Olive, ancora lei
- Autore: Elizabeth Strout
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Einaudi
- Anno di pubblicazione: 2020
Un’autrice che non delude, che affascina, che appassiona per la sua magnifica scrittura: questa è Elizabeth Strout, di nuovo in libreria con Olive, ancora lei, un romanzo che ha per protagonista l’ormai mitica Olive Kitteridge, che noi lettori italiani conosciamo attraverso l’impeccabile traduzione di Susanna Basso per Einaudi.
Mentre leggevo il libro, mi sono trovata spesso a rileggere qualche passo, ripetere qualche frase, riflettere su come il mondo sia vicino, anche al di là dell’oceano, e come, in un paese enorme e difforme come gli Stati Uniti, si vivano sentimenti, sensazioni, sfumature del pensiero così simili e cosi profondamente empatiche: certo, parliamo di una raffinata narratrice del Maine che vive a New York, una signora che scrive da anni, che ha vinto numerosi premi prestigiosi, il Pulitzer nel 2009, ma il suo modo di raccontare la realtà di una piccola cittadina sulla costa atlantica, di descrivere personaggi di ogni età, di diverse condizioni, di analizzare rapporti di amicizia, di prossimità, di parentela, è assolutamente convincente.
In certi momenti della sua narrazione, vi sono delle piccole scoperte, dei dettagli, un’espressione quasi buttata lì, una percezione improvvisa, che mi hanno fatto pensare al Joyce dei Dubliners: delle inequivocabili epifanie.
Incontriamo di nuovo, "again" del titolo in inglese, Olive, burbera professoressa di matematica in pensione, ormai vedova di Henry, un brav’uomo, che vive sola a Crosby nella casa che ha condiviso con il marito. L’unico figlio, Christopher, vive con la moglie Ann e i loro figli a New York. Si sono visti solo qualche anno prima, al funerale del padre.
Olive incontra un uomo grosso, ricco, simpatico, Jack, che la corteggia, la insegue, vuole trascorrere il tempo con lei, anzi vuole sposarla: anche lui è vedovo di Betsy, la figlia vive in California e si frequentano pochissimo. Olive e Jack uniscono le solitudini, lei si trasferisce in casa di Jack, che è benestante e le consente una via piacevole.
Il romanzo è fatto di racconti delle persone che si intrecciano quasi casualmente nei percorsi di Olive: ex alunne, come la poetessa Andrea; le amiche del quartiere che festeggiano con uno stupido shower party la prossima nascita di un bambino, ma la futura mamma entra in travaglio prima del tempo e in mezzo a golfini, tettarelle e sonaglietti è la stessa Olive a far partorire la ragazza nella sua automobile, in attesa dell’ambulanza che giunge solo a parto avvenuto.
Da manuale l’incontro con il figlio e la nuora giunti in visita per tre giorni: Olive non si sente adeguata perché non ha predisposto i cheerios e il latte per i bambini, che sono quattro, ma solo due di loro sono veri nipoti. Gli altri due sono figli della nuora, e la inevitabile distinzione che lei fa, ha fatto una sciarpa rossa ai ferri per il solo Henry junior, la mette in pessima luce con figlio e nuora. Olive si interroga su che madre sia stata, se il figlio la ama, e si chiede, come tante suocere fanno, perché il figlio abbia scelto quella moglie.
Molto efficace il tema della vecchiaia, di Olive e di altri personaggi, che la Strout affronta con coraggioso realismo, con atteggiamento comprensivo, ma anche spietato: Olive vive il suo decadimento fisico, l’incontinenza, la malinconia della solitudine, il rapporto con le infermiere e badanti che le vengono imposte, con rabbia, con un senso di consapevole ribellione alla natura così crudele, ma anche con la rassegnazione della intelligenza.
“Non ho la minima idea di chi sono stata. Dico sul serio, non ci capisco niente.”
Queste parole, che Elizabeth Strout fa pronunciare al suo personaggio nelle ultime righe del libro, riassumono una vita intera: l’ultraottantenne Olive, giunta alla fine della vita, dopo aver dispensato certezze, insegnamenti, consigli, dopo aver sotterrato due mariti, ormai sola in una casa di riposo, ripensa a sé, al suo percorso di vita, e ammette a se stessa di non avere capito davvero il succo dell’esistenza. Coraggiosa, intrepida Olive, sensibile e bravissima Strout: un binomio letterario esaltante.
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