Durante il tradizionale concerto del Primo Maggio in piazza San Giovanni a Roma il cantante Luca Barbarossa, accompagnato dalla band Gli Extraliscio, ha lanciato un forte messaggio contro la guerra.
Barbarossa davanti a una folla in visibilio ha dichiarato:
Forse stasera canto la canzone più antica su questo palco.
per poi aggiungere un appello significativo:
Non è mai troppo tardi per far sentire la propria voce nel mondo.
Sulla scia di queste parole ha intonato Il disertore, un canzone scritta dal poeta e scrittore francese Boris Vian nel 1954. Il brano, in passato cantato in molte marce e manifestazioni per la pace, oggi assume un significato ancora più attuale e urgente di fronte agli sviluppi del conflitto in Ucraina.
Sul palco del “concertone” Luca Barbarossa ha parlato di una “pace possibile” mettendola in musica e facendola risuonare in tutte le menti e in tutti i cuori. Perché la pace si produce solo attraverso la ribellione delle coscienze, le decisioni singole, individuali che se moltiplicate assumono un significato inedito, diventano inarrestabili e fanno dunque la Storia.
Quello di Barbarossa è stato un grande omaggio al cantautorato internazionale - e non solo - anche la prova che la musica può levarsi come un linguaggio universale che non conosce barriere linguistiche né confini di sorta, ma parla all’umanità intera con le sillabe del cuore, proprio come la pace.
Scopriamo testo e analisi de Il disertore, la canzone cantata da Luca Barbarossa al concerto del Primo Maggio.
Il disertore: testo
In piena facoltà
Egregio presidente
Le scrivo la presente
Che spero leggeràLa cartolina qui
Mi dice terra terra
Di andare a far la guerra
Quest’altro lunedìMa io non sono qui
Egregio presidente
Per ammazzar la gente
Più o meno come meIo non ce l’ho con lei
Sia detto per inciso
Ma sento che ho deciso
E che diserterò.Ho avuto solo guai
Da quando sono nato
I figli che ho allevato
Han pianto insieme a me.Mia mamma e mio papà
Ormai son sotto terra
E a loro della guerra
Non gliene fregheràQuand’ero in prigionia
Qualcuno mi ha rubato
Mia moglie e il mio passato
La mia migliore etàDomani mi alzerò
E chiuderò la porta
Sulla stagione morta
E mi incamminerò.Vivrò di carità
Sulle strade di Spagna
Di Francia e di Bretagna
E a tutti grideròDi non partire più
E di non obbedire
Per andare a morire
Per non importa chi.Per cui se servirà
Del sangue ad ogni costo
Andate a dare il vostro
Se vi divertiràE dica pure ai suoi
Se vengono a cercarmi
Che possono spararmi
Io armi non ne ho.
Il disertore: analisi
Il disertore (Le Déserteur, Ndr) è una poesia in musica composta dal poeta e drammaturgo francese Boris Vian nel 1954, in seguito alla disfatta delle truppe francesi in Vietnam. Il testo è strutturato in dodici strofe di quattro versi legati tra loro in rime baciate.
La controffensiva francese in Indocina si risolse il 7 maggio 1954 nella sconfitta di Dien Bien Phu e il 21 luglio successivo furono firmati a Ginevra gli accordi per la pace che riconobbero l’indipendenza del Vietnam. La disfatta tuttavia non impedì alla Francia di proseguire le proprie guerre coloniali. Ritirate le truppe dal Vietnam iniziò il conflitto in Algeria che chiamò alle armi tutti i francesi in una mobilitazione generale.
La poesia in musica di Boris Vian voleva essere un grido di protesta contro quella “sporca guerra” che si macchiò di violenze indicibili. Il titolo emblematico Il disertore rifletteva un sentimento condiviso da tutto il popolo francese: la necessità di fermare la brutalità della guerra e combattere per la pace. L’unico modo per ottenere la pace, ribadisce Vian nel suo testo, è scegliere la strada della ribellione individuale, ovvero disertare.
Il testo si configura infatti come una lettera indirizzata al Presidente francese da parte di un anonimo cittadino che ha ricevuto la convocazione al fronte. L’uomo spiega all’“Egregio Presidente” i motivi per i quali ha deciso di disertare e invita gli altri “cittadini” francesi a fare altrettanto per lasciare al popolo algerino il diritto di abitare in pace la propria terra.
L’appello individuale a un certo punto si trasforma in universale e diventa un canto collettivo, un grido di protesta, un monito a favore della pace:
E a tutti griderò
Di non partire più
E di non obbedire
Per andare a morire
Per non importa chi.
Nella conclusione il messaggio diventa ancora più radicale nell’espressione pacifista: “Io armi non ne ho”. La protesta si trasforma quindi in una sfida, il disertore rivendica il proprio diritto a non obbedire e afferma che l’esercito, se vorrà prenderlo con la forza, lo troverà disarmato. È pronto a morire pur di difendere la propria causa: attraverso quell’espressione “io armi non ne ho” rivendica il fatto di essere un uomo e non un soldato.
Il brano rivela tutta l’assurdità di una guerra ingiusta e sporca, ribadendo la necessità di essere umani. Proprio nell’umanità e nel suo anelito vitale all’amore risiede infatti il contrario della guerra. Se tutti fossimo “disertori” il mondo sarebbe un posto migliore.
Il disertore: commento
Il disertore fu spesso censurato a livello internazionale. Fu portato alla fama dalla cantautrice e attivista Joan Baez, “l’usignolo di Woodstock”, durante le marce per la pace. Baez cantò sempre il brano nell’originale francese.
Il testo fu tradotto in italiano dal cantautore Luigi Tenco che lo incise con il nuovo titolo di Padroni della terra. In seguito fu portato sul palco da Ornella Vanoni nel 1971 e da Ivano Fossati nel 1992.
Il disertore: il video
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Il disertore”: la poesia di Boris Vian cantata al concerto del Primo Maggio
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