Nella vasta narrazione per l’infanzia delle Filastrocche in cielo e in terra (Einaudi, 1972) Gianni Rodari, scrittore e pedagogista, non manca di illustrare ai bambini il significato della parola “lavoro”.
Ancora una volta l’autore si serve di parole semplici e rigorosamente in rima per spiegare un concetto complesso. Rodari parla ai bambini adottando il loro stesso linguaggio, quindi con termini apparentemente elementari che tuttavia dischiudono una vastità di significati e interpretazioni infinite.
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In particolare nelle due filastrocche Gli odori dei mestieri e I colori dei mestieri Gianni Rodari racconta il senso del lavoro servendosi della concretezza di ciò che viene percepito attraverso i sensi: tramite l’udito nel primo caso, attraverso la vista nel secondo. Nel suo procedimento sinestetico l’autore riesce così a rendere tangibile il valore dell’attività lavorativa e, al contempo, a conferire la giusta dignità a ogni mestiere.
Nei suoi versi il maestro elementare si sofferma in particolar modo sulle professioni più umili che circonfonde di un’aura quasi eroica: i contadini, gli operai, il fornaio, sono tutti piccoli operatori del quotidiano che contribuiscono, tramite il loro duro lavoro quotidiano, al mantenimento e al progresso della società.
C’è solo un “mestiere” secondo Gianni Rodari che non ha odore né colore che ci si deve guardare bene dall’adottare. E in esso è racchiusa la morale della sua poesia.
Vediamo ora di quale si tratta leggendo le due filastrocche di Rodari dedicate al lavoro, perfette da leggere in occasione del 1° maggio.
Gli odori dei mestieri di Gianni Rodari: testo
Io so gli odori dei mestieri:
di noce moscata sanno i droghieri,
sa d’olio la tuta dell’operaio,
di farina il fornaio,
sanno di terra i contadini,
di vernice gli imbianchini,
sul camice bianco del dottore
di medicine c’e’ un buon odore.
I fannulloni, strano però
non sanno di nulla e puzzano un po’.
I colori dei mestieri di Gianni Rodari: testo
Io so i colori dei mestieri:
sono bianchi i panettieri,
s’alzano prima degli uccelli
e han la farina nei capelli;
sono neri gli spazzacamini,
di sette colori son gli imbianchini;
gli operai dell’officina
hanno una bella tuta azzurrina,
hanno la mani sporche di grasso:
i fannulloni vanno a spasso,
non si sporcano nemmeno un dito,
ma il loro mestiere non è pulito.
Il significato del lavoro secondo Gianni Rodari
Nelle sue vivaci filastrocche, che appaiono variopinte come i pennelli di un pittore e profumate come un bouquet di fiori, Rodari veicola un messaggio importante insegnando ai bambini il valore del lavoro come un’attività che completa e qualifica l’essere umano. Nei versi l’autore dà valore a tutti i mestieri senza distinzione di sorta, perché ogni attività professionale ha la sua specifica funzione e una propria dignità.
L’unico individuo che Rodari apertamente squalifica è “il fannullone”, ovvero il perdigiorno, colui che gira con le mani in tasca e trascorre il proprio tempo a bighellonare senza scopo. A lui il poeta toglie ogni colore e ogni profumo, rendendolo un essere asettico, bianco e spoglio, che ispira ribrezzo nella sua inconsistenza.
Entrambe le filastrocche sul lavoro dunque confluiscono in un’unica morale: un invito a essere operosi, attivi, artefici e costruttori della propria vita. Rodari insegna ai bambini che il lavoro, per quanto faticoso, è una parte importante - se non essenziale - della vita di un uomo: è proprio il mestiere infatti a definire l’odore e il colore della persona, donando quindi a ciascuno un ruolo preciso e definito nella grande ruota dell’esistenza. I versi in rima di Rodari sembrano inoltre contenere un’implicita domanda: e voi quale colore vorreste avere nella vostra vita? Quale odore?
In nuce la leggerezza di Rodari cela, come di consueto, un interrogativo ben più profondo: quale scopo?
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Gli odori e i colori dei mestieri”: il lavoro spiegato da Gianni Rodari
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