittori antifascisti esprimendo una forte presa di posizione per l’epoca. La società e la politica furono per Octavio Paz sempre inscindibili dall’arte poetica. La sua poesia d’avanguardia si faceva veicolo di istanze sociali e di problemi politici, mettendo in luce una società corrotta che aveva fatto della merce l’unico valore visibile.
Paz non si limitava a scrivere, ma trasformava le sue parole in azioni concrete. Si recò in Yucatan, alla fine degli anni Trenta, con l’intento di creare una scuola per i figli degli operai.
La sua ideologia fu sempre legata al pensiero di sinistra, sebbene in seguito prenderà le distanze dall’estremizzazione del Comunismo. Fu favorevole ai repubblicani durante la Guerra civile spagnola cui dedicò i versi di una sua celebre poesia intitolata Non passare.
Nel 1945 entrò nel servizio diplomatico messicano, posizione che gli consentì un certo agio economico ma anche di dedicarsi alla propria missione politica in modo più approfondito.
Sposò la scrittrice Elena Garro, da cui ebbe una figlia. Insieme alla moglie Octavio Paz intraprese un lungo viaggio per l’Europa che si rivelò fondamentale per la sua carriera intellettuale e per la sua esperienza di vita. In Francia, Paz venne infatti a contatto con i surrealisti e in particolare con lo scrittore André Breton, suo grande amico, che ebbe un ascendente decisivo sulla sua poetica. Negli anni trascorsi a Parigi, Paz si avvicinò al socialismo utopistico e al marxismo.
Grazie alla sua professione viaggiò molto per tutto il corso della sua esistenza: visse a lungo negli Stati Uniti, in Spagna, Francia e persino in India e in Giappone dove conobbe la filosofia orientale che avrebbe influenzato una parte sostanziale dei suoi scritti.
In seguito al massacro avvenuto il 2 ottobre 1968 in piazza delle Tre Culture a Tlatelolco, in Messico, Octavio Paz decise di lasciare il proprio incarico di ambasciatore diplomatico in segno di protesta. Fu fedele alla sua filosofia politica sino alla fine: era un uomo, del resto, che credeva nella fattualità delle parole e concepiva la poesia come una risorsa di lotta sociale. Non esitò a condannare il comunismo quando ne constatò le aberrazioni e le estremizzazioni.
Si dedicò quindi all’insegnamento presso università americane ed europee. Continuò il suo instancabile lavoro di promotore di cultura tenendo lezioni e fondando nuove riviste, come Plural (1971-1976) o Vuelta (1976).
Nel 1990 ottenne la massima onorificenza: il premio Nobel per la letteratura, coronamento di una carriera esemplare già precedentemente riconosciuta con il più alto riconoscimento letterario dell’America Latina, il Premio Cervantes (1981).
Octavio Paz morì il 19 aprile 1998 nella sua città natale, all’alba di un nuovo giorno. Aveva 84 anni, da tempo era malato di tumore. Dopo la sua morte scrisse che il Messico aveva perso il suo maggiore pensatore e poeta.
Lo scrittore peruviano Mario Vargas Llosa, anche lui premio Nobel, disse che Paz aveva saputo esprimere la cultura del proprio tempo trattando con brio gli argomenti più disparati.
Appena un anno prima Paz aveva fatto un’affermazione scherzosa, con la quale negava la falsa notizia della propria morte che aveva iniziato a circolare per sbaglio sulle reti televisive messicane. Mostrandosi quindi in pubblico vivo e vegeto Octavio Paz aveva commentato:
Quella della mia morte è stata una voce terribilmente stupida. Mi dispiace che chi è alacremente impegnato a farmi morire abbia tanta fretta. Non si dovrebbe morire, ma se è proprio necessario, che almeno si muoia al momento giusto e col sorriso sulle labbra.
Ci auguriamo che se ne sia andato così, con il sorriso sulle labbra, anche se - come disse una famosa giornalista e scrittrice - non è giusto morire visto che siamo nati. Una degna eco delle parole di Paz: “Non si dovrebbe morire, ma se è proprio necessario...”
Octavio Paz: le opere
Tutta la poetica di Octavio Paz è stata intessuta da una profonda riflessione sul linguaggio.
Uno dei suoi primi saggi celebri è Il labirinto della solitudine (1950) nel quale Octavio Paz riflette sull’identità e la cultura messicana. La prosa di Paz si articola in una serie di dubbi, interrogativi, riflessioni, nel tentativo di rispondere alla domanda “Cosa vuol dire essere messicani?”. In particolare lo scrittore indaga il senso di non appartenenza che sembra essere intrinsecamente legato alla condizione dei messicani.
Il labirinto della solitudine
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L’opera L’arco e la lira (1956) è un testo saggistico fondamentale che ci permette di comprendere appieno la poetica dello scrittore messicano. Nel saggio si intrecciano elementi che ritornano come interrogativi ossessivi: poesia e lingua, ritmo, consacrazione del momento, dell’oggi, del presente,
Il suo capolavoro è considerato la raccolta Pietra del sole (1957), uno dei più vasti poemi latinoamericani. Per scriverlo Paz si è ispirato alla Piedra de Sol, ovvero la grande pietra circolare, conservata nel Museo Nacional de Antropología di Città del Messico, considerata la rappresentazione del calendario rituale azteco. Nel poema si intrecciano vari motivi lirici. Il tempo dell’amore è quello circolare delle concezioni antiche e l’eros diviene una fusione sensuale tra gli amanti e l’universo intero, dove tutto diventa sacro e si trasfigura, si rinnova e ricomincia daccapo anche dopo la morte.
Pietra del sole
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Bianco (1967) è un lungo poema sperimentale che costituisce un esercizio di poesia spaziale, la cui lettura può essere fatta in modi diversi con particolare interesse verso il registro linguistico.
La raccolta Passato in chiaro (1978) è un itinerario poetico, una ricerca che inizia con la meditazione probabilmente ispirata dal pensiero orientale cui Paz si accostò in quel periodo.
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Tra i suoi ultimi saggi ricordiamo La duplice fiamma (1981) in cui l’autore ripercorre tutta la tradizione occidentale, dai greci fino ai nostri giorni, seguendo le evoluzioni e le metamorfosi dei concetti di amore e di erotismo quali sono stati espressi dalla nostra letteratura confrontandoli con il pensiero orientale.
Nella conclusione del saggio Octavio Paz afferma:
Una delle funzioni della letteratura è quella di rappresentare le passioni; la presenza costante del tema amoroso nella nostra storia letteraria dimostra che l’amore è sempre stato una passione centrale in Occidente.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Chi era Octavio Paz: vita e opere del primo poeta messicano premio Nobel
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