Il Conte Gennaro Marulli (1808-1880), figlio del generale Trojano e fratello del poeta e commediografo Giacomo (1822-1883), fu un militare e storico napoletano. Seguendo le orme del padre, divenne anch’egli generale e fu sempre fedele alla monarchia borbonica, ma alle mansioni di ufficiale affiancò anche l’attività di scrittore, mostrandosi talentuoso e pubblicando opere imponenti.
Il 27 maggio 1860 cercò di difendere Palermo dall’avanzata dei garibaldini, ma rimase ferito e venne allontanato dalla battaglia. Ancora non completamente ristabilito, decise di riprendere le armi, il 6 settembre raggiunse Capua e partecipò alla battaglia del Volturno (26 settembre-2 ottobre 1860). Concluse la sua carriera militare come governatore della fortezza di Gaeta, durante l’assedio che si protrasse dal 5 novembre 1860 al 13 febbraio 1861. Dopo la resa fu fatto prigioniero e trasferito a Genova; terminato il periodo di reclusione tornò a casa, si allontanò dalla vita pubblica e – mostrando grande dignità – rifiutò ogni impiego presso il nuovo governo. Il suo passato di devoto servitore della corona e le sue convinzioni politiche gli valsero anche un’aggressione, ma riuscì a difendersi e scampò all’attacco degli attentatori.
Suo figlio Trojano assorbì gli ideali lealisti della famiglia, si arruolò con i carlisti e morì a Igualada, in Spagna, nel 1874.
Quando il Regno delle Due Sicilie ancora esisteva, nel 1852, Marulli consegnò ai posteri un opuscolo dal titolo Gli errori del XVIII secolo,
«dedicato a tutti coloro che han serbato, come sacra tradizione, la religione, la proprietà, la famiglia, l’autorità, l’ordine, la libertà regolare, sante cose, purtroppo a questi tempi minacciate».
Nel 2020 il testo è stato ripubblicato dall’editore D’Amico con un nuovo titolo, Gli errori dell’Illuminismo , che sicuramente informa in maniera più diretta il lettore contemporaneo sul contenuto dell’opera.
Il saggio inizia mettendo in risalto l’azione nefasta della «cattiva letteratura» che dietro la pretesa di istruire il pubblico nasconde l’obiettivo di corromperlo e di avvicinarlo a ideali sovversivi, questo genere di inganni colpisce soprattutto i giovani, portandoli sulla cattiva strada.
«Mondo vecchio sempre nuovo» scrisse Riccardo Bacchelli (1891-1985) in quel libro grande e troppo spesso dimenticato che è Il mulino del Po e Gennaro Marulli sostenne che gli insidiosi scritti dei filosofi del suo tempo non fossero che plagi delle opere più perverse del passato, aggiornate e ricondotte ai nuovi principii.
Il maggiore ostacolo alla depravazione è la religione cristiana e per questo i libertini la disprezzano, vedendosi costretti a far avanzare i loro progetti solo in maniera progressiva: inizialmente le loro empie dottrine trovarono ascolto esclusivamente presso le società segrete,
«ma rendendosi necessaria una maggiore pubblicità, perché [la loro filosofia] potesse propagarsi tra tutte le classi, ad oggetto di operare la rigenerazione del genere umano, come essi dicevano, [la setta] diede principio a parlare della libertà di stampa».
Fu così che i sostenitori della nuova dottrina iniziarono a offendere la Religione e idearono i cliché anticristiani che oggi tutti conoscono:
«I Tribunali che punivano i sacrilegi erano disegnati come Assemblee avide del sangue umano. La morale non fu più che una barriera insopportabile voluta opporsi da uomini atrabiliari [= malinconici] alle più dolci inclinazioni della natura. La religione fu rappresentata come un’arma terribile inventata dal terrore e saputa impiegare dall’orgoglio e dalla cupidigia».
In effetti queste tesi sono le stesse che utilizzano anche certi romanzieri ed opinionisti irreligiosi del nostro tempo, tristi epigoni dei vecchi filosofi atei. I progressisti di oggi, che continuano a usare l’aggettivo medievale con un’accezione dispregiativa, non sono altro che scimmie dei libertini del passato e proseguono un progetto già pensato da altri.
Lo scrittore napoletano critica poi la concezione illuminista dell’uguaglianza, mostrando come ogni individuo si distingua degli altri per inclinazioni, gusti personali e caratteristiche fisiche:
«Esaminando primieramente l’ordine stabilito dalla natura nella specie umana, non si scoprono che diseguaglianze, di cui alcune sono individuali ed altre relative: nascono degli uomini ben costituiti, altri deformi; taluni forti, tal altri deboli; fin dalla tenera loro infanzia gli uni si manifestano dotati di memoria e di retto giudizio, altri che hanno lo spirito falso; alcuni con delle attitudini per le scienze e per le arti, ed altri non suscettibili di alcuna istruzione; che negli uni gli organi dei sensi sono nella loro perfezione, ed in altri alterati e talvolta inutili».
Secondo questo pensatore legittimista la sovranità non può che essere di origine divina, e così era anche prima della nascita di Cristo:
«questa [la sovranità] viene da Dio, com’è evidente da tutta la Storia sacra, profana, mitologica e conservata nei monumenti e nella memoria degli uomini da per tutto».
Marulli non fu un uomo fanaticamente ancorato al passato (ossia un passatista), bensì un reazionario che nel passato sapeva individuare i germi degli errori successivi: le sue speranze per una riconquista cristiana sono sintetizzate nella frase
«Il passato è irrimediabile; l’antidoto sta nel guardare l’avvenire».
Questa nuova edizione de Gli errori del XVIII secolo farà conoscere ai lettori italiani la figura di un pensatore tradizionalista, il cui profilo potrebbe trovare posto accanto a quello dei più celebri Joseph de Maistre (1753-1821) e Juan Donoso Cortés (1809-1853).
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Gli errori dell’Illuminismo
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