In occasione delle Idi di Marzo, che ricorrono secondo la tradizione oggi 15 marzo, ricordiamo l’omonimo componimento del poeta greco Costantino Kavafis contenuto nella raccolta Poesie d’amore e della memoria.
Costantino Kavafis nel corso della sua vita pubblicò in totale 154 poesie, spesso ispirate all’antichità ellenistica, romana e bizantina di cui fu grande studioso. Molte altre poesie, non comprese nel canone, furono riscoperte e pubblicate solo dopo la sua morte avvenuta nel 1933. Oggi è considerato uno dei maggiori poeti greci.
Kavafis tramite le sue poesie indaga la storia di Roma e dell’antica Grecia attraverso l’ethos dei suoi principali protagonisti. È esattamente quanto accade con Idi di Marzo, la poesia dedicata al tragico evento della morte di Giulio Cesare.
Scopriamo testo e analisi della poesia.
Idi di Marzo di Costantino Kavafis: testo
Le grandezze paventa,
anima. Le ambizioni, se vincerle non puoi,
secondale, ma sempre cautelosa, esitante.
Quanto più in alto sali,
tanto più scruta, e bada.
E quando all’acme sarai giunto, ormai,
Cesare, quando prenderai figura
d’uomo così famoso, allora bada,
quando cospicuo incedi per via col tuo corteggio:
se mai, di tra la massa, ti s’accosti
un qualche Artemidoro, con uno scritto in mano,
e dica in fretta: «Lèggi questo súbito,
è cosa d’importanza, e ti riguarda»,
allora non mancare di fermarti, non mancare
di differire colloqui e lavori,
di rimuovere i tanti che al saluto
si prostrano (più tardi li vedrai).
Anche il Senato aspetti. E lèggi súbito
il grave scritto che ti reca Artemidoro.
Idi di Marzo di Costantino Kavafis: analisi e commento
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Idi di Marzo fa parte delle poesie storiche e filosofiche di Costantino Kavafis, che si propongono di mettere in risalto gli aspetti meno noti della personalità dei protagonisti della Storia mondiale.
Nel componimento, come in tutta la produzione del poeta greco, emerge la percezione inconfondibilmente tragica e classica del destino umano che è propria di Kavafis. L’inquietudine umana è una delle tematiche che ricorrono più spesso nelle liriche del poeta, che descrive il tentativo dell’uomo di sfidare la sorte ineluttabile prescritta dagli Dei.
Al centro della poesia di Costantino Kavafis vi è l’uomo, nella sua lotta terrena contro la condanna inevitabile della morte, che tuttavia lo coglie di sorpresa come un destino. È proprio in questa battaglia ambigua e disperante che Kavafis declina l’eroismo dei suoi protagonisti.
È il caso di Giulio Cesare, protagonista della lirica Idi di Marzo, che è qui ritratto proprio nel momento che precede la sua morte. La poesia si configura come un avvertimento.
Lo si può evincere fin dai primi versi:
Quanto più in alto sali,
tanto più scruta, e bada.
La parola “bada” viene ripetuta più volte nel corso del componimento, con l’intento di porre Cesare in stato di allerta. Nelle prime righe Kavafis sembra ammonire Cesare - ma in generale tutti gli uomini - ad essere cauti una volta giunti al vertice della fama, quando tutte le più alte ambizioni sono esaudite.
La poesia si basa sulla struttura di un climax ascendente spesso sottolineato dalla ripetizione di alcuni termini come “non mancare di fermarti/non mancare” che sembrano accelerare l’andamento del testo.
Kavafis sembra voler salvare Giulio Cesare dalla sua sorte ineluttabile e, come l’indovino della leggenda, sussurra nelle sue orecchie il presagio della congiura. Il poeta lo incalza con un avvertimento finale: “Leggi subito
il grave scritto che ti reca Artemidoro”, leggi immediatamente il messaggio che ti porta Artemidoro.
Secondo quanto riportano le fonti storiche, infatti, Artemidoro era un insegnante di filosofia della cerchia di Marco Giunio Bruto e quel giorno tentò in extremis di avvertire Cesare della congiura lasciandogli un messaggio. Giulio Cesare tuttavia non riuscì a leggere il biglietto, poiché ogni volta veniva distolto da un’urgenza o da un colloquio. La leggenda narra che Cesare entrò in Senato stringendo il messaggio datogli da Artemidoro ancora in mano.
Nella poesia Idi di marzo, Costantino Kavafis riprende questo antefatto e confonde i confini, già labili, tra realtà e leggenda. Il poeta greco sfida il destino storico, l’ineluttabilità della morte di Cesare per mano dei senatori, immaginando di fermare il generale un attimo prima del suo ingresso in Senato.
“Che il Senato aspetti”, scrive categorico Kavafis. La poesia si chiude quasi come una supplica, in cui di nuovo si chiede a Giulio Cesare di leggere il messaggio.
Attraverso una lirica il poeta greco si propone l’intento di riscrivere la Storia, sventando il Cesaricidio e donando quindi un nuovo epilogo all’evento cruciale della Storia Romana.
Il poeta francese Dominique Grandmont scrisse in un’edizione critica che la poesia di Kavafis era un’“Iliade dei dimenticati”. Il poeta greco riscrive quindi la storia prendendo in esame gli eventi determinanti, ma anche quelli occulti, dimenticati che riguardano i protagonisti minori.
Nelle Idi di Marzo di Costantino Kavafis Giulio Cesare è salvo, un incauto avvertimento gli risparmia, in extremis, un infausto destino. Ma sarà davvero così? Oppure nella chiusa della poesia Kavafis immaginava comunque Cesare come travolto da un destino ineluttabile, già scritto?
Potremmo leggere il componimento in due modi: come l’avvertimento che salva Cesare dalla congiura o, in caso contrario, come la descrizione in chiave poetica dell’antefatto che precede la morte di uno dei maggiori protagonisti della storia antica.
Recensione del libro
Poesie
di Costantino Kavafis
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Idi di Marzo: la poesia di Costantino Kavafis sull’ineluttabilità del destino
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