Cento anni fa morì all’età di quarant’anni lo scrittore boemo di origini ebree Franz Kafka in una clinica sanatorio vicino Vienna.
Il 3 giugno 1924 Kafka morì di tubercolosi, la malattia che allora non si poteva curare se non nei sanatori di alta montagna, e non sempre.
Kafka faceva parte di quella popolazione di lingua tedesca che viveva in Boemia, territorio che sino al 1918 aveva fatto parte dell’Impero austroungarico.
Era di origine ebrea. La famiglia, benestante, lo fece laureare in legge e dopo lavorò presso compagnie di assicurazione.
Probabilmente non era credente, ma attento conoscitore della sua religione. Per diversi anni le sue opere sono state interpretate sotto la lente religiosa.
Vive e si forma in quel periodo culturale che va dalla fine dell’Ottocento all’epoca che succede alla prima guerra mondiale.
Kafka viene definito modernista e precursore del surrealismo.
Abbandona quella linea culturale che aveva imperato nella seconda metà dell’Ottocento. Si tratta del naturalismo, il verismo in Italia, o quella della Zivilisation, che riguardava il grande compito dei paesi coloniali di migliorare la cultura e le condizioni dei popoli colonizzati.
Tutte le sue opere, romanzi o racconti, conservano la trama, elemento essenziale per la letteratura dell’epoca, e anche della nostra, ma eventi irrazionali, caratteristici dei sogni si aggiungono, sono reali e il protagonista può fare ben poco.
In effetti una seconda chiave di lettura delle opere di Kafka è di carattere freudiano.
Kafka visse i due decenni dell’inizio del secolo scorso che videro la fine di cento anni di relativa pace in Europa, almeno fra le grandi potenze. La prima guerra mondiale fu ampiamente anticipata dall’ascesa di politici e movimenti culturali che guardavano non alla diplomazia ma alla guerra come soluzione delle controversie. Inoltre con la fine della prima guerra mondiale l’impero si dissolse.
E forse Kafka, che inizia a scrivere in quegli anni, anticipa con il suo stile la fine di un’epoca.
Le opere pubblicate postume di Franz Kafka
Kafka riuscì a pubblicare solo parte delle sue opere, forse anche a causa del sopraggiungere della tubercolosi. Pubblicò La metamorfosi presso un editore tedesco in mille copie. Non si trattava dunque delle opere che allora riscuotevano grande successo di pubblico e che venivano pubblicate a puntate nei Foullieton e solo dopo come opere intere.
Le altre opere in parte incomplete rimasero nel cassetto. Kafka lasciò a un amico, anche egli ebreo, il compito di distruggerle. Ma il suo amico, Max Brod, pensò bene di farle pubblicare come opere postume già dall’anno successivo alla sua morte.
I Meridiani Mondadori delle opere di Kafka
Mondadori ha già pubblicato Un medico di campagna, visionaria raccolta di racconti apparsa per la prima volta nel 1919, che offre un’anticipazione di quella che, a partire dalla ricorrenza del centenario della morte dell’autore, sarà la nuova edizione integrale in cinque volumi, diretta da Luca Crescenzi, delle opere, dei diari e delle lettere di Franz Kafka (1883-1924) nei «Meridiani». Luca Crescenzi è docente di germanistica all’università di Venezia, nonché profondo conoscitore di Kafka.
Il “Meridiano” di Kafka sarà articolato nei seguenti cinque volumi:
- “Romanzi“,
- “Racconti editi e inediti”,
- “Diari”,
- “Lettere a Felice / Lettere a Milena”,
- “Lettere ai familiari e agli amici”.
Nuove le traduzioni a cura di esperti guidati dallo stesso Crescenzi, che ha coordinato un commento di carattere storico-critico ed ermeneutico. L’obiettivo è quello di portare alla luce le caratteristiche proprie dei testi e di sottrarre così l’autore e la sua biografia ai molti errori che si è trovato a subire, soprattutto in Italia, per via della parcellizzazione delle diverse edizioni delle singole opere. La quantità di studi investigati, oltre alle ultime scoperte testuali e critiche, anticipano un lavoro originale e di sicuro valore.
“Un medico in campagna”: la raccolta di racconti di Kafka nella collana I Meridiani
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Un medico di campagna in piena notte riceve una chiamata urgente al capezzale di un malato. Purtroppo il cavallo che adopera, insieme al calesse, per spostarsi muore inspiegabilmente. Una persona si offre di dargli il suo, ma chiede di rimanere in casa. La giovane governante lo considera pericoloso e cerca di chiudersi dentro. E così il dottore parte per adempiere al proprio dovere, elemento considerato fondamentale per la morale dell’epoca, ma con la preoccupazione di aver lasciato la governante in pericolo.
Giunto inspiegabilmente in pochi attimi al capezzale del malato lo trova perfettamente sano. Ma il malato chiede di essere lasciato morire. A una più attenta visita scopre che ha una ferita sul fianco e cerca di prestare le prime cure.
Ma i parenti che sono contrari lo spogliano e lo lasciano sotto il letto insieme al malato. Il medico, unico a cercare di comportarsi in modo normale, rassicura il malato, si veste ed esce di casa. Si rimette a cavallo e si avvia verso casa, che però adesso è distante e l’animale esausto si ferma in mezzo alla campagna coperta di neve. Il medico si convince di essere stato ingannato.
Come si vede l’opera rappresenta bene lo stile surreale, onirico, dell’autore.
Forse la precoce morte risparmiò allo scrittore la partecipazione alla tragedia immane che colpirà gli ebrei con l’’olocausto. La sua amata Milena, cui si riferisce nelle Lettere a Milena, morirà in un lager nazista. E lo stesso Max Brod, scampato all’olocausto si trasferirà in Israele. Inoltre alla fine della seconda guerra mondiale tutta la popolazione di lingua tedesca rimasta a Praga verrà deportata nella Germania dell’ovest.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: L’opera omnia di Franz Kafka nei Meridiani Mondadori per i cento anni dalla morte
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