Prologo
Questo articolo costituisce l’introduzione al prossimo "SINCRONIZZARSI COL PROPRIO POTERE FEMMINILE". Perché fare un’introduzione all’articolo?
Perché l’argomento è davvero vasto e ho impiegato giorni a scrivere quest’introduzione e l’articolo che pubblicherò a giorni. Poiché tocca corde molto profonde della mia interiorità, come una forte attitudine alla giustizia, alla verità, alla lotta per i diritti, alla denuncia di soprusi e alla mia totale estraneità da una mentalità indifferente, e proprio per questo marasma di emozioni mi sono dovuta sforzare per mantenermi pertinente alla traccia.
Quest’introduzione all’articolo vero e proprio è una sorta di premessa che accenna al femminismo, ai suoi lasciti e alle sue eredità.
Accenna al Femminismo e apre la via alle considerazioni che poi svilupperò su un articolo che è in fase di stesura, sulle potenzialità che sono esclusivamente appannaggio del sesso femminile, con l’esortazione di non "maschilizzarci", omologarci, appiattirci. Una nuova visione del femminismo che attinge all’archetipo della Donna Ancestrale presente in ognuna di noi.
Se muore lei, moriamo noi. Esoterismo? No. Traggo spunto dal libro della psicanalista Clarissa Pinkola Estés, che ha cambiato la vita di milioni di donne con il suo archetipo della Donna Selvaggia, assimilabile al lupo.
Buona lettura!
OLTRE IL FEMMINISMO
"I lupi sani e le donne sane hanno in comune talune caratteristiche psichiche: sensibilità acuta, spirito giocoso, e grande devozione.
Lupi e donne sono affini per natura, curiosi di sapere e possiedono grande forza e resistenza. Sono esperti nell’arte di adattarsi a circostanze sempre mutevoli; sono fieramente gagliardi, molto coraggiosi. eppure le due specie sono sempre state perseguitate"
Inizio quest’articolo con questo bellissimo concetto tratto dal capolavoro della psicanalista junghiana Clarissa Pinkola Estés, Donne che corrono coi lupi (Sperling&Kupfer, 2016, traduzione: M. Pizzorno) che chiarisce molto il nucleo dell’articolo: dobbiamo riprenderci la nostra dimensione "femminile" che noi stesse stiamo sabotando, soffiando sulle braci di un fuoco che noi stesse abbiamo estinto in nome di una "maschilizzazione".
Sin dall’università mi sono appassionata ai temi del femminismo e una sezione dei miei studi prevedeva proprio la storia delle donne e di genere, anche se è un tema che sento visceralmente mio sin dalla tenera infanzia.
Mi ci sono appassionata al punto da chiedermi come abbiamo potuto, per duemila anni, credere alla storia del "sesso debole". Come abbiamo potuto farci sottomettere, imporre delle scelte, precluderci delle possibilità.
Siamo libere da appena cinquant’anni, ma la strada è lunga.
Innanzitutto, un accenno al Femminismo è d’obbligo.
Il Femminismo degli anni Settanta, che è stata l’esplosione di una miccia accesa dai Movimenti Femminili di fine ’800, ci ha lasciato in eredità vantaggi e limiti, ed è compito nostro godere dei primi e cercare di superare i secondi.
Grazie al Femminismo, ci siamo appropriate della nostra dimensione "pubblica", poiché uno dei temi fondamentali era la distinzione tra pubblico e privato, il primo di demanio maschile, il secondo femminile (essendo la donna relegata in casa a occuparsi solo ed esclusivamente della parte privata della vita).
Ci siamo appropriate della dimensione pubblica e ciò vuol dire che possiamo diventare chi vogliamo, avere libero accesso alle università e conseguire una realizzazione personale che valichi i confini domestici, visto che in passato potevamo aspirare solo a diventare mogli e madri.
Ma la nostra libertà è ancora giovane e siamo in fase di rodaggio ma, soprattutto, di decostruzione della società patriarcale. Tocca a noi piantare i semi giusti per le generazioni a venire, tocca a noi scardinare vecchi retaggi, poiché ogni rivoluzione che si rispetti inizia dal "basso", parte sempre dall’oppresso, mai dall’oppressore.
C’è un proverbio che dice che
se si educa un bambino, si educa un uomo, ma se si educa una donna, si educa un popolo.
purtroppo, però, ricade sulle nostre vite quello che io reputo un effetto collaterale del femminismo: la maschilizzazione della donna.
Le femministe sostenevano un’uguaglianza essenziale, ovvero nell’essenza della donna che, come essere umano, deve rivendicare i medesimi diritti dell’uomo, ma la nostra diversità va preservata ("uguali ma diverse", sostenevano, sebbene molte frange estremiste, che confluivano nel femminismo lesbico, rifiutavano addirittura la maternità), va preservata, non omologata al "maschile", appiattita, annullata, nel nome di un’uguaglianza che fa di noi delle ombre di donna, non delle donne vere e proprie.
Questa mia personalissima visione affonda le radici sulla convinzione che noi donne possediamo doti solo esclusivamente appannaggio del nostro sesso.
Non è stato un caso se ho utilizzato passi del libro della psicanalista junghiana come incipit dell’articolo, il quale è plasmato dall’archetipo della Donna Selvaggia, la dea ancestrale primitiva che è dentro ognuna di noi.
Possiamo recuperare le nostre diverse dimensioni interiori, anche se la modernità ci vuole tutte d’un pezzo, in un lascito che ha la tipica impronta patriarcale. Ma possiamo riesumare la donna dentro di noi, che è ciclica per natura, mutevole, per questo non si può chiedere a una donna di essere sempre uguale perché non è nella sua natura. Ci hanno imposto un’omologazione a un diktat che appiattisce la nostra personalità e azzera il nostro intuito.
Siamo Donne, non vergognamocene occultando la nostra sensualità, appiattendo le nostre percezioni, allontanandoci dal nostro nucleo femminino: il contatto con esso, o la sua mancanza, ci rende ciò che siamo, perché se è vero che ogni donna è caratterialmente diversa dall’altra, poiché il fattore esperienziale muta e cambia anche il modo in cui ognuna di noi reagisce, è altresì vero che abbiamo una base comune che si perde nella notte dei tempi e confluisce nell’archetipo della Donna Ancestrale, la Donna Selvaggia.
Quindi, sempre rispettando le oscillazioni del carattere individuale, si può delineare che la donna in contatto e in armonia con la sua parte più autentica, selvaggia, istintiva, primordiale è custode del femminino, forte, appassionata, sensuale, mutevole, intuitiva, leale, coraggiosa, donna che non si vergogna della propria femminilità, protettiva, e riesce a manifestare tutte le oscillazioni della figura femminile perché tutte sono in lei: la bambina, la madre, l’amante, la strega, la saggia, la dea.
Viceversa, quando la donna è disconnessa dal suo nucleo femminile, separata dal suo istinto, dalla natura selvaggia, la sua personalità diventa povera, sottile, pallida, spettrale. Diventa un’ombra di se stessa, poiché se muore la donna selvaggia, muore la donna e la sua creatività. Muore la sua psiche.
"Quando la vita delle donne è in stasi, è nel tedio, allora è tempo per la donna selvaggia di emergere. È tempo per la funzione creativa della psiche di inondare la realtà con il nostro femminile"
scriveva Clarissa Pinkola Estés.
Ma com’è possibile riconnettersi col proprio io più istintivo, più autentico?
Riconnettendosi con la Natura e allineando i propri ritmi con Lei. È una questione di CICLICITÀ. Recuperiamo il lato ciclico della nostra vita.
Come? Io ho individuato tre metodi, applicati alla mia vita.
Ne parlerò nel prossimo articolo "SINCRONIZZARSI CON IL PROPRIO POTERE FEMMINILE"
Concludo con un’altra frase tratta dal libro Donne che corrono coi lupi:
"Anche la più repressa delle donne ha una vita segreta, con pensieri segreti e sentimenti che sono lussureggianti e selvaggi, ovvero naturali.
Anche la più prigioniera delle donne custodisce il posto dell’io selvaggio, perché intuitivamente sa che un giorno ci sarà una feritoia, un’apertura, una possibilità, e vi si butterà per fuggire"
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Oltre il femminismo, a partire dal pensiero di Clarissa Pinkola Estes
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