Francesco Grasso torna in libreria con il romanzo storico “I due leoni”, un romanzo storico, edito da 0111 Edizioni, dedicato alle figure di Roberto e Ruggiero d’Altavilla e alla saga dei Normanni dell’Italia Meridionale.
Abbiamo chiesto a Francesco di presentarci il suo libro in questa intervista.
- Partiamo dal titolo del romanzo… Chi o cosa sono “I due leoni”?
Le due fiere del titolo richiamano l’antico stemma nobiliare della Normandia, raffigurato sulla copertina dell’opera, ma costituiscono anche un chiaro riferimento a Roberto e Ruggero d’Altavilla, i fratelli normanni che intorno all’anno 1000 dopo Cristo furono i protagonisti di un’epopea, grandiosa e sanguinaria in ugual misura, nel Mezzogiorno del nostro Paese. Roberto, detto “il Guiscardo”, sconfisse longobardi, svevi e bizantini, conquistando i titoli di Duca di Puglia e primo vassallo del Papa; il più giovane Ruggero sbaragliò gli arabi (la superpotenza economico-militare dell’epoca) e li scacciò per sempre dalla Sicilia. Probabilmente dobbiamo a lui se oggi le donne italiane non portano il chador. Ciò che non tutti sanno è che gli Altavilla compirono queste mirabolanti imprese guidando solo un pugno di guerrieri, e per giunta combattendo l’uno contro l’altro per quasi tutto l’arco della loro vita. Il romanzo racconta come vi riuscirono, riportando le memorie che Ruggero, ormai anziano, detta al suo biografo, il monaco Goffredo Malaterra.
- Questo è il tuo quarto romanzo storico. A parte la ricerca delle fonti, trovi che affrontare questo genere letterario sia tecnicamente più difficile rispetto al creare narrativa “mainstream”?
Usualmente, nello scrivere opere di fiction, la sfida per l’autore è rendere credibile ciò che si racconta. Uno scrittore di romanzi storici deve sforzarsi di fare l’opposto: narrare accadimenti storici - magari ben noti a un pubblico mediamente colto - in modo che essi risultino gravidi di suspense, o comunque sorprendenti e inaspettati. Il traguardo, per un autore di narrativa storica, è figurarsi un lettore che esclama “Questo non è possibile, deve esserselo inventato!”, per poi scoprire che l’evento in questione è presente tal quale nei testi di Storia. “I due leoni” trabocca di passaggi di questo genere. Aneddoti che appaiono inverosimili, che invece sono assolutamente storici.
- Vuoi farci qualche esempio?
Anzitutto la disparità di forze tra arabi e normanni (in rapporto di 10 a 1) alla decisiva battaglia sul fiume Cerami, vinta dagli Altavilla nonostante la clamorosa inferiorità numerica. Sembra inverosimile eppure andò proprio così. Oppure, la circostanza che la Palermo musulmana, a quell’epoca, fosse la città più ricca, potente e prospera d’Europa: cinque volte più popolosa della Roma di quegli anni. O il saccheggio e l’incendio che i normanni inflissero all’Urbe, su specifico ordine del Papa, di cui erano vassalli. O il vero motivo per cui gli Altavilla riempirono l’Italia meridionale di torri normanne. E mille altre curiosità tratte da una pagina del nostro passato che pochi romanzieri hanno raccontato, finora.
- “I due leoni” è un libro di storia militare, dunque?
È prima di tutto un romanzo d’avventura. Racconta un’epopea di battaglie e assedi, certo. Ma narra anche storie d’amore, vibranti e crudeli come solo le grandi passioni sanno essere. Il desiderio di Ruggero e Roberto per la stessa donna (la principessa longobarda che fu la ragione principale del loro scontro), ma anche il complesso rapporto affettivo tra i due fratelli. Citando le memorie di Ruggero, ormai anziano:
“Roberto era una parte di me. Ero cresciuto alla sua ombra, ci eravamo odiati, fronteggiati, traditi e sorretti a vicenda; avevamo condiviso vittorie, ambizioni e sconfitte; c’eravamo battuti per tutto ciò che due uomini potevano disputarsi con onore sotto il cielo”.
- Secondo te, il lettore non potrebbe avere difficoltà nel riconoscersi (o addirittura identificarsi) in personaggi e situazioni così distanti dal nostro quotidiano?
Al contrario. I protagonisti del romanzo, i due normanni Roberto e Ruggero, sono personaggi di grandezza shakespeariana, epici e tragici allo stesso tempo. Sono uomini del loro secolo, con le pulsioni e i convincimenti – anche religiosi – propri del medioevo. Eppure, nel loro scontro fratricida possiamo scorgere sentimenti umani eterni: l’ambizione, la sete di potere, la vendetta, la vanagloria, il rammarico e i sensi di colpa. E la consapevolezza che anche gli uomini più forti nulla possono contro il destino. Citando Roberto:
“Anche se oggi sono trionfante, so che la bilancia del Fato oscilla alla brezza: per quanto oro e spade io ponga sul piatto, prima o poi penderà contro di me”.
- Quanto tempo hai impiegato a scrivere quest’opera?
In realtà accarezzavo l’idea di raccontare la saga dei normanni già da molti anni. Ma ho deciso che non potevo più procrastinare dopo aver visto Il trono di spade. Trovo che la storia degli Altavilla abbia numerosi punti in comune con le vicende torbide e sanguinarie degli Stark e dei Lannister. Ma lascio ai lettori scoprire quali. La prima stesura del romanzo ha richiesto circa sei mesi. Ho impiegato altri tre mesi a rileggere e revisionare, eliminando soprattutto piccole inesattezze storiche, anacronismi e problemi lessicali legati alle lingue di quel tempo.
- Anacronismi? Qualche esempio?
Ricordo una scena, il primo sbarco di Ruggero in Sicilia. Nella prima stesura, descrivendo il paesaggio siciliano, mi era sfuggito un “fico d’india”. In realtà, questa pianta - che oggi è uno dei simboli dell’isola - viene dalle Americhe, per cui non poteva essere presente nella Sicilia dell’anno 1000. Sono dettagli che uno scrittore di romanzi storici deve controllare con estrema attenzione. Sorprendentemente, non tutti lo fanno, anche a grandi romanzieri come Christian Jacq (autore di “Ramses”) a volte sfugge qualche svarione clamoroso. Ricordo una scena di Ramses in cui il protagonista torna a Palazzo, dopo anni di assenza, e chiede dove si trovi il vecchio scriba che conosceva da ragazzo. Gli rispondono: “È in pensione, mio signore”. Come se l’INPS esistesse già al tempo dei faraoni!!
- Concludendo, in due parole, perché dovremmo leggere “I due leoni”?
Forse per divertirci a scoprire il retaggio arabo che ancora si nasconde in tante pieghe della nostra cultura. Tra parentesi, io sono siciliano, la regione italiana più segnata dal dominio musulmano. E in questo romanzo ho voluto mostrare la genesi, indiscutibilmente saracena, di aspetti insospettabili della nostra vita quotidiana. Dagli agrumi (introdotti proprio dagli arabi) alla tradizione gastronomica siciliana, dall’architettura del centro storico palermitano a tanti toponimi (Monte Pellegrino, Mongibello, Caltanissetta, Cassaro, Marsala, Donnafugata) che non tutti sanno essere interpretazioni di parole arabe. E poi, consiglio la lettura de “I due leoni” per la finalità che dovrebbe essere insita nella narrativa storica. Citando la postilla del romanzo:
“Per imparare dal Passato, si dovrebbe prima conoscerlo. E l’italiano medio preferirebbe subire una colonscopia piuttosto che sfogliare un saggio di Storia. Così, nel nostro millenario ma immemore Paese, si finisce per ripetere sempre gli stessi errori. Forse attraverso i romanzi come questo, meno approfondito di un trattato, ma spero più intrigante alla lettura, qualche messaggio può riuscire a passare”.
Francesco Grasso è nato a Messina il 27 agosto 1966. Ingegnere Elettronico, vive e lavora a Roma. È sposato e ha due figli. Scrive narrativa da molti anni. Ha pubblicato i romanzi “Ai due lati del muro” e “2038:la rivolta” con Mondadori, “Il baratto” con l’editrice Perseo, “Enea” con Stampa Alternativa, “Il re bianco del Madagascar” e “La moglie di Dio” con Ensemble, “Il matematico che sfidò Roma” con 0111 Edizioni, “Come un brivido nel mare” e “Jesse James delle due Sicilie” con Delos Digital. Ha vinto numerosi premi letterari, tra cui il Premio Urania (2 volte), il Premio Cristalli Sognanti, il Premio Cuore di Tenebra, il Premio Città di Ciampino, il Premio I Libri di Morfeo, il Premio Sirmione Lugana. Ha scritto anche sceneggiature per il cinema, una delle quali è giunta in finale al Premio Solinas.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Francesco Grasso racconta “I due leoni” in un’intervista
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