Nato a Pordenone, classe 1977, Enrico Galiano è un insegnante diventato noto sul web grazie alla creazione della webserie Cose da prof, con oltre venti milioni di visualizzazioni su Facebook. Nasce grazie a lui anche il movimento dei #poeteppisti, flashmob di studenti che imbrattano le città di poesie. Nel 2015 è stato inserito nella lista dei 100 migliori insegnanti d’Italia dal sito Masterprof.it. Il segreto di un buon insegnante per lui è:
«Non ti ascoltano, se tu per primo non li ascolti».
Conoscete i suoi libri? Su Sololibri trovate le recensioni di Dormi stanotte sul mio cuore e L’arte di sbagliare alla grande.
Il nuovo libro di Enrico Galiano: intervista all’autore
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Il 10 giugno Galiano è tornato in libreria per Garzanti con Felici contro il mondo, una storia emozionante che vede il ritorno di Gioia e Lo, gli amati protagonisti del suo romanzo d’esordio Eppure cadiamo felici.
- Il mondo dell’insegnamento scolastico: quanto è fondamentale per te, cosa rappresenta? E cosa trasferisci di esso nelle tue opere, quali riflessi e richiami possiamo scorgere nei tuoi romanzi?
È un posto magico: è il luogo dove ricevo la maggior parte delle ispirazioni per le mie storie, ma anche il posto dove vengo più volte “spiazzato”, disorientato, dove sono costretto a farmi domande e a rimettere in gioco le mie certezze. In sostanza, è il posto dove mi rimetto al mondo ogni giorno.
- Il pensiero che tu potessi nella vita aver intrapreso un altro tipo di professione, ti ha mai portato a riflettere sul fatto che avresti potuto non avvicinarti alla scrittura? Ovvero, ritieni siano correlate le due cose, il tuo insegnare ai giovani e l’approccio alla narrativa, o ti saresti dedicato alla scrittura a prescindere dal lavoro svolto? Credi vi sia una sorta di “osmosi” tra i due mondi, che possano influirsi a vicenda?
No, ho sempre scritto e sempre scriverò, anche nella remota ipotesi per cui dovessi un giorno smettere con l'insegnamento. Però c'è da dire che non considero scrivere e insegnare due cose così diverse: hanno entrambe a che fare col concetto di “tirare fuori roba”, dagli studenti e dalle studentesse o da lettori e lettrici che siano o da me stesso in prima persona.
- Con gli occhi di un adolescente: chi è Enrico visto dall’altra parte della cattedra? Cosa percepisci e ricevi dagli “umori” di chi siede dietro un banco di scuola? E quanto sopravvive ancora di quell’Enrico “adolescente” in età matura?
Credo che non insegnerei se quell'Enrico non fosse ancora presente e soprattutto un grande rompiscatole che mi parla da dentro di me e mi urla contro quando faccio cose che non vanno bene. Gli adolescenti sono molto severi e questo vale anche per quell'adolescente che mi porto dentro ancora oggi.
- Il “bambino” che è in ognuno di noi: sei conosciuto e apprezzato molto per la tua sensibilità, umiltà e spontaneità, ma anche, e soprattutto, per quell’aspetto fanciullesco da cui non ti discosti mai… credi che ciò rappresenti linfa da cui trarre sempre ispirazione, se vogliamo anche una sorta di insegnamento, sia nella vita di tutti i giorni sia come eco per la stesura delle tue opere?
Credo che sia soprattutto una questione di sguardo: se potessi fare firma da qualche parte per un desiderio impossibile, sarebbe sicuramente di poter mantenere sempre anche a ottant'anni lo sguardo incantato verso il mondo che si ha quando si è bambini. Ed è anche molto utile come sguardo, perché ti “salva” dallo stancarti delle cose, dalla noia che ti aspetta dietro l'angolo del prevedibile.
- Durante il nostro incontro al Bookcity di Milano, avvenuto nel novembre 2019, ti domandai se le percezioni sensoriali (vista, udito, tatto…) avessero per te una qualche valenza o influenza durante la stesura di una tua storia, se ti affidassi mai ad almeno una di loro? Pensi possano lasciarti “addosso” determinate sensazioni o percezioni durante l’atto creativo?
Credo che il rumore dei tasti del pc, specie quando le dita vanno per conto loro e le parole escono come un fiume in piena, sia molto “sexy”. Credo che anche a livello tattile sia qualcosa che mi tocca dentro durante la fase della scrittura quindi sì, è assolutamente possibile per non dire sicuro che quella sensazione di piacevolezza finisca per trasparire poi anche dalle parole che scrivo.
- Quale tipo di rapporto instauri con un/i tuo/tuoi personaggio/i? Senti di viverli come amici, alleati o come nemici, figure “scomode” o “capricciose”? Chi cerca per primo il dialogo fra voi e chi è più bravo ad ascoltare?
Quando sono dentro una storia, i personaggi escono letteralmente dal file del pc su cui sto lavorando e diventano veri, camminano, parlano, fanno casino, a volte non mi fanno dormire come Patrick Swayze con Whoopi Goldberg nel film Ghost. A volte sono amici a volte non mi stanno simpaticissimi, ma cerco sempre di rispettare la loro “verità”, farli essere quello che sono, non forzarli, anche se non è sempre facile perché c'è anche la mia parte più “dittatoriale” che vorrebbe imporre loro di fare/essere in un certo modo. Insomma è una bella guerra ogni volta.
- Luce vs ombra: due “entità” che appartengono inevitabilmente a ciascuno di noi, sia nell’animo umano sia nella vita e realtà di tutti giorni. Nelle tue opere quale fra le due predomina? Oppure ritieni di vi sia una sorta di “bilanciamento”, di equilibrio fra le due, per cui di riflettere in ugual misura i “chiaroscuri” umani?
La risposta migliore a questa domanda è forse in una frase che il Professor Bove dice a un certo punto di Eppure cadiamo felici, il mio primo romanzo:
“Ogni luce ha un cuore di buio”.
Forse il buio prevale un po', ma non è necessariamente un aspetto negativo. Il buio è anche il mistero, l'ignoto, e l'ignoto è il luogo del non ancora noto, il motore più grande della nostra curiosità. Il prossimo romanzo gioca tanto su questo e un personaggio in particolare, la maestra Margherita, dice più volte che conosciamo solo il 5% dell'universo, e il fatto che ne conosciamo così poco è la sua parte migliore perché vuol dire che c'è tutto un 95% ancora da scoprire!
- Per quanto riguarda i tuoi progetti futuri, sei attualmente impegnato nella stesura di una nuova storia, vedremo presto l’uscita di un tuo romanzo? Inoltre, fra le tue opere pubblicate, quale sceglieresti per una trasposizione cinematografica sul piccolo o grande schermo?
Il 10 giugno è uscito per Garzanti Felici contro il mondo, mentre lo scorso autunno sono stato al lavoro su un saggio, o meglio su una raccolta di “lettere” rivolte ai ragazzi; una serie di trasposizioni in forma scritta – e con inserti autobiografici – di alcune lezioni che ho tenuto in diverse scuole d'Italia nel corso di questi anni.
- Sei particolarmente legato, affezionato per vari motivi a una tua opera rispetto alle altre? Se sì, ti andrebbe di svelarci il titolo? Infine, hai mai pensato di narrare da un punto di vista autobiografico la storia dell’Enrico adolescente o più adulto?
Eppure cadiamo felici forse è il libro a cui sono un po' più legato rispetto agli altri, perché è stato il regalo che la vita mi ha fatto in un momento molto difficile per me. Però è vero che dentro le altre storie ci sono dei pezzi di me molto importanti, come delle schegge sparse del mio cuore e di cose che mi sono successe da bambino e da adolescente e che mi hanno segnato nel profondo. Romanzi strettamente autobiografici non credo, anche se nelle mie opere si può rintracciare molto di me: questo perché quando ci si rivolge ai ragazzi è vietato barare, bisogna buttare giù le carte e le maschere. Insomma, ho cercato spesso di mettermi un po' a nudo. Spero che questo mio intento continui a essere una scelta apprezzata!
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Intervista a Enrico Galiano, in libreria con “Felici contro il mondo”
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