La danza delle Ore di Gaetano Previati - Copyright di Fondazione Cariplo, CC BY-SA 3.0, Collegamento
Le Metamorfosi di Ovidio, vera enciclopedia del paganesimo, offrono una serie di miti che avvalorano l’idea del significato agrario della religione pagana. In questi giorni sto leggendo e traducendo il mito di Fetonte, notissimo esempio di sventatezza giovanile, ma quello che mi ha colpito dei versi è stata la presenza delle personificazioni del tempo e delle stagioni nelle Ore, divinità olimpiche minori.
Le Ore nel mito di Fetonte
Le Ore sono descritte come belle fanciulle che preparano il carro di Fetonte con gli ornamenti e le briglie. Sono figlie di Zeus e Temi, dea della giustizia, e sono in numero di tre (in seguito saliranno a 24):
- Eumonia, la legge,
- Dike, la giustizia,
- Irene, la pace.
Rispetto a Ovidio, altri autori aggiunsero nomi nuovi alle dee per rappresentare l’origine agraria del loro culto. Le dee si occupavano dei cavalli del cocchio del Sole ed erano le custodi dell’Olimpo e dell’ordine del tempo. Erano sorelle delle Moire (le Parche per i Romani) e con il tempo vennero identificate con le stagioni (in numero di tre perché i Greci non distinguevano estate e primavera). Assunsero nomi diversi come Tallo, Auso, Caupo e secondo Igino, mitografo romano, Ferusa (la sostanza), Euporia (l’abbondanza) e Ortosia (la prosperità). Erano quindi divinità agrarie e cicliche, ma non meno importanti di altre.
La rappresentazione delle Ore
Erano belle ragazze che stringevano in mano un fiore e una pianticella ed erano brune e invisibili, in quanto il tempo passa e noi non ce ne accorgiamo. Erano onorate con un culto ad Atene, Argo, Corinto e Olimpia, le città più importanti della Grecia.
La mitologia romana le onorò ugualmente ma non diede loro l’importanza di altri dei. L’arte se ne impadronì e un’opera pregevole che le rappresenta è La danza delle Ore di Gaetano Previati, autore del XIX secolo, una tempera a olio che caratterizza la dimensione divina delle dee in questione, padrone del tempo.Un bassorilievo al Louvre rappresenta il dio Dioniso con le Ore al seguito.Si tratta di una copia romana di un originale greco di epoca ellenisica.
In letteratura Foscolo le cita nei Sepolcri, col celebre verso "non danzeran l’Ore future", perché per lui non ci sarà più un futuro. È il commiato al mondo classico del suo ultimo estimatore.
Le Ore nell’antico Egitto
Nell’antico Egitto le Ore sono dodici dee, vengono venerate come figlie del dio Ra e sono rappresentate in forma umana; rappresentano la personificazione del tempo ordinato contro il Caos spaventoso. Sono dee che combattono contro il dio serpente, portatore di morte e distruzione.Sono molto diverse dalle serene rappresentazioni elleniche ad esempio la Prima Ora apre la testa dei nemici del dio Ra mentre le altre collaboravano alla morte dei nemici.
Le ore notturne erano connotate da epiteti che ne evidenziavano la funzione legata a una religione assai meno serena di quella greca per quanto più spirituale. Le dee sono rappresentate anche nelle tombe dei faraoni come ad esempio in quella di Thutmosi III e di Ramses IV con l’immagine dello schiacciamento del malvagio serpente.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Chi sono le Ore, divinità minori dell’Olimpo del tempo e delle stagioni
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