Quei misteri irrisolti della seconda guerra mondiale
- Autore: Carlo De Risio
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2017
Un flop, miliardario: le grandi unità navali delle Marine da guerra dell’Asse, tanto pubblicizzate prima del secondo conflitto mondiale quanto inefficaci alla prova dei fatti bellici. Per non dire dei siluri dei temibili U-Boot tedeschi che nei primi mesi di operazioni facevano cilecca all’impatto ed hanno salvato probabilmente l’esito della storia del ‘900, che sarebbe sta diversa se almeno quelli dell’U-56 fossero esplosi la notte del 30 ottobre 1939. Sono solo una piccola parte delle rivelazioni che si apprendono da un puntuale e scorrevole libro di vicende belliche, “Quei misteri irrisolti della seconda guerra mondiale”, un lavoro come sempre accurato di Carlo De Risio, pubblicato a novembre 2017 dalle Edizioni IBN (pp. 266, euro 18,00).
Come negli altri titoli per la casa editrice romana, il giornalista di Vasto, autore di volumi di storia contemporanea e di argomento militare (in gran parte pubblicati proprio da IBN), si avvale della collaborazione di Alessandro Santoni, al quale si deve un corredo fotografico davvero imponente.
Il volume è una consistente antologia di episodi del 1939-45, ordinati cronologicamente e sviluppati con maggiore o minore ampiezza a seconda delle novità da introdurre o della complessità degli eventi.
Come fa notare Carlo De Risio, restano tanti i segreti che nonostante l’imponente produzione saggistica non sono stati messi in luce pienamente o chiariti in ogni aspetto. Ed ecco perciò ancora le ombre, i si dice, gli omissis del carteggio Churchill-Mussolini o anche le indiscrezioni sulla disponibilità dei Duchi di Windsor a sostituire re Giorgio sul trono d’Inghilterra per favorire un accordo di pace con i tedeschi, in caso di armistizio nel 1940.
C’è l’incontro tra Molotov e Ribbentrop, nel 1943, nel pieno del conflitto durissimo tra nazisti e sovietici. I russi l’hanno sempre negato, ma avrebbe tutta l’aria di una mossa di Stalin per spingere gli Alleati ad aprire il secondo fronte europeo, costringendo i tedeschi a combattere anche nel continente occidentale e sottrarre reparti efficienti alle forze che si opponevano all’Armata Rossa.
C’è il volo di Hess in Scozia, per conto o meno di Hitler. C’è la fine di Benito Mussolini e Claretta Petacci, l’oscura esecuzione a Giulino di Mezzegra.
Si parte rovesciando un luogo comune storico: si è sempre commiserata la valorosa Polonia aggredita dai germanici e non si è mai speso un rigo sull’ostinazione del governo di Varsavia di negare ogni negoziato, facendosi forti delle leggendarie divisioni di cavalleria, che a giudizio della nomenclatura polacca avrebbero facilmente respinto la minaccia tedesca e cavalcato inarrestabili verso Berlino. Andò molto diversamente, nonostante l’eroismo dei cavalieri, allo sbaraglio contro i carri armati di Guderian.
Si diceva dei siluri, ben tre, lanciati contro la corazzata inglese Nelson dall’U-56 quella notte del primo ottobre di guerra. Colpirono tutti lo scafo, ma senza esplodere, per un difetto dei detonatori che mandava in bestia i comandanti tedeschi. Quella nave da battaglia, salva nonostante l’insidia subacquea, trasportava il primo ministro Winston Churchill. La morte o inabilitazione avrebbe inciso sul corso della storia: nel giugno 1940 sarebbe mancata la sua ferrea determinazione di continuare a battersi contro i tedeschi, allora inarrestabili.
Non solo inneschi difettosi, anche un’imprevista strage di unità per la flotta da guerra tedesca nel 19139-40. Nella breve campagna di Norvegia, prima ancora di travolgere gli anglofrancesi in Belgio, la Kriegsmarine aveva visto colare a picco in pochi giorni il nuovissimo incrociatore pesante Blucher, i leggeri Karlsruhe e Konigsberg e i dieci cacciatorpediniere impiegati per il colpo di mano a Narvik, pressochè la metà dei ventidue allora in servizio.
Le navi da battaglia italiane non furono da meno. Littorio e Vittorio Veneto (oltre 40.000 tonnellate di dislocamento, un miliardo di lire di costo ciascuna), pur formando la IX Divisione Navale non entrarono mai in azione insieme, a causa dei danni subiti ora dall’una, ora dall’altra.
Il mondo avrebbe probabilmente una monarchia in più, se qualcuno avesse dato retta ad un consiglio scomodo. Quello insistente della duchessa di Bovino, se ascoltato, avrebbe salvato la dinastia sabauda. Nella fuga da Roma, la notte del 9 settembre 1943, il re aveva obbligato l’erede al trono Umberto ad andare via con la famiglia reale, Badoglio e il seguito. L’obiettivo era filtrare attraverso le maglie tedesche, raggiungere l’Adriatico e imbarcarsi per Brindisi. Nello spostamento, il corteo di auto aveva fatto tappa nel castello di Crecchio, sulla strada per Pescara, ospite della nobildonna, che per tutto il tempo aveva implorato il principe di rientrare nella Capitale e assumere le responsabilità del grave momento. Il suo posto era a Roma e non altrove.
Ma Umberto teneva famiglia:
“bisogna convincere il re”
fu la sua risposta. E i Savoia scesero dal trono del Quirinale.
Quei misteri irrisolti della seconda guerra mondiale
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