Nasceva a Padova il 24 febbraio 1842 Arrigo Boito, celebre librettista, compositore e poeta italiano, considerato uno dei massimi esponenti della Scapigliatura. In occasione dell’anniversario della sua nascita, analizziamo una delle liriche più emblematiche della produzione di Boito: Madrigale.
Ecco testo, analisi e commento della poesia.
Madrigale di Arrigo Boito: testo
Arte nata da un raggio e da un veleno,
Su questo segno della tua potenza
Mi si rivela appieno
La tua duplice essenza.O arcane curve, ombre soavi, tocchi
Luminosi, divine orme d’amore!
Sento il raggio negli occhi,
E il veleno nel core.
Madrigale di Arrigo Boito: analisi e commento
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La poesia Madrigale fu scritta da Arrigo Boito nel 1866 e successivamente pubblicata nella raccolta Il libro dei versi (1877). Come riporta la postilla introduttiva posta in apertura del testo si tratta di uno “scritto sotto un ritratto in fotografia della Duchessa E. L.”
Con ogni riferimento dunque la poesia dovrebbe riferirsi a questa misteriosa duchessa; alcuni critici riconoscono in questa donna misteriosa Eleonora Duse che, com’è noto, ebbe una tormentata relazione con Arrigo Boito. Tuttavia l’incontro tra Boito e la Duse dovrebbe essere stato successivo alla composizione della lirica e quindi non avere alcun legame con essa.
Madrigale comprende in sé tutti i temi classici della poetica di Boito, in primis quel romantico, disperato conflitto tra bene e male.
Lo scopo della poesia di Boito è infatti porre in netta antitesi i due aspetti che coabitano nell’animo dell’uomo: l’angelo e la bestia. Questa contrapposizione è particolarmente evidente nella celebre poesia Dualismo, ma trova anche in Madrigale un suo corrispettivo.
Il titolo della poesia Madrigale suggerisce che si tratti di un componimento destinato ad esprimere un omaggio galante alla donna amata, eppure nel testo l’autore sembra contraddire l’intento espresso nella denominazione. La lirica non è un elogio, né un tributo amoroso, piuttosto sembra svelare un inganno, un’effimera illusione d’amore da parte di una donna tentatrice.
Lo scontro tra ideale e vero trova qui definizione in una bellezza irraggiungibile che ammalia il poeta esternamente, ma lo distrugge interiormente inoculandogli una specie di veleno nel cuore.
La lirica è tutta fondata su due opposti antitetici: “raggio/veleno”; “ombre/luminosi” che sembrano tesi a rivelare la forte discrepanza tra reale e ideale avvertita nel cuore del poeta.
Anche il lessico utilizzato si traduce nell’opposizione all’arte del passato
e si esprime in uno sperimentalismo metrico che alterna versi lunghi e brevi, versi tronchi, piani e sdruccioli, e contrappone termini realistici ad altri di tono più elevato.
A dispetto di ogni musa ispiratrice probabilmente nella poesia Arrigo Boito voleva rappresentare, tramite un accurato ritratto, la poliedricità e la complessità della propria anima di artista e di uomo.
Chi era Arrigo Boito
Arrigo Boito fu uno dei massimi esponenti del movimento della Scapigliatura, nato a Milano nel 1860 come ribellione contro la cultura risorgimental-borghese e in generale contro le ipocrisie e il conformismo sociale dilaganti.
Gli Scapigliati erano accomunati dal rifiuto della “bella letteratura” promossa da Manzoni e dal diniego del moralismo, del patriottismo e di ogni forma di religione. Il termine Scapigliatura vuole essere un equivalente del francese “bohémienne”.
Arrigo Boito nel 1864 fu uno dei due firmatari, assieme a Emilio Praga, del manifesto della Scapigliatura pubblicato sulla rivista Figaro, da lui stesso fondata.
Le sue opere poetiche furono pubblicate nelle celebre raccolta Il libro dei versi (1877), considerata una dei maggiori documenti poetici della scapigliatura italiana.
All’attività poetica Boito affiancò quella di librettista. Scrisse infatti il libretto e la musica di Mefistofele (1868), e anche i libretti per il dramma lirico Otello e per la commedia Falstaff su musica di Giuseppe Verdi.
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