Al museo delle relazioni interrotte
- Autore: Mia Lecomte
- Categoria: Poesia
- Anno di pubblicazione: 2016
Quarantacinque poesie per puntellare luoghi dell’anima più che del mondo, quelle che Mia Lecomte ha raccolto in questo libro suggellato da un titolo lapidario nella sua definitezza constatativa: “Al museo delle relazioni interrotte”.
Relazioni interrotte ma non perdute, fissate musealmente in un album fotografico mentale, recuperabili, quindi, in una memoria visiva e sentimentale incapace di rancore, e in grado sempre di considerare un arricchimento qualsiasi esperienza vitale, del presente o del passato.
Poesie che, come spiega l’autrice nella nota iniziale, prendono spunto da un accadimento localizzato in un dove preciso, dei tanti da lei percorsi, nel suo viaggiare assiduo tra Parigi (dove vive) e Roma, Lugano, Toscana, Milano, Londra: mete imposte alla sua inquietudine dagli impegni familiari e lavorativi, dalla sua attività teatrale e di organizzatrice culturale.
Parigi, città d’elezione, con la casa “sul confine tutto interno al guardare”, diventata estranea e ostile dopo un abbandono. Casa in cui ti perdi come in un labirinto, e da cui non puoi uscire “perché fuori non ti è rimasto altro”. Casa che racconta la tua solitudine:
“Ho confidato all’uomo che non c’era / questo letto è troppo grande per me sola //... non osi la luce separare / ciò che il mio grande vuoto ha unito”.
Mia Lecomte si confronta con il suo vissuto senza assolutizzarlo, anzi inserendo la sua vicenda personale nel destino comune a tutti, di nascita-crescita-invecchiamento-morte; descrive treni, aerei, ospedali, cimiteri, nozze, sfilate di moda, spettacoli, incontri e nuovi amori, angosce e impreviste felicità
“la luce è tornata alla luce // regolo il volume alla radio l’acqua in gradi / del dolore ho fatto mediocre poesia / e il gatto l’abbiamo seppellito nel fiume”.
Dall’episodio particolare sa alzare lo sguardo alla vicenda cosmica, dal mito alla scienza, dalla cronaca alla storia senza soluzione di continuità: non c’è nemmeno un punto fermo, in tutta la raccolta.
Orgogliosa della propria femminilità, ne accetta sia la fisicità ormonale, sia l’abitudine materna alla dedizione, mai arresa tuttavia alla sottomissione: prova nostalgia per i figli ormai adulti e lontani, ma sa scuotersi da qualsiasi lamentevole autocompatimento, convinta che ogni provvisorietà e ogni imperfezione nascondano la possibilità di un rinnovamento, di una sorpresa, dell’avverarsi della poesia:
“Arriva un bastimento carico di, / sto dicendo, ora io ci salgo”.
Questa recensione è già stata pubblicata, in versione cartacea, su Le Monde Diplomatique, Il Manifesto, 15 settembre 2016.
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