L’invenzione del passato
- Autore: John Banville
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Guanda
- Anno di pubblicazione: 2003
“L’invenzione del passato” (Guanda, 2003, Traduttore: Marcella Dallatorre) è un romanzo di una straordinaria prosa da lasciare senza fiato. John Banville, il Simenon d’Irlanda, può scrivere di tutto senza mai deludere. Ricercata, elegante, colta, la sua seducente scrittura rende il libro un piccolo capolavoro.
Il protagonista de L’invenzione del passato è Axel Vander, un anziano accademico, un intellettuale belga che vive dalla fine del secondo conflitto mondiale ad Arcady in California. Ricercatore storico, filosofo e scrittore, sia in Europa che in America gode di una notevole reputazione internazionale per i suoi studi su Rilke e Kafka. Vander è un illustre studioso, ma non è l’uomo che sembra. Segreti oscuri e realtà si sveleranno fino all’ultima pagina di questo affascinante libro tra moralità e indulgenza. Dopo la morte della moglie Madga, muta presenza al suo fianco, appagata dal suo isolamento nelle insondabili profondità di se stessa, Vander sembra essere invecchiato ancora di più. Tra i fumi dell’alcol, l’andatura comica di un uomo spaventato, il bastone, il cappello, il suo immancabile sfoggio di gesti, indossa quotidianamente la maschera di un commediante.
“Quando ero giovane i miei sogni erano tutti caos, lussuria e violenza; adesso da vecchio il sonno è una stanza di quiete meraviglie alla quale posso accedere nottetempo.”
Una lettera lo porterà a Torino, nelle piazze di Cavour, dei Savoia e della Sindone, tra le grandi statue di marmo che sconvolsero la mente di Nietzsche inducendolo a parlare con un cavallo. È una lettera che minaccia di svelare il suo segreto, l’identità nascosta, e che lo riporta indietro nel tempo, a cinquant’anni prima, nei ricordi che aveva seppellito: la fuga dai nazisti, la vita nella Londra in tempo di guerra, il trasferimento in America e il furto di una identità. Torino diviene il luogo ideale per rievocare il suo passato di giovane ebreo, ricordando il vero Axel Vander, l’amico benestante della sua gioventù, con il quale meditava di scrivere un saggio sull’estetica di Coleridge e che irrideva gli ebrei. Alex morì in circostanze non chiare e adottando il nome di un morto in un periodo di mortale pericolo e assoluta necessità era riuscito a sopravvivere allo sterminio. Tutta la sua vita aveva negato se stesso, quando era diventato Vander ha cominciato a pensare come lui e a pensarsi come lui. Ma dopo tanti anni chi mai voleva ricattarlo?
“Ho mentito per tutta la vita. Ho mentito per fuggire, ho mentito per essere amato, ho mentito per avere prestigio e potere, ho mentito per il gusto di mentire. Era un modo di vivere: la bugia è quasi sinonimo di vita. E adesso la mia prima pratica di quell’arte, le falsità del mio apprendistato mi si erano rivoltate contro.”
Nella hall dell’hotel è una giovane donna a fare il suo ingresso e a chiedere al portiere di avvisare il professore Vander del suo arrivo. Catherine Cleave, Cass per tutti, ha un aspetto serio, odora di sudore e medicinali, è chiusa nel suo semplice abito e impacciata si guarda furtivamente intorno. Alex conosce le donne come lei, sono quelle presenti nella fila più lontana della sala conferenza e che fissano avidamente il relatore per non perdere una sola parola. Saranno da subito amanti in una relazione oscura e disturbata. Insieme, nella finzione, sembrano voler acquisire le loro vere identità.
L’invenzione del passato è il racconto del dolore di un’intera vita di un uomo e con allusioni a Nabokov, Dostoevskij e Nietzsche, ha una trama suggestiva sulla rinuncia dei propri ricordi e di se stesso.
L'invenzione del passato
Amazon.it: 7,99 €
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: L’invenzione del passato
Lascia il tuo commento