È tempo di temporali primaverili che travolgono improvvisi preannunciati bruscamente da un tuono, anticipatore di una pioggia scrosciante. Cielo che si incupisce tutto d’un tratto, folate di vento anomale e poi quel rimbombo inconfondibile che riecheggia nelle orecchie come un presagio.
Sono giorni di tempo strano, imprevedibile, che talvolta sembra mantenerci in un costante stato d’allerta: ombrello alla mano, siamo subito pronti a cogliere il primo segnale di pioggia. Il temporale pare aleggiare vorticoso sopra le nostre teste come una minaccia sospesa che, nel profondo, ci inquieta.
Un perfetto ritratto di questo fenomeno meteorologico ce lo ha fornito il poeta Giovanni Pascoli nella lirica Il tuono.
Si tratta di una poesia contenuta nella celebre raccolta Myricae (Giusti, Livorno, 1891), nella sezione Tristezze. L’autore la inserì come immediatamente successiva alla lirica Il lampo in cui si sottolinea tutta l’invincibile potenza della natura che sembra sorprendere l’uomo e annichilirlo. Ne Il tuono all’immagine minacciosa del tumulto naturale Pascoli tuttavia contrappone il simbolismo del “nido familiare” regalando ai lettori uno scorcio di inattesa dolcezza.
Scopriamo testo, parafrasi e analisi della poesia.
Il tuono di Giovanni Pascoli: testo
E nella notte nera come il nulla,
a un tratto, col fragor d’arduo dirupo
che frana, il tuono rimbombò di schianto:
rimbombò, rimbalzò, rotolò cupo,
e tacque, e poi rimareggiò rinfranto,
e poi vanì. Soave allora un canto
s’udì, di madre, e il moto di una culla.
Il tuono di Giovanni Pascoli: parafrasi
E nella notte che appare oscura come il nulla, all’improvviso un tuono rimbombò di colpo, come il fragore di una rupe che frana, riecheggiò a tratti, rotolò cupamente, e tacque. Poi di nuovo risuonò come fa l’onda che rifluisce dopo essersi infranta sugli scogli, infine svanì.
Si udì allora nella notte il dolcissimo canto di una madre e il movimento lieve, ondeggiante di una culla.
Il tuono di Giovanni Pascoli: analisi
Ancora una volta Giovanni Pascoli sembra comporre una “poesia-ritratto” che si esemplifica in un perfetto concerto di sensazioni.
Il poeta isola significativamente il primo verso che evoca una “notte nera come il nulla” nel tentativo di suscitare una sorta di timore reverenziale nel lettore. Tramite l’immagine della notte oscura, territorio abitato da incubi e pensieri angosciosi, si predispone l’animo del lettore allo spavento provocato dal fragore inatteso del tuono che da lì a poco rompe il silenzio evocando il rumore rovinoso di un frana.
Il tuono viene accostato dall’autore a un evento pericoloso, ipoteticamente mortale: l’associazione “tuono-dirupo che frana” non è casuale ma mira a suscitare un senso di allerta primordiale, un’angoscia strettamente connaturata all’istinto vitale di autoconservazione. L’atmosfera si fa lugubre, totalmente pervasa dalla descrizione del tuono che sembra personificarsi compiendo tutte le azioni descritte: rimbomba, rimbalza, rotola, tace, si infrange sugli scogli come un corpo e infine svanisce.
A questo scenario oscuro e misterioso si contrappone, in perfetto contrasto, un’immagine di estrema dolcezza che evoca l’intimità domestica. Al silenzio del tuono si contrappone il canto di una madre che acquieta il figlio spaventato con una ninna nanna.
L’intera poesia di Pascoli si fonda sulla contrapposizione estrema tra “nulla” e “culla”, e dunque tra “morte” e “vita”. La culla evocata dal poeta sembra far rumore, nel silenzio della notte, ma in realtà è il canto della madre ciò che spezza la quiete carica d’attesa che fa seguito al rombo del tuono. Il tuono ha suscitato il pianto disperato del bambino, che il lettore immagina ma il poeta volutamente non evoca.
La poesia si potrebbe dividere in due momenti distinti: il primo è rappresentato dalla descrizione del tuono che viene accelerata dalla successione dei verbi, accostati per asindeto come per incrementare la rapidità del temporale che tutto travolge. La seconda parte è invece più lenta e melodiosa, nell’intenzione di replicare il canto della madre che si leva soave nella notte per accompagnare il bambino verso un sonno lieto.
Allo smarrimento provocato dalla notte nera di morte, carica di incertezza, Pascoli oppone il simbolismo a lui caro del “nido familiare” evocato dalla voce protettiva della madre che sembra annullare ogni male. Nel moto placido della culla rivive il “fanciullino pascoliano”, il mito intatto dell’infanzia come patria unica e inviolabile dell’uomo.
L’angoscia del vuoto suscitata dal tuono si annulla nella consolazione offerta dal nido, rifugio amorevole e familiare che protegge l’umanità dai pericoli del mondo esterno.
La lirica è legata alla precedente Il lampo, grazie a una serie di impliciti richiami, come il sintagma “la notte nera” che sembra fare da tramite tra le due poesie collegando la conclusione dell’una all’incipit dell’altra.
Nel finale de Il lampo, la “casa” che rappresenta l’immagine del nido, sparisce e si dissolve in un abbaglio di luce, mentre ne Il tuono il canto della madre perdura come una consolazione rasserenante. Appare infine chiara l’intenzione di Pascoli di contrapporre al nulla della morte la consapevolezza della bellezza fragile della vita rappresentata dal moto lento della culla che ondeggia nella notte oscura.
Il tuono di Giovanni Pascoli: figure retoriche
Il tuono è una ballata in versi endecasillabi rimati secondo lo schema A BCBCCA.
- Allitterazione: nei primi versi viene ripetuta la consonante “n”: “nella notte nera come il nulla”; in seguito la “r” in “rimbombò, rimbalzò, rotolò”. È l’allitterazione, più che la rima, a dare il vero ritmo al componimento.
- Similitudine: nel primo verso il paragone tra la notte nera e il nulla intende farsi rappresentazione dell’immagine del vuoto assoluto.
- Onomatopea: al verso 4 vengono elencati in rapida successione verbi che evocano rumore: “rimbombò, rimbalzò, rotolò” che mirano proprio a replicare il fragore tremendo del tuono imitando i suoni della natura.
- Sinestesia: Pascoli associa attraverso le parole due dimensioni, quella visiva e quella uditiva per amplificare la percezione del tuono nel lettore.
- Anastrofe e Iperbato: al verso 6 “Soave un canto” vi è l’inversione sintattica dei termini della frase e l’aggettivo interposto “soave” che separa il verbo dal soggetto.
- Enjambement: Pascoli distacca anche l’ultimo verso dal resto della poesia con un enjambement che mira a rafforzare la “rima nulla/culla” che unisce significativamente il primo verso della poesia a quello conclusivo.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Il tuono”: la poesia di Giovanni Pascoli e il simbolismo del nulla
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