La modernità di un antimoderno
- Autore: Massimo Fini
- Genere: Politica ed economia
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Marsilio
- Anno di pubblicazione: 2016
Battitore libero, mina vagante, libero pensatore, polemista di razza: chiamatelo come volete, ma Massimo Fini è un giornalista - e non solo - che quando scrive spesso spiazza, in particolare i benpensanti. Mai un luogo comune, mai un’ovvietà, sempre al di fuori di quella cappa sovrastante la nostra società devota al politically correct che omologa e ingrassa il pensiero unico. Questo intellettuale dall’eloquio sincero quanto spigoloso e scomodo viene, il più delle volte, percepito come provocatorio, controcorrente, diretto perché dice e scrive ciò che effettivamente pensa in un paese, l’Italia, uso a non esporsi quasi mai.
Marsilio, con “La modernità di un antimoderno”, raccoglie in unico tomo l’essenza del Fini pensiero, riproponendo alcuni dei suoi libri e pamphlet più rappresentativi e importanti: “La Ragione aveva torto?” (1985); “Elogio della guerra” (1989); “Il Denaro. "Sterco del demonio"”(1998); “Il vizio oscuro dell’Occidente” (2002); “Sudditi. Manifesto contro la Democrazia” (2004); “Il Ribelle dall’A alla Z” (2006).
Massimo Fini si dichiara antimodernista: critica la folle corsa alla tecnologia che brucia i tempi rendendo tutto, dopo poco, obsoleto e che ci sta portando all’infelicità, alla perdita di valori e del senso stesso della vita.
Il Fini pensiero contempla molti "anti" che sorprendono e disorientano. Antiglobalista, anticapitalista e antimarxista, contrario al culto esagerato del lavoro. Caustico nei confronti della democrazia rappresentativa, definita senza tanti giri di parole una raffinata truffa ai danni del popolo, mentre al contrario auspica una forma riveduta di democrazia diretta.
Avverso alle oligarchie politiche, economiche e finanziarie che, in effetti, hanno in mano le redini del mondo. Favorevole invece all’autodeterminazione dei popoli: ciascun popolo ha il diritto di regolarsi e organizzarsi come più gli aggrada, in barba all’arrogante quanto interessata necessità di esportare i modelli politici, i valori, i costumi, le forme di stato e di governo occidentali nei quattro angoli del pianeta.
Favorevole, inoltre, al ritorno all’antico delle piccole patrie, come se ne conoscevano una volta, cosi come a forme razionali di autoproduzione e autoconsumo, alla faccia del mondo globalizzato ed interconnesso.
Questa, dunque, la quintessenza della visione politico-sociale-economica del nostro aspro polemista, frutto di analisi, studi, approfondimenti su eventi e dinamiche della a tutto tondo della storia dell’umanità, con particolare attenzione all’Occidente.
Massimo Fini incide, corrode, ironizza, sferza e in qualche passaggio non si nega “francesismi” espressivi chiari e netti che, magari, possono attentare alla suscettibilità e al bon ton di chi legge.
La visione della Storia in Fini è ad ampio raggio, completa, profonda, non solo dal punto di vista politico-sociale, ma anche con molti piani di raffronto sociologico, filosofico, antropologico fra passato e presente.
La frenesia per i denaro, il profitto, l’avidità, lo sfrenato consumismo ha fatto perdere all’uomo il senso delle cose, aumentando i disturbi psicosomatici e portando allo smarrimento delle identità individuali.
E poi il deprecabile vizio dei paesi occidentali di voler esportare la democrazia ovunque, anche laddove nessuno si è mai sognato di chiederla.
Ecco, il tenore delle tesi esposte da Fini è sempre così: una serie di robuste scudisciate agli stereotipi, alle idee preconfezionate, alle verità ritenute essere patrimonio esclusivo delle nostre società progredite e considerate evolute.
Insomma, leggete queste mille e passa pagine taglienti, argute, brusche, aggressive e molte delle vostre certezze, chissà, potrebbero incominciare a vacillare: sennò, dai, i polemisti a che cosa servirebbero?
La modernità di un antimoderno. Tutto il pensiero di un ribelle
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