Si definiva una “malata d’anima”, Ada Negri, la poetessa del Novecento. Così scriveva in una lettera datata 21 agosto 1894 che diventò manifesto della sua poetica:
Sono ammalata d’anima. Nella mia vita e nella mia intelligenza esiste uno squilibrio che talvolta, per spavento di cose peggiori, non oso confessare a me stessa, ma che ora grido qui, in questo foglio.
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La sua voce poetica è racchiusa proprio in quella “ferita che non si rimargina”, che diventerà in seguito la chiave della sua scrittura. La poesia - scrisse in una lettera ad Anna Zuccari - era il grido incomposto e violento della sua anima.
Proprio da quel grido nacque la sua prima raccolta, Fatalità, pubblicata da Treves nel 1892. Ebbe un successo tale che Ada ottenne per decreto del ministro Zanardelli il titolo di docente per “chiara fama”.
Da quel momento non avrebbe mai più smesso di scrivere, sino a poter vivere unicamente grazie alle proprie parole. Sarebbe stata la prima donna ammessa alla prestigiosa Accademia d’Italia; grande poetessa del Novecento italiano che poteva dirsi pari a Pascoli, a Pirandello, ai nomi più illustri del panorama letterario. Poi svanita nell’oblio, dimenticata, forse a causa della sua adesione al fascismo che la consegnò alla memoria storica come “poetessa di regime”.
Quella di Ada Negri è una poesia introspettiva, emotiva, ermetica. Come si evince dalla bellissima lirica Ombre d’ali (conosciuta anche con il titolo Cielo di giugno, Ndr) contenuta nella raccolta Il dono (Mondadori, 1936).
Un canto appassionato che sembra celebrare l’inizio dell’estate, naturalmente con un’introspezione peculiare che rimanda a segrete assonanze.
Scopriamone testo, analisi e commento.
Ombre d’ali di Ada Negri: testo
Cielo di giugno, azzurra giovinezza
dell’anno; ed allegrezza
di rondini sfreccianti in folli giri
nell’aria. Ombre, ombre d’ali
vedo guizzar sul bianco arroventato
del muro in fronte: ombre a saetta, nere,
vive al mio sguardo più dell’ali vere.
Traggon dal nulla, scrivendo con nulla
parole d’un linguaggio
perduto; e le cancellano
ratte, fuggendo via fra raggio e raggio.Vita che mi rimani,
fin che io veder potrò quelle parole
strane apparire scomparir sul muro
candente al sole
(forse un tempo io le dissi a chi m’amava,
egli le disse a me, bocca su bocca)
vita che mi rimani, ancor dolcezza
puoi darmi. Basta
l’ombra d’un bacio alla memoria, basta
l’ombra d’un’ala alla felicità.
Ombre d’ali di Ada Negri: analisi e commento
Le ali compaiono spesso nella poesia di Ada Negri come allegoria di libertà. Ne Il silenzio, celebre lirica contenuta nella prima raccolta della poetessa, Ada scriveva:
Non ti senti quelle ali dentro il cuore
batter, folli d’azzurro?... non lo senti
che tu sei libera.
Ora ecco che quelle ali ritornano e sono le ali delle rondini che disegnano i cieli di giugno come una promessa di libertà ritrovata. Lo sguardo della poetessa tuttavia si concentra sul riflesso delle ombre delle rondini sul muro arroventato dell’estate. Quelle ombre d’ali sono tuttavia per Ada “più vive delle ali vere”, come afferma in un verso che appare come una vera e propria dichiarazione di poetica. Il riflesso delle ali delle rondini infatti si trasfigura ben presto in parole, diventa una forma di scrittura evanescente, come una canzone scritta sull’acqua. Parole che si formano e si cancellano seguendo i raggi del sole che le traccia pigramente su un muro, una specie di tratto a matita su un foglio bianco.
La parte iniziale della poesia è più descrittiva, si concentra sul paesaggio estivo che ritrae in pochi efficaci tratti: l’infinità di un cielo celeste, le rondini in volo, il muro rovente del cortile che il sole scalda con i propri raggi. È un’immagine ridente, in cui il volo delle rondini si fa metafora della gioia immotivata della prima giovinezza.
Ecco che quindi, nella seconda strofa, il cielo azzurro di giugno con i suoi voli di rondini si trasfigura nella mente della poetessa, diventando un pretesto per parlare della propria vita. Finché ci sarà la scrittura e quindi la poesia l’esistenza per lei avrà un senso - dice. L’ispirazione poetica ribolle nella sua mente come un magma vulcanico dove le parole fantasticate fremono, fermentano, maturano, sino a prendere vita divampando in un incendio.
Sono quelle ombre d’ali evanescenti - parole astratte che si scrivono e cancellano costantemente componendo il linguaggio segreto del cuore - che diventano eterne nella memoria.
Le ombre d’ali sono le parole d’amore dette un tempo a colui che amava, sono i baci dati e ora perduti nel ricordo. E quel tempo, nel quale le parole sono collocate, è il tempo breve e transitorio della nostra esistenza di cui noi cerchiamo di cogliere il segreto, di svelare il mistero, prima che sia troppo tardi.
La felicità, conclude Ada Negri, è racchiusa nel riflesso effimero di un’ala che transita sul muro. L’esistenza è questo continuo migrare, passare attraverso, un viaggio continuo che non conosce destinazioni né traguardi certi. Rimane il ricordo d’una felicità forse, che la poetessa associa con una compiuta metafora alle “ombre d’ali” delle rondini in perenne migrare verso un’altra estate.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Ombre d’ali”, la poesia che Ada Negri dedicò al mese di giugno
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