Gli dei e gli eroi della Grecia di Károly Kerényi

Sei un mito, cantavano gli 883. Già, ma che cos’è il mito?
Il mito è una storia: non una storia qualsiasi, bensì il racconto delle origini e dei misteri del mondo nel quale si muovono, e spesso si agitano, dei e uomini.
Ci sono gli eroi che assurgono quasi a divinità. Ma ci sono soprattutto dei, spesso più simili ai comuni mortali, con i loro vizi, le loro fragilità e le loro meschinità. Sì, perché Zeus, Atena, Demetra, Ermes, Ares, Giasone - soltanto per citarne alcuni - provano anch’essi amore, gelosia, invidia, rancore, ira, pietà: insomma, gli stessi sentimenti che proviamo tutti noi nella vita.

Károly Kerényi, scomparso nel 1973, è stato un importante filologo e studioso del mito, e questo suo saggio è un grandioso e quasi sterminato affresco fatto di divinità, di eroi, di imprese avventurose che accompagnano il lettore in una dimensione fantastica, quasi onirica, al di là di ogni contesto spazio/tempo.
Se Zeus, oltre a scagliare saette a destra e a manca quando ce l’ha storta, è un dio che semina figli qua e là, Prometeo paga a caro prezzo l’aver donato il fuoco agli uomini. Se Crono divora i propri figli, Medea non esita a fare a pezzi il fratello Apsirto. Se Eracle di fatiche ne deve affrontare ben dodici, Orfeo, grazie al suo canto melodioso, sconfigge persino le seducenti Sirene in una epica gara all’ultima nota.
E se dalla spuma del mare nasce la bellissima Afrodite, ecco le fastidiose Arpie sempre pronte a creare scompiglio.

Il saggio di Károly Kerényi è corposo, abbondante di descrizioni, denso di racconti - con il raffronto anche delle differenti versioni - che si susseguono uno dietro l’altro in un caleidoscopio di fatti e misfatti avvincenti, di amori e tradimenti, di lotte e vendette, di morti e resurrezioni. Il filo del racconto non è sempre facile da seguire: talmente tanti sono i nomi dei protagonisti, così come le situazioni intricate fra loro, che alla fine il rischio è quello di perdersi nel corso della lettura, un po’ come entrando nel labirinto del Minotauro. Del resto, i capitoli risultano essere piuttosto lunghi e sviluppati senza soluzione di continuità. Diciamo di trovarci davanti a un vero e proprio tomo di oltre seicento pagine - ne occupano una quarantina soltanto le fonti - in cui si fa sul serio. Il mito, infatti, è studiato, argomentato, spiegato con impegno e accuratezza, all’insegna comunque di uno stile coivolgente, di grande fascino, che lascia ampio spazio all’immaginazione. Con Károly Kerényi la leggenda degli inizi della civiltà diviene poema, sogno, favola universale da gustare fino in fondo: un vero capolavoro della storia dell’antichità.