La confraternita degli storici curiosi
- Autore: Jodi Taylor
- Genere: Fantascienza
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Corbaccio
- Anno di pubblicazione: 2020
Humour inglese e fantascienza: si viaggia nel tempo nelle cronache del Saint Mary’s, ma non chiedete a Jody Taylor di spiegare com’è possibile. Si va e si viene, con l’impegno assoluto di non interferire negli eventi, dei quali si può essere solo spettatori. La confraternita degli storici curiosi (Corbaccio, 2020, traduzione di E. De Medio) è il primo titolo della saga del bizzarro Istituto di ricerche storiche portato agli onori narrativi da una delle scrittrici britanniche più spiritose di tutti i tempi.
"Mi sono inventata tutto, storici, fisici, vi prego non sputatemi addosso per strada".
È così che si presenta Jody, in una dedica perfino più strampalata del libro che ha scritto (da non perdere). Nella breve biografia riprodotta nel risvolto di copertina dell’edizione Corbaccio, si aggiunge ch’è sempre stata una fanatica di storia. Fin qui niente di strano. Nata a Bristol e cresciuta a Gloucester (cose che entrambe le città negano risolutamente), ha trascorso molti anni con la testa altrove, con grande dispiacere della famiglia, degli insegnanti e dei datori di lavoro, prima di decidere di mettere a frutto quello che sa fare meglio: sognare a occhi aperti. Ha preso perciò una penna e si è messa a scrivere. Confessa di non avere ancora idea di cosa vorrà fare da grande.
La confraternita degli storici curiosi è il suo romanzo d’esordio, un mix di storia, avventura, commedia, romance, tragedia e qualunque altra cosa possa venire in mente. Stranamente, è diventato un bestseller internazionale.
Dopo questa pubblicazione (avvenuta, in Inghilterra, nel 2013), Jody ha collezionato numerosi altri titoli, serie e romanzi di genere: storici, avventurosi, romantici. Questo dimostra la versatilità di un’autrice infaticabile, che gioca spiritosamente a proporsi meno capace e matura di quanto non sia nella realtà.
Per una curiosa ma probabilmente giustificata suggestione, sembra di poterla identificare con la protagonista, in realtà una dei tanti, di questo romanzo: la giovane storica Madeleine Maxwell (Max), io narrante delle divertenti e imprevedibili vicende. Non ancora trentenne, piccola di statura, capelli rossi, attraente, impaziente, spesso autocritica, con un passato chiaro e un futuro incerto, Madeleine è indirizzata verso l’Istituto di ricerche storiche Saint Mary dalla ex preside, prendendo come opportunità di lavoro dopo la laurea i viaggi e le esperienze in campo archeologico.
L’organizzazione sembra fatta su misura per lei, che ama una vita poco strutturata e si concentra sul lato pratico della ricerca storica.
Paga pessima, condizioni ancora peggiori, ma si annuncia un ambiente di lavoro stimolante, con colleghi capaci e… un incredibile caos! Un edificio medievale, un grande salone, scale, ballatoi e tutto intorno tante stanze. C’è da perdere la testa per Madeleine che vi entra per un colloquio e riesce a smarrirsi in un bicchiere d’acqua trasparente. In giro, persone indaffarate, impegnate a spostare abiti d’epoca e costumi in vari stati di ultimazione: sembra una sartoria teatrale più che un’Accademia di ricercatori. Le presentano il capo del Dipartimento ricerca e sviluppo (di un Istituto storico?), un tipo strambo, il professor Rapson, il classico scienziato stravagante. Le parla di fuoco greco, di bighe, di imbalsamazioni egizie.
Di gente ne conosce tanta, tutti si dimostrano amichevoli con lei, ma sembrano anche un po’ svitati. Il colloquio, lo sostiene col direttore Bairstow e la sua assistente, l’elegante e austera signora Partridge. Madeleine ha un ottimo biglietto da visita: il suo amore professionale per la storia antica. Per loro va bene che Max abbia deciso di guardare al passato invece di rivolgersi avanti.
Cosa giustifichi il trambusto generale in un’istituzione di “pensatori” viene chiarito nella proposta che le fanno. Le piacerebbe essere testimone degli eventi storici nel momento in cui si svolgono? E seguire dal vivo l’eroica resistenza dei 300 di Leonida alle Termopili? Salire sulle mura di Ilio durante la guerra di Troia o assistere alla battaglia di Azincourt, al sicuro dalle frecce degli arcieri di Enrico, ma calcando il campo al Pas de Calais?
Si tratta esclusivamente di osservare e documentare, ogni interazione non è solo vietata, ma sarebbe anche altamente rischiosa. La storia è come un organismo vivente, si dota di meccanismi di difesa, non permette a nessuno di alterare un evento già accaduto. Provvederebbe a eliminare la minaccia senza esitazione, come si fa con un virus.
Si viaggia avanti e indietro con una capsula. Solo due incidenti, cinque storici in tutto, perduti nella Gerusalemme del XII secolo durante le crociate e nell’antica Britannia invasa dai Romani.
La risposta di Max? Un grande sì. Viene subito affidata al capo reparto tecnico, il competente e taciturno Farrel, assistito dal dott. Dieter, un giovane con un gran fisico.
In quella Babele che è l’Istituto Saint Mary ci sono storici, tecnici, costumisti, addetti alle cucine, una talvolta esplosiva sezione ricerca, un ufficio informatico, un reparto di sicurezza, un’infermeria.
Ma c’è da seguire un corso, prima di cacciarsi in qualche avventura eccitante, da testimone distaccata. Dieci partecipanti, la media dei promossi non supera il 50%, abbigliamento: informi tute grigie. Il discorso del direttore Bairstow è da brividi e non piacevole: solo i migliori passeranno l’addestramento, ci si può ritirare quando si vuole, a condizione di non rivelare niente, perché è bene che la gente fuori continui a vederli come una simpatica combriccola di studiosi eccentrici, che non fanno del male a nessuno, solo a se stessi.
La confraternita degli storici curiosi
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