Forse non tutti sanno che James Joyce, celebrato autore dell’Ulisse, scrisse anche una divertente fiaba per bambini dal titolo I gatti di Copenhagen, pubblicata postuma il 10 febbraio 2012, settant’anni dopo la morte dello scrittore irlandese.
La storia fu scoperta per caso in seguito a un’accurata analisi della corrispondenza di Joyce in cui furono rivenute le lettere scritte dall’autore al nipotino Stephen. In seguito la fiaba The Cats di Copenhagen fu pubblicata dalla piccola casa editrice irlandese Ithys Press, che la mise in vendita con un’edizione a tiratura limitata di 200 esemplari illustrati.
In Italia il libro fu pubblicato nel mese di settembre dello stesso anno dalla casa editrice Giunti nella collana Le strenne con la traduzione di Anna Sarfatti e le illustrazioni di Casey Sorrow.
Il racconto de I gatti di Copenhagen era contenuto in una lettera che Joyce scrisse al nipote, che all’epoca aveva solo quattro anni, il 5 settembre 1936. L’opera faceva parte di una serie di manoscritti di Joyce donati nel 2005 alla Fondazione di Zurigo dalla seconda moglie di Giorgio Joyce, figlio del romanziere e padre di Stephen.
La pubblicazione de I gatti di Copenhagen fu criticata dalla Fondazione James Joyce che affermò di non averne autorizzato la pubblicazione. La casa editrice tuttavia ribatté che l’operazione era legale e valida, e che l’intento finale non fosse una pura strategia commerciale ma offrire un tributo fuori dagli schemi all’autore dell’Ulisse.
Ma di cosa parla la fiaba per bambini scritta da James Joyce? Scopriamo la storia de I gatti di Copenhagen.
I gatti di Copenhagen di James Joyce
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La fiaba I gatti di Copenhagen fu scritta da James Joyce nel 1936, ma solo recentemente è stata scoperta e pubblicata per la prima volta, a Dublino, il 10 febbraio 2012.
La storia era contenuta in una lettera indirizzata al nipote del romanziere irlandese, Stephen James Joyce, all’epoca un bimbo di quattro anni che viveva in Francia.
L’ispirazione arrivò all’autore dopo una vacanza nella capitale della Danimarca compiuta in quel periodo. James Joyce aveva all’attivo anche un altro racconto per bambini, The Cat and the Devil (Il gatto e il diavolo, Ndr), sempre composto per il nipotino Stephen, di cui questo può definirsi un gemello. I gatti erano un personaggio comune nell’immaginario che Joyce condivideva con il piccolo Stephen: infatti curiosamente un tema che ritorna in entrambi i racconti sono proprio i felini e la necessità di avere un aiuto nel difficile attraversamento della strada.
Il racconto dai toni fiabeschi The Cats di Copenhagen è ambientato in una Copenhagen dove nulla è come sembra e dietro il racconto di gatti surreali si possono leggere, a giudizio della casa editrice Ithys Press, anche:
Forti elementi di anti-autoritarismo, se non addirittura di anarchia.
La fiaba appare come uno scherzo giocoso e pieno di humor che il grande autore irlandese scrisse per divertire il nipotino Stephen.
La fiaba di James Joyce inizia con il seguente incipit:
Ahimé! Non ti posso inviare un gatto a Copenhagen perché a Copenhagen ci sono tanti, tanti pesci e tante biciclette, ma nessun gatto.
Joyce prosegue raccontando al nipote di cos’altro è ricca Copenhagen: non di poliziotti, poiché passano la giornata a poltrire, ma di giovani postini che viaggiano a bordo di biciclette rosse. I postini, continua l’autore, trasportano le lettere delle vecchie signore di Copenhagen che chiedono aiuto ai poliziotti per attraversare la strada, ma questi ultimi ignorano le loro richieste.
Quindi l’autore conclude:
Quando tornerò a Copenhagen porterò un gatto con me e mostrerò ai danesi come si attraversa la strada senza chiedere aiuto a un poliziotto.
In questo finale è stata scorta da alcuni critici l’espressione di un ideale anarchico di cui i gatti sembrano essere metafora. Si dice che lo scrittore irlandese con I gatti di Copenhagen volesse dare un’importante lezione di libertà. Del resto, i gatti non sono gli animali solitari e indipendenti per definizione?
Più probabile, comunque, che Joyce intendesse comporre un semplice raccontino umoristico per il nipote, un divertissement di scrittura fine a se stesso, senza celare nelle parole alcun significato occulto. I felini erano, in fondo, parte di un gioco condiviso tra lo scrittore e il nipotino.
Ma ogni lettore, grande o piccino, è libero di interpretare questo racconto a suo piacimento.
La fiaba I gatti di Copenhagen contiene anche una strofa della poesia Ecce puer, scritta da Joyce in occasione della nascita di Stephen, il 15 febbraio del 1932. Il testo integrale è contenuto nella raccolta Poesie di James Joyce pubblicata da Mondadori nel 1961.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “I gatti di Copenhagen”, la fiaba che James Joyce scrisse per il nipote
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