Nell’ultimo libro di Andrea Vitali “Viva più che mai”, scritto con il bellissimo stile di sempre, c’è una variante che dà maggiore realismo alle anime di Bellano: alcuni protagonisti, quando parlano e pensano, usano le parolacce. Non c’è bisogno di dirle perché tutti le conosciamo.
Negli altri libri c’erano ma erano contate, come se Andrea Vitali avesse paura di passare per uno scrittore neorealista, tratteggiando i suoi personaggi con una scia di sonno, di leggerezza.
Non è che qui non ci sia sempre quella distrazione del vivere pedestre: si cerca, quindi, una ragazza che in realtà dovrebbe essere a Londra, per imparare l’inglese, ma chi la cerca, sono i carabinieri, spinti da una confessione di Ernesto Livera, detto Il Dubbio. Il Dubbio fa il contrabbandiere da strapazzo e una sera ha visto nel lago le spoglie mortali di Valeria. Verità o sogno?
Sta di fatto che un contrabbandiere non può certo parlare in modo corretto, accademico, fatica a non bestemmiare e a non dire parolacce, appunto. I personaggi di Andrea Vitali perdono quella bontà innata che prima avevano, anche se erano colpevoli di qualcosa.
“Viva più che mai” è il primo libro dove lo scrittore non si vergogna della “banalità” della vita, piena di fatti non sempre lusinghieri: pigrizie, pruriti sessuali, voglia di guadagnare senza spaccarsi la schiena, menzogne. Il parlar plebeo è conseguenza di questo mondo che non ha niente di delicato, di leggero.
Andrea Vitali fa entrare nel suo romanzo la pesantezza della vita, il suo dolore e la solitudine sentimentale che prima o poi appartiene a tutti.
Il linguaggio si fa carsico, terra terra, pieno di rabbia e di dolore o di concupiscenza.
Le protagoniste si salvano, almeno non bestemmiano, cercano di lasciare un buon ricordo di sé, come nelle vita. Ma anche loro non sfuggono alla solitudine, quella tardiva, immedicabile della vecchiaia.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Nel nuovo libro di Andrea Vitali i protagonisti dicono parolacce, finalmente
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