Il mese di settembre segna il principio dell’autunno che ogni anno giunge puntuale a decretare la fine dell’estate. L’eterno ciclo delle stagioni non si arresta e, ogni volta, sembra ricominciare come seguendo un antico rito.
La ritualità arcaica richiamata dall’inizio di settembre si fa visione nella poesia di Sandro Penna. Il poeta di Perugia compone liriche che traggono origine direttamente dal vissuto e si servono degli elementi naturali per esprimere l’interiorità del contemplarsi e del ricordarsi.
Ne La luna di settembre Penna dà voce alla sensazione dell’esistere che trova piena espressione nel principio dell’autunno. Settembre sembra segnare un risveglio dell’anima.
Scopriamo testo, analisi e commento della poesia che appartiene alla prima raccolta di Penna Poesie (1938).
La luna di settembre di Sandro Penna: testo
La luna di settembre su la buia
valle addormenta ai contadini il canto.Una cadenza insiste: quasi lento
respiro di animale, nel silenzio,
salpa la valle se la luna sale.Altro respira qui, dolce animale
anch’egli silenzioso. Ma un tumulto
di vita in me ripete antica vita.Più vivo di così non sarò mai.
La luna di settembre di Sandro Penna: analisi e commento
La luna di settembre cantata da Sandro Penna si riverbera con la sua luce lattiginosa sulla valle compiendo un sortilegio. Il corpo celeste sembra trasfigurarsi in un essere fatato, o forse stregonesco, trasformando il mondo nel prodotto del proprio incanto. Nel primo verso Penna riflette il ritmo dolce della melodia lunare che compie la propria magia: addormenta i contadini. Chi ha tanto faticato durante il giorno finalmente riposa, gli animali si assopiscono nelle stalle, cresce così nel sonno l’attesa di un nuovo giorno.
Attraverso il ritmo della lingua Sandro Penna riesce a donare al lettore la sensazione impalpabile degli estremi di vicinanza e lontananza: nel linguaggio si ripercuote la distanza dei corpi celesti e l’oscurità inconoscibile delle orbite siderali, ma al contempo il poeta avvicina la visione da lui evocata alla prospettiva di chi legge tramite il rimando al “respiro animale”.
Nel silenzio notturno si fa strada un palpito inestinguibile di vita, che batte come un cuore. Al respiro vivente degli animali nella stalla fa da contrappunto il sottofondo sommesso di ogni cosa che esiste. Le intime connessioni del cosmo vengono espresse dal poeta nel verso “un tumulto di vita ripete in me l’antica vita”. Umano e non umano si incontrano e riconoscono in una notte di settembre, scoprendo le segrete affinità che regolano ogni legge dell’universo. L’intera vallata solitaria sembra salpare in un mare sconosciuto come una nave in un sogno: è la luna il comandante del vascello, colei che lo conduce in terra lontane.
Con il principio dell’autunno la vita sembra ritirarsi precocemente nell’ombra e invitare a una nuova contemplazione interiore. Di questa necessità intima si fa portavoce il poeta che trasforma l’atmosfera di settembre in un rito antico come l’esistenza stessa. Il sorgere della luna nuova inaugura un nuovo ciclo, prefigura un inizio e annuncia un rinnovamento.
C’è una vita che si ripete sempre identica a sé stessa al di là del tempo e del succedersi delle stagioni, indipendentemente dalle intricate vicende della storia umana. Il poeta cerca questa antica brama di vita nella ritualità dei campi e delle pratiche contadine e nei paesaggi vasti e desolati che la grande poesia italiana sembra aver dimenticato.
Attraverso la cadenza musicale Sandro Penna rivela il recondito disegno che guida il succedersi dei giorni e delle notti. Nella seconda strofa il poeta fa riferimento a “un altro respiro” che dolcemente giace al suo fianco nel buio: si tratta con ogni probabilità del ragazzo, immagine ricorrente nella poesia di Penna, che simboleggia la purezza e la permanenza della vita. I fanciulli, assieme al tema dell’amore omosessuale, ricorrono con frequenza nelle liriche del poeta di Perugia - che spesso li raffigura mentre corrono, oppure sono quietamente abbandonati nel sonno. Questi corpi adolescenti incarnano l’idea di una bellezza intatta che non è ancora stata contaminata dalla bruttezza e dai veleni del mondo. Qui tuttavia l’unico riferimento fisico al corpo del fanciullo è da cogliere nell’espressione “dolce animale, anch’egli silenzioso” e sembra alludere a una dimensione non carnale ma metafisica. Nel silenzioso stupore della notte l’Io lirico si concentra infine sul proprio respiro, sul singolo battito del proprio cuore che ripete l’antica litania dell’esistenza.
Settembre segna un nuovo inizio e rinnova la sensazione dell’esistere: “più vivo di così non sarò mai” conclude l’Io lirico nel verso finale che appare simbolicamente distaccato dagli altri da uno spazio bianco. Allitterazioni, assonanze ed enjambement costituiscono lo schema base del lirismo cosmico di Penna. L’intera orchestrazione ritmica del verso pare riflettere l’oscura armonia del mondo. La vita umana infine emerge in un palpito che celebra, in ogni istante, il suo rinnovato nascere nel mondo.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “La luna di settembre”: l’incanto di esistere nella poesia di Sandro Penna
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Nell’ ottimo commento manca qualsiasi riferimento al ragazzo che giace accanto al poeta
Nell’ ottimo commento manca qualsiasi riferimento al ragazzo che giace accanto al poeta