Il Decalogo. Dieci racconti per violare i Comandamenti di Dio
- Autore: Stefano Pastor
- Genere: Religioni
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2014
“Gli scrittori non famosi, non ancora famosi o mai famosi quando si incontrano parlano anche di temi importanti come quelli religiosi e così, tra una richiesta di pubblicazione e un mondiale di calcio, si è fatto largo nelle loro menti creative il pensiero dei Dieci Comandamenti che poi ha portato all’antologia del Decalogo.”
Questo si legge sul blog di Fabio Izzo scrittore, già famoso per il successo di alcuni suoi libri, in particolare l’ultimo “To jest”.
“Il Decalogo” (Il Foglio letterario) che come sottotitolo porta “Dieci racconti per violare i Comandamenti di Dio”, è un’antologia di narrazioni ad opera di ben dodici scrittori diversi e a cura di uno di loro, Andrea Borla. Non è la prima raccolta seguita da questo autore torinese. Essa fa infatti seguito a “Pater Noster. Dodici vittime per cui pregare” che avrebbe dovuto avere una continuazione ma che, invece, su consiglio di Izzo stesso, è cambiata ed è divenuta una ricerca sui Comandamenti.
Dal sottotitolo si potrebbe dedurre una nota negativa e caustica da parte degli autori; leggendo l’antologia, invece, ci si accorge che i racconti non sono “per violare i Comandamenti”, bensì costituiscono esempi e riflessioni sul fatto che essi vengano costantemente violati.
E’ d’obbligo citare almeno i nomi dei “dodici del Decalogo”:
- Alessandro Cascio,
- Stefano Pastor,
- Federico Guerri,
- Fabio Izzo,
- Laura Sartori,
- Maurizio Cometto,
- Fabio Beccacini,
- Frank Solitario,
- Enrico Miceli,
- Bruno Osimo,
- Valerio Gaglione,
- Andrea Borla
Quest’ultimo, al termine del libro, di ognuno fa una breve e simpatica presentazione spiegando, inoltre, i motivi che lo hanno convinto a coinvolgerli. Ecco uno stralcio:
“In tutte le raccolte ci vuole uno scrittore importante, uno che vive di letteratura, che la mastica come pane quotidiano. Nel nostro caso è Bruno Osimo, traduttore di Čechov, Tolstoj e Steinbeck. E’ lui quello serio.”
Ha ragione Andrea Borla: Bruno Osimo, una persona semplice (ma si sa, i veri uomini di cultura non hanno bisogno di manifestare superiorità) è quello che spicca maggiormente, quello il cui nome e la cui biografia si possono trovare anche su Wikipedia, così come i libri da lui tradotti e scritti stanno in tutte le librerie. Borla parla comunque con stima un po’ di tutti ma lo fa in modo divertente perché gli autori, pur affrontando tematiche serie si mostrano impegnati “ma con moderazione”.
Introduzione e parte finale del Decalogo sono due capitoli, quasi Comandamenti in aggiunta, dal titolo “Non perdere la speranza” e “Non amare”: protagonista di ambedue è l’alter ego di Andrea Borla, il personaggio già presente in altri suoi romanzi, primo fra tutti “Odio” (Tespi Editore). Si tratta di Piero Scacchi, un feroce assassino che non si è mai redento.
Eppure da lui l’autore fa sgorgare pensieri che neppure a chi è cresciuto all’ombra di un campanile verrebbero in mente.
“Forse era quello il Comandamento che aveva violato più volte: non perdere la speranza.”
Non è la caratteristica solo di un uomo che si era macchiato di un orrendo crimine, ma corrisponde a quello che ripetutamente facciamo tutti noi.
E’ lampante che i racconti nascano da penne diverse poiché ricalcano, in un modo o nell’altro, la personalità degli autori stessi. Cito fra tutti Fabio Izzo che nel suo “Ricordati di santificare le feste - Amen” parla nuovamente dell’amata Polonia, i cui luoghi e cultura sono già presenti negli altri suoi romanzi; Bruno Osimo che nel “Non desiderare la donna d’altri - Ragazzo per gioco”, mentre procede nella narrazione, pone particolare attenzione agli accenti, alle tonalità, ai registri linguistici, elementi essenziali per un traduttore come lui.
L’intensità dei capitoli è sicuramente diversa. Si va dal tenero racconto “Non nominare il nome di Dio invano - L’operatore” in cui spicca la deliziosa figura di un bambino, Samuele, ad altri dai toni più forti come “Non dire falsa testimonianza - Il fascino della divisa” che, come ambientazione, ricorda quella dei regimi dittatoriali.
Le narrazioni sono tutti degne di nota, tra esse “Non avrai altro Dio all’infuori di me - Ti diranno” in cui c’è un altalenarsi di credo tra un Dio e l’altro, “Onora il padre e la madre - La clinica”, unico racconto scritto da una donna, nel quale si tratta del difficile rapporto con i genitori, soprattutto quando i figli dovrebbero prendersene cura. Altri capitoli, tutti efficaci, vanno a completare l’intera raccolta.
I Comandamenti che agli occhi di tanti sono “precetti lontani, distanti dal tempo e dalla quotidianità della vita” sono il mezzo attraverso cui riflettere.
Sia che abbiamo fede o che non crediamo, sia perché la nostra cultura ne è intrisa, fanno un po’ parte del nostro DNA.
Quel che nel libro si sottolinea è la questione del libero arbitrio: ognuno di noi può scegliere ma si trova giornalmente a fare i conti con se stesso, con gli altri, con la vita. Il Decalogo non è che questo: un insieme dei temi portanti la nostra esistenza, scritto in un tempo troppo lontano ma, in tante modalità, presente nella vita di ognuno.
Il Decalogo: un’antologia particolare, degna di nota cui questo articolo non rende sufficiente merito soprattutto per aver omesso, nello scrivere, alcuni fra i Comandamenti stessi. Di omissione: anch’io ho peccato.
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